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Pipi Carrara – Sperimentazioni sulla forma
la mostra presenta una selezione della vasta produzione dell’artista, con lavori che coprono un arco temporale dalla fine degli anni Cinquanta agli anni Duemila.
Comunicato stampa
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A pochi giorni dall’inaugurazione della mostra dedicata ad Attilio Nani presso l’Ex Ateneo di Città Alta, la GAMeC – Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo rende omaggio a un altro scultore bergamasco del Novecento: Umberto (Pipi) Carrara (1925-2008).
Dall’8 aprile al 15 maggio 2017, infatti, lo Spazio ParolaImmagine del museo ospita la mostra Pipi Carrara. Sperimentazioni sulla forma – a cura di M. Cristina Rodeschini e Attilio Pizzigoni – che presenta una selezione della vasta produzione dell’artista, con lavori che coprono un arco temporale dalla fine degli anni Cinquanta agli anni Duemila.
Pipi Carrara – chiamato così in famiglia fin da piccolo per distinguerlo dal padre Umberto – condivide con altri scultori bergamaschi l’aver appreso l’arte del modellatore dall’esperienza, acquisita fin da ragazzino nella bottega del padre, che a sua volta aveva continuato e ampliato l’attività di marmista del nonno.
Come sostiene Attilio Pizzigoni nel suo testo in catalogo: “L’abilità di modellatore, il virtuosismo esecutivo, sono stati il suo drammatico limite e, ad un tempo, la sua luminosa grandezza: la consapevolezza di una manualità plastica eccezionale, incapace di trovare al di fuori di sé ogni possibilità di confronto. Ed è stata proprio questa eccezionalità che ha accompagnato Carrara su un sentiero di solitudine, che lo ha condotto a cercare sempre più isolato in se stesso i modi di una meditazione personale, indifferente ad ogni confronto con le tendenze intellettualistiche della modernità”.
Artista “schivo e riservato”, come lo definisce Mario Botta, Carrara non ama, infatti, che le sue opere vengano esposte al pubblico; rarissime sono le sue apparizioni in mostre personali o collettive, con i giovani artisti del “Gruppo Bergamo”.
Ma egli è un artista energico, instancabile, votato al lavoro. Come conferma M. Cristina Rodeschini: “Negli scritti di chi si è occupato dello scultore, anche per averlo conosciuto, ricorrono le parole solitudine, silenzio, isolamento, pazienza, termini che potrebbero suggerire una sensazione di sostanziale tristezza, contraddetta invece dalla vitalità di un operare inarrestabile, che non ha conosciuto soste, perseguito con determinazione nella ciclicità della pratica quotidiana”.
Alla fine degli anni Quaranta frequenta l’Accademia Carrara di Belle Arti di Bergamo e diventa allievo di Achille Funi, apprendendo il valore dei classici ma avvicinandosi alle ricerche e alle opere della cultura figurativa novecentesca e a quella delle avanguardie storiche, che gli permetteranno di esaltare le proprietà della materia.
Tratto distintivo dell’artista è la continua ricerca di un equilibrio fra le parti, ravvisabile nel dialogo tra pieni e vuoti che dà origine a forme sinuose, geometriche.
Molteplici sono stati gli approcci scultorei e i materiali usati da Carrara durante la sua carriera d’artista – dal gesso al bronzo, dal legno alla terracotta –, e in tutti, afferma Mario Botta nel suo intervento in catalogo, “si evidenzia […] la costante di un tema che costituisce il fulcro della sua attenzione compositiva e dentro il quale l’artista ha lavorato per un’intera vita: quello dell’articolazione fra le parti, quello della cerniera o dello snodo fra due corpi distinti”.
Il gesso – materiale che predilige – gli permette di sperimentare, di dare volume alle forme, e di spaziare da strutture organiche e flessuose a sistemi meccanomorfi. In mostra sono presenti diverse sculture in gesso realizzate durante tutta la sua carriera, che ne testimoniano la ricerca purista e radicale.
Tra le opere in bronzo ricordiamo la serie dei Rinoceronte (1957): una decina di esemplari che indagano la complessità fisica di questo animale, passando da una rappresentazione quanto più vicina alla realtà a una maggiore semplificazione della massa corporea, fino ad approdare a una decisa astrazione della figura.
Carrara esplora inoltre le potenzialità espressive del legno, fino a farle divenire peculiari per il proprio lavoro: opere che mettono in evidenza il rigore strutturale, la razionalità geometrica e la semplicità costitutiva che caratterizzano le sculture realizzate con questo materiale vivo.
Tra gli anni Ottanta e i Duemila realizza diverse opere in terracotta, materiale che ancora una volta gli permette di sperimentare e di specializzarsi. Il risultato è un’originale visione della scultura secondo un’immaginazione estremamente personale; oltre alla mano dell’artista che la plasma, la materia stessa si fa parte attiva nel processo di creazione, in un continuo dialogo con la luce che contribuisce a modellarne i contorni.
Accompagna l’esposizione un catalogo edito da Lubrina Bramani Editore che include testi di Mario Botta, Maurizio Carrara e Anna Pezzica, Attilio Pizzigoni, M. Cristina Rodeschini.
Si ringrazia la Galleria Ceribelli di Bergamo per la collaborazione alla realizzazione della mostra.
BIOGRAFIA
Umberto Carrara, detto Pipi, è nato a Bergamo l’11 agosto 1925.
Terzo figlio di una famiglia di gessisti-stuccatori, ha frequentato l’Accademia Carrara con Achille Funi alla fine degli anni Quaranta e ha lavorato in importanti opere di architettura, come il nuovo Seminario Vescovile di Bergamo con l’architetto Vito Sonzogni.
Si è spento a Bergamo il 24 gennaio 2008.
Nel 2010 la Galleria Ceribelli di Bergamo gli ha dedicato la prima mostra antologica.
Dall’8 aprile al 15 maggio 2017, infatti, lo Spazio ParolaImmagine del museo ospita la mostra Pipi Carrara. Sperimentazioni sulla forma – a cura di M. Cristina Rodeschini e Attilio Pizzigoni – che presenta una selezione della vasta produzione dell’artista, con lavori che coprono un arco temporale dalla fine degli anni Cinquanta agli anni Duemila.
Pipi Carrara – chiamato così in famiglia fin da piccolo per distinguerlo dal padre Umberto – condivide con altri scultori bergamaschi l’aver appreso l’arte del modellatore dall’esperienza, acquisita fin da ragazzino nella bottega del padre, che a sua volta aveva continuato e ampliato l’attività di marmista del nonno.
Come sostiene Attilio Pizzigoni nel suo testo in catalogo: “L’abilità di modellatore, il virtuosismo esecutivo, sono stati il suo drammatico limite e, ad un tempo, la sua luminosa grandezza: la consapevolezza di una manualità plastica eccezionale, incapace di trovare al di fuori di sé ogni possibilità di confronto. Ed è stata proprio questa eccezionalità che ha accompagnato Carrara su un sentiero di solitudine, che lo ha condotto a cercare sempre più isolato in se stesso i modi di una meditazione personale, indifferente ad ogni confronto con le tendenze intellettualistiche della modernità”.
Artista “schivo e riservato”, come lo definisce Mario Botta, Carrara non ama, infatti, che le sue opere vengano esposte al pubblico; rarissime sono le sue apparizioni in mostre personali o collettive, con i giovani artisti del “Gruppo Bergamo”.
Ma egli è un artista energico, instancabile, votato al lavoro. Come conferma M. Cristina Rodeschini: “Negli scritti di chi si è occupato dello scultore, anche per averlo conosciuto, ricorrono le parole solitudine, silenzio, isolamento, pazienza, termini che potrebbero suggerire una sensazione di sostanziale tristezza, contraddetta invece dalla vitalità di un operare inarrestabile, che non ha conosciuto soste, perseguito con determinazione nella ciclicità della pratica quotidiana”.
Alla fine degli anni Quaranta frequenta l’Accademia Carrara di Belle Arti di Bergamo e diventa allievo di Achille Funi, apprendendo il valore dei classici ma avvicinandosi alle ricerche e alle opere della cultura figurativa novecentesca e a quella delle avanguardie storiche, che gli permetteranno di esaltare le proprietà della materia.
Tratto distintivo dell’artista è la continua ricerca di un equilibrio fra le parti, ravvisabile nel dialogo tra pieni e vuoti che dà origine a forme sinuose, geometriche.
Molteplici sono stati gli approcci scultorei e i materiali usati da Carrara durante la sua carriera d’artista – dal gesso al bronzo, dal legno alla terracotta –, e in tutti, afferma Mario Botta nel suo intervento in catalogo, “si evidenzia […] la costante di un tema che costituisce il fulcro della sua attenzione compositiva e dentro il quale l’artista ha lavorato per un’intera vita: quello dell’articolazione fra le parti, quello della cerniera o dello snodo fra due corpi distinti”.
Il gesso – materiale che predilige – gli permette di sperimentare, di dare volume alle forme, e di spaziare da strutture organiche e flessuose a sistemi meccanomorfi. In mostra sono presenti diverse sculture in gesso realizzate durante tutta la sua carriera, che ne testimoniano la ricerca purista e radicale.
Tra le opere in bronzo ricordiamo la serie dei Rinoceronte (1957): una decina di esemplari che indagano la complessità fisica di questo animale, passando da una rappresentazione quanto più vicina alla realtà a una maggiore semplificazione della massa corporea, fino ad approdare a una decisa astrazione della figura.
Carrara esplora inoltre le potenzialità espressive del legno, fino a farle divenire peculiari per il proprio lavoro: opere che mettono in evidenza il rigore strutturale, la razionalità geometrica e la semplicità costitutiva che caratterizzano le sculture realizzate con questo materiale vivo.
Tra gli anni Ottanta e i Duemila realizza diverse opere in terracotta, materiale che ancora una volta gli permette di sperimentare e di specializzarsi. Il risultato è un’originale visione della scultura secondo un’immaginazione estremamente personale; oltre alla mano dell’artista che la plasma, la materia stessa si fa parte attiva nel processo di creazione, in un continuo dialogo con la luce che contribuisce a modellarne i contorni.
Accompagna l’esposizione un catalogo edito da Lubrina Bramani Editore che include testi di Mario Botta, Maurizio Carrara e Anna Pezzica, Attilio Pizzigoni, M. Cristina Rodeschini.
Si ringrazia la Galleria Ceribelli di Bergamo per la collaborazione alla realizzazione della mostra.
BIOGRAFIA
Umberto Carrara, detto Pipi, è nato a Bergamo l’11 agosto 1925.
Terzo figlio di una famiglia di gessisti-stuccatori, ha frequentato l’Accademia Carrara con Achille Funi alla fine degli anni Quaranta e ha lavorato in importanti opere di architettura, come il nuovo Seminario Vescovile di Bergamo con l’architetto Vito Sonzogni.
Si è spento a Bergamo il 24 gennaio 2008.
Nel 2010 la Galleria Ceribelli di Bergamo gli ha dedicato la prima mostra antologica.
07
aprile 2017
Pipi Carrara – Sperimentazioni sulla forma
Dal 07 aprile al 15 maggio 2017
arte moderna e contemporanea
Location
GAMEC – GALLERIA D’ARTE MODERNA E CONTEMPORANEA
Bergamo, Via San Tomaso, 53, (Bergamo)
Bergamo, Via San Tomaso, 53, (Bergamo)
Orario di apertura
lunedì - domenica: 9:00-13:00 / 15:00-18:00
martedì chiuso
Vernissage
7 Aprile 2017, ore 18:00
Autore
Curatore