28 gennaio 2000

Claude Closky : la seduzione del futile

 
"Bevete latte intero o scremato?", "Preferite guardare o essere guardati?", "Cosa dite quando fate l'amore: 'Mm, mm, mm,' or 'Ah, Ah, Ah, Oh, Oh…'?", "Il telefono è un amico o un nemico?", "Il vostro lavoro lo fate per soldi o per passione?", " Cosa valutate in uomo: sensibilità o un grosso…?"

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Questi sono solo alcuni dei numerosi bizzarri quesiti di cui si compone il progetto telematico del giovane artista francese Claude Closky intitolato “Do you want love or lust?”, ospitato nella sezione webprojects del Dia Center for the Arts di New York. (http://www.diacenter.org/closky )
Le domande sono tratte da spot pubblicitari, sondaggi e soprattutto dai famigerati test di autoindagine proposti di continuo da giornali e riviste popolari. La sequenza di quiz apparentemente infinita creata da Closky non ha però alcun responso finale e tantomeno collegamenti logici tra una domanda e l’altra; su ogni schermata l’opzione scelta è solo un link verso il prossimo casuale interrogativo. Anche questa volta, com’è ormai consuetudine in lavori di questo tipo, il gioco non sottende nessuna logica lineare e coinvolge lo spettatore in un percorso labirintico senza traguardi. Il fruitore non può fare altro che divertirsi a rispondere a domande futili e spesso assurde e abbandonare il sito quando il gioco non lo intrattiene più.
Closky gioca con il potere di seduzione che test e quiz esercitano su ognuno di noi e sfrutta il meccanismo di attesa e di curiosità che creano, ma rinviando all’infinito un rivelatorio responso finale, ne scardina il senso. Ma “Do you want love or lust?” è anche una parodia dell’ipertesto e una critica scanzonata alla società dei consumi. L’intento è ironico e sottilmente provocatorio e si inserisce senza soluzione di continuità nel novero dei precedenti lavori dell’artista francese che da sempre opera su “prelievi” dalla realtà e attinge ai mass media e alla cultura popolare per metterne a nudo i meccanismi e le piccole e grandi assurdità.
“Io credo che quello che alimenta il mio lavoro sono le piccole esperienze dentro e fuori dallo studio” ha recentemente affermato, “Gli incontri di tutti i giorni mi stimolano… A volte è come se un lavoro già esistesse nel materiale che sto usando, così tutto quello che devo fare è isolarne una sezione… e guardarla da una differente angolazione. E quel nuovo punto di vista viene dalle mie reazioni immediate alla vita di ogni giorno.”.
L’arte di Closky è infatti il frutto di un continuo campionamento sulla realtà che ci circonda, in particolare sul rutilante mondo dell’informazione popolare e dell’advertising. L’artista francese è affascinato dal potere seduttivo insito nel linguaggio pubblicitario e ne parodia con arguzia il tono filosofico e imperativo.
In un altro progetto intitolato Calendar 2000, offre un elenco esilarante di slogan pubblicitari, uno per ogni giorno dell’anno, presentati come aforismi e con tanto di firma: la marca del prodotto ovviamente. (http://www.walkerart.org/gallery9/closky )
Il lavoro di Closky ha un forte stampo concettuale e ha radici tutte francesi, da Duchamp a Fluxus, fino alla letteratura “assurdista” del gruppo OULIPO. Egli sperimenta da anni con una grande varietà di tecniche (pittura, collage, video, computer) portando avanti un discorso personale coerente, ma sempre innovativo. Quello che differenzia Closky dai suoi predecessori è l’approccio verso il mondo dei consumi oggetto della sua critica; si tratta infatti di qualcosa di molto diverso dal freddo distacco e dal rifiuto intransigente di altre correnti; quella di Closky e di molti suoi coetanei è una riflessione che nasce dall’interno. L’artista non nega di subire la fascinazione della società consumistica, dell’informazione popolare e della pubblicità, ma si diverte a indagarne gli effetti e a giocarci senza esserne mai totalmente preda. Per convincersene basta leggere le sue interviste in cui dimostra di conoscere molto bene i meccanismi della seduzione pubblicitaria e si diverte a rispondere con massime tratte da spot e cartelloni. Quando Philippe Vergne, curatore del Walker Art Center , gli chiede “Gli anni Ottanta stanno tornando, cosa ti spaventa di più in questo?” Closky risponde: “Mi spaventa che “La bellezza è senza tempo” come dice Max Factor, e che “Il domani non muore mai” come predice Omega”.
Valentina Tanni

[exibart]

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