20 luglio 2005

exiwebart_project Eyes of Laura

 
Un’addetta alla sorveglianza descrive le sue giornate sul web. Con foto, testi, video e una webcam. Le immagini sono quelle del Museo di Vancouver. Una riflessione sul tema della videosorveglianza e sull’atto stesso del vedere. Ma chi è davvero Laura? Il segreto è presto svelato...

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Immaginate di poter seguire un investigatore privato attraverso i suoi pedinamenti, osservando attraverso uno schermo se e quando avverrà un crimine. Basta provare a scrivere “robocam”, “surveillance”, “blog” e “illegal” su un motore di ricerca, per essere condotti ad Eyes of Laura, il blog di una security guard della Vancouver Art Gallery, alta e biondo-rossa. Laura annuncia di essere in attesa di qualcosa che deve ancora accadere. E tiene un diario, completo di foto, audio e videocassette. Tutto utile alle sue indagini.
Il 28 giugno scorso Laura scrive: “Sono in una biblioteca ora. Strano edificio, simile al Partenone. Sto cercando un libro di Julio Cortazar” (Blow-up n.d.r.). Ha bisogno di quel libro perché sta seguendo un ladro canadese soprannominato Rabbit. Laura ha messo sul sito il videotape in cui Rabbit ruba un walkman ad un tizio. Laura vuole incontrare Rabbit. Quando Laura non pedina nessuno audioregistra i suoi passi, o si riprende mentre beve o recita l’alfabeto. Per passare il tempo, tanto è annoiata del suo lavoro di videosorveglianza. Ma nonostante la messa in scena, Laura non è chi dichiara di essere. Non è una vera investigatrice privata. Il sito web è infatti un’opera artistica commissionata dal museo di Vancouver, il cui titolo è una citazione del film Eyes of Laura Mars (1978) diretto da John Carpenter.
L’autrice del progetto è Janet Cardiff, artista canadese che vive a Berlino, nota principalmente per le sue opere sonore. Le differenze di Eyes of Laura rispetto ai suoi lavori precedenti riguardano soprattutto l’uso dello spazio virtuale e la scelta di nascondere (accuratamente) se stessa come autrice, almeno nella prima fase del progetto. Prima che una newsletter targata e-flux svelasse il trucco.

Nonostante le intenzioni di simulazione, l’illusione non reggeva: i suoni sono molto (troppo?) curati, tutto è paradossalmente completo e perfetto. Non sappiamo se si tratti di una scelta voluta o di un obiettivo mancato. Di certo l’artista ha voluto avventurarsi in un’esperienza multisensoriale (oltre il solo suono), usando fotografie, testi e video. Lo spettatore non sa, almeno non subito, di essere di fronte ad un lavoro artistico e si muove autonomamente nel mondo di Laura. L’illusione svanisce, ma la webcam è reale e permette di seguire cosa accade all’interno della Vancouver Art Gallery. Basta collegarsi con gli “occhi di Laura”.

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www.eyesoflaura.org 
www.vanartgallery.bc.ca
il messaggio su e-flux

lino trinchini

[exibart]

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