04 luglio 2025

Nelle fotografie di Roger Ballen non c’è una reale separatezza tra ordine e caos

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Al Mattatoio di Roma, una mostra fa il punto su 20 anni di ricerca fotografica di Roger Ballen: un mondo in equilibrio tra caos e ordinaria follia, privo di confini tra ciò che è umano e animale

Roger Ballen, Cat catcher, 1998

Chiediamoci come il linguaggio fotografico possa restituire l’intero scenario di un mondo di cose fortemente dissimili, che si rispecchiano e relazionano a vicenda. Se la fotografia riesce raccontare la bellezza è altresì nelle condizioni di scoprire il disequilibrio, l’alterità e la follia umana, sino ad utilizzarla come uno strumento trasformativo dell’immagine stessa. Lo scatto in quanto impronta e risultato di un’azione, oltre a definire l’esperienza ordinaria, individua la realtà come documento da studiare e racconto da esporre. Pertanto non è la fotografia a essere consegnata al mondo ma è un intero mondo che viene offerto alla fotografia. È proprio così che Roger Ballen (New York, 1950) riesce a convocare a sé una realtà, aumentando a dismisura le sue qualità folli e assurde.

Roger Ballen, Five hands, 2006

Per cui, lontano da qualsiasi forma di idealizzazione, dapprima il fotografo costruisce e poi rivela sino a realizzare scene come voragini che stimolando e acuiscono il nostro senso di estraneità. Le fotografie esposte presso il Mattatoio di Roma fino al 27 luglio 2025 alla mostra Roger Ballen: Animalism – a cura di Alessandro Dandini de Sylva in collaborazione con Marguerite Rossouw, con una installazione sonora di Cobi van Tonder – esaltano l’assenza della ragione, la psiche e il suo assurdo squilibrio. Ogni scatto è frutto di un processo di costruzione, per cui è naturale che alla vita si aggiunge ulteriore vita, sia umana che animale.

Roger Ballen, Eugene on the phone, 2000

Sebbene i lavori fotografici raccolgano diversi progetti, relativi a un periodo di ricerca durato 20 anni, vi sono sempre delle evidenti somiglianze che permettono di percepire i collegamenti tra le varie opere. Sicché quanto rimane presente in tutte le fotografie è un processo asistematico e di lettura dell’assurdo, per cui Ballen non privilegia alcun rapporto di contenuto specifico, bensì si concentra sul valore visivo delle immagini, per cui uomini e animali sono accostati per somiglianze fisiche e formali. Benché nella maggioranza dei casi sono gli animali che si relazionano con l’uomo e non viceversa, quella di Ballen è una riflessione corporale più ampia, che interroga il corpo e la preminenza di un unico senso: la vista e la sua capacità di associare e dissociare le discrepanze. Cosicché non esiste alcuna divisione tra comportamento umano, creatura vivente e profondità psichica, mondi che si incontrano nella somiglianza reciproca, con la precisa volontà di effettuare ininterrotti spaesamenti.

Roger Ballen, School room, 2003

Lo squilibrio, l’assenza di regole, sono imperativi che permettono al fotografo di avere un atteggiamento essenzialmente egualitario non solo verso il comportamento animale, ma anche a favore degli spazi. Si tratta il più delle volte di ambienti anonimi, con strutture in disuso e superfici scrostate, contesti situati nel Sud Africa, laddove il fotografo vive da oltre quarant’anni. Perciò Ballen, considerando tutto utile e concreto alla costruzione dell’immagine, sa bene che il vero alla fotografia non basta; da qui la scelta di scegliere luoghi fortemente teatrali dove è labile la differenza tra quanto viene costruito e reale.

Roger Ballen, One arm goose, 2004

Così negli assurdi accostamenti il corpo umano accoglie residui come un sudario, le vesti e le parti del corpo di chi figura sono macchiate e fissate in una spontanea espressività, sicché la fotografia si potrebbe trasformare in una prassi di igiene mentale, una forma di autoanalisi. Inoltre, lo spiazzamento, la capacità di sradicare le regole sono i punti di partenza di tutte le opere, piccole drammaturgie, tanto diverse quanto cariche di vitale tensione. Soprattutto nel caso di questa mostra, analizzando tutta la produzione fotografica stampata e proiettata, si genera una sensazione di sfoltimento: è come se i significati, che di solito caratterizzano le fotografie, si dissolvessero e venisse a galla il corpo sovvertito e privo di normalizzazione.

Roger Ballen, Animalism, veduta della mostra, Roma, 2025, Ph. Eleonora Cerri Pecorella
Roger Ballen, Animalism, veduta della mostra, Roma, 2025, Ph. Eleonora Cerri Pecorella
Roger Ballen, Animalism, veduta della mostra, Roma, 2025, Ph. Eleonora Cerri Pecorella

In questo modo è proprio la figura umana che in relazione all’animale, comunica senso di aggressività, oppressione, tenerezza, gracile rassegnazione, elementi tutti che sfiorano le nostre profondità. Inoltre, sfidando ogni aspetto normale, tutte le foto ci appaiono bizzarre, arbitrarie ed è evidente l’interesse del fotografo verso quanto c’è di più organico, non in riferimento alla totale armonia e funzionamento di un organismo, bensì verso la curiosità delle parti che costituiscono l’essere umano e quello animale. Le morbide ali dei volatili, i sinuosi colli dei cigni, le tonde forme di un maiale, i contrasti tonali delle villosità, tutte fattezze connesse e poste in dialogo in un insensato insieme che è allo stesso tempo molto strano e familiare.

Roger Ballen, Animalism, veduta della mostra, Roma, 2025, Ph. Eleonora Cerri Pecorella
Roger Ballen, Animalism, veduta della mostra, Roma, 2025, Ph. Eleonora Cerri Pecorella

Perciò si apre la questione se le foto di Ballen siano attimi di un racconto o altrimenti lo svolgersi di un comportamento? Sebbene ci sia l’intenzione di narrare, v’è di certo un’apertura verso il fluire incontrollato di una condotta distinta da promiscuità, si tratta dell’accettazione dell’insensatezza della casualità. Perciò è normale che vengano incluse situazioni impreviste e ambivalenti, intere nicchie di mistero, dove il rapporto tra gli elementi è in gran parte ignoto e strutturato attraverso un profondo senso di spiazzamento, va da sé, che un’assurda realtà si trasformi in puro spettacolo. Proprio per questo motivo le opere sembrano derivare dal taccuino di un analista, questa volta è la fotografia ad apire un tipo di consapevolezza nuova, si tratta di un modo di vedere lucido, attratto dall’insignificante e dedito alla bizzarria.

Roger Ballen, Animalism, veduta della mostra, Roma, 2025, Ph. Eleonora Cerri Pecorella
Roger Ballen, Animalism, veduta della mostra, Roma, 2025, Ph. Eleonora Cerri Pecorella
Roger Ballen, Animalism, veduta della mostra, Roma, 2025, Ph. Eleonora Cerri Pecorella
Roger Ballen, Animalism, veduta della mostra, Roma, 2025, Ph. Eleonora Cerri Pecorella
Roger Ballen, Animalism, veduta della mostra, Roma, 2025, Ph. Eleonora Cerri Pecorella

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