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Mollino: la fotografia messa a nudo, anche
Fotografia
“Dalla camera oscura può nascere un mostro irriconoscibile oppure, parimenti cercato, un angelo destinato a continuare per chissà dove il suo volo, il suo ritmo di vita che in realtà fu un istante non suo, ma di chi l’ha saputo astrarre per dargli ben altra realtà vitale”, affermava Carlo Mollino.
Noto a tutti per la sua straordinaria opera nell’architettura e nel design del XX secolo, Carlo Mollino è stato anche un sofisticato intellettuale e un incredibile poeta dell’immagine. Amava la fotografia, la praticava come se l’immagine fotografica fosse traccia di un sentimento per la vita che si materializzava nell’istante dello scatto e nel successivo sviluppo. Le sue parole citate qui sopra ammantano l’atto del fotografare di un’aura poetica, con riferimenti indiretti (chissà se cercati) alle Elegie Duinesi di Reiner Maria Rilke – il mostro o l’angelo sono l’espressione di un’epifania, di un gesto ogni volta magico grazie al potere del fotografico di trasformare la poesia in vita reale.

Il duplice merito della mostra “Mollino/Insides” – presentata alla Collezione Maramotti di Reggio Emilia, in collaborazione con il Museo Mollino di Torino – è di vedere, al di fuori dalla casa-museo dell’artista, una raccolta pregna d’incanto e di mistero dei suoi nudi e seminudi femminili fotografati tra il 1956 e il 1972; e, al contempo, di leggere una selezione di pensieri e riflessioni dell’artista sul linguaggio fotografico nelle pagine del raffinato catalogo edito da Silvana Editoriale.
Quest’anima parallela di Mollino, meno conosciuta e messa in luce in questo progetto, rivela un intelligente lavoro di critica sulle intenzioni e i significati dell’atto fotografico nel suo potenziale di disvelamento della realtà esteriore e interiore. Un’indagine concettuale, una ricerca inedita per l’autore, accompagnata dal sentimento, di cui lui parla spesso in riferimento all’inconscio con rimandi al Surrealismo e al perturbante freudiano.

In mostra le piccole fotografie a colori e in bianco e nero dei corpi femminili, seducenti nelle loro pose erotiche, raccontano quanto il topos surrealista sia stato trasposto e sviluppato sul piano concettuale al livello di “verità dell’immagine”, privato dei simbolismi onirici.
In queste opere Mollino ci presenta un femminile che non è solo espressione di godimento estetico (un genere di fotografia erotica già molto in voga dagli inizi del XX secolo); ci dona anche la sua originale lettura di un tema rilevante nella ricerca fotografica degli Sessanta-Settanta, quel movimento di sguardi che s’instaura tra chi guarda (l’autore, noi spettatori), chi è guardato (il soggetto fotografico) che a sua volta guarda noi. Un gioco degli sguardi attivato con l’invenzione della fotografia e che oggi è un nostro automatismo inconscio, il quale genera ad ogni nuova fotografia una relazione tra chi osserva (spia) e chi offre se stesso allo sguardo e all’immaginario pubblico.
Le fotografie sono state allestite in una stanza che ricorda un elegante boudoir o una Wunderkammer moderna, creata appositamente dalla Collezione Maramotti per restituire il senso del suo lavoro: in questo luogo raccolto noi siamo i segreti voyeur di una fantasia di Mollino, gli osservatori silenziosi di un mondo intimo, nascosto da cui emerge il suo rapporto con il femminile.
L’installazione poi ha un’eco che ci porta a pensare al lavoro di Marcel Duchamp Étant donnés: 1) la chute d’eau 2) le gas d’eclairage (1946-66) e all’opera concettuale di Giulio Paolini Giovane che guarda Lorenzo Lotto (1967), entrambe incentrate sull’atto del guardare e del punto di vista (chi sta guardando chi?).

Sfogliando il catalogo diverse sono le citazioni di Mollino che colpiscono per l’analisi lucida con cui riflette sulla natura della fotografia di saper creare una copia (un modello della realtà) che è anche originale a se stante – un’immagine altra, un doppio distante tuttavia dal modello iniziale.
“Il ‘taglio’ ottenuto con l’inquadratura tendenziosa di un frammento di mondo nel mirino oppure con le forbici dall’ingrandimento finale, cioè dall’ablazione di un ‘intorno’ perturbante e discorde, crea una immagine che non ha più nulla in comune con il modello predisposto o d’occasione”, si legge ancora nelle parole di Mollino in catalogo.
La mostra offre anche la possibilità di scoprire due lavori inediti dedicati a Mollino e realizzati espressamente per la Collezione Maramotti. Enoc Perez espone un gruppo di grandi dipinti, suggestivi nelle atmosfere rarefatte e oniriche degli ambienti del Museo Casa Mollino, che ritraggono la dimensione fantasmatica di un luogo intriso di memorie. La stessa casa diventa per Brigitte Schindler espressione di uno sguardo iper-realistico sugli interni che, da un gioco di riflessi e specchi,ci svela dettagli intimi e rivelatori della personalità di un grande artista dell’immagine.
mostre ed eventi

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