13 aprile 2025

Other Identity #154, altre forme di identità culturali e pubbliche: Cristina Coral

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Other Identity è la rubrica dedicata al racconto delle nuove identità visive e culturali e della loro rappresentazione nel terzo millennio: la parola a Cristina Coral

roomstories 2019

Tratta dall’omonima rassegna ideata dall’artista e curatore indipendente Francesco Arena, la rubrica “OTHER IDENTITY – Altre forme di identità culturali e pubbliche” vuole essere una cartina al tornasole capace di misurare lo stato di una nuova e più attuale grammatica visiva, presentando il lavoro di autori e artisti che operano con i linguaggi della fotografia, del video e della performance, per indagare i temi dell’identità e dell’autorappresentazione. Questa settimana intervistiamo Cristina Coral.

Cristina Coral

Other Identity: Cristina Coral

Il nostro privato è pubblico e la rappresentazione di noi stessi si modifica e si spettacolarizza continuamente in ogni nostro agire. Qual è la tua rappresentazione di arte?

«La struttura di uno stile è molto simile alla struttura di una personalità. L’espressione artistica rispecchia i sentimenti e i pensieri dell’artista, nel mio caso ciò che mi rappresenta è senz’altro la mia visione estetica che osserva la realtà ma rimane coerente, credo scaturisca da un modo di sentire/vedere che mi appartiene profondamente».

making architecture 2017

Creiamo delle vere e proprie identità di genere che ognuno di noi sceglie in corrispondenza delle caratteristiche che vuole evidenziare, così forniamo tracce. Qual è la tua “identità” nell’arte contemporanea?

«L’identità è un argomento complesso, quasi una “realtà” inesplorabile. Walt Whitman scriveva: “Contengo diverse moltitudini”, riferendosi al fatto che vediamo noi stessi in modo sempre diverso in relazione ai diversi contesti in cui ci esprimiamo.

La percezione del proprio sé è molto cambiata negli anni e i media rappresentano uno dei principali indicatori per comprendere e analizzare i cambiamenti sociali che allo stesso tempo sono determinanti nella costruzione della realtà sociale. Moda e fotografia attingono l’uno dall’altra, alimentano l’immaginario collettivo, influenzano i comportamenti sociali, la cultura visiva e anche la ricerca artistica. L’arte in genere ha sempre rappresentato ciò che può dirci qualcosa in più sulle nostre identità e chi la crea dice sempre qualcosa di sé nelle proprie opere.

Credo che la mia fotografia colga dei momenti “al di là del tempo”, più vicina al mistero che ciascuno di noi è per se stesso. L’atto creativo vive in uno spazio e tempo diverso».

room stories, 2024

Quanto conta per te l’importanza dell’apparenza sociale e pubblica?

«I social sono importanti per la comunicazione e la condivisione ma non hanno mai influenzato il mio modo di fotografare o la mia visione.

Viviamo in una società sempre più intossicata da condizionamenti dove l’artista o si adegua o si rifugia nell’ isolamento. Mio padre Giampaolo ha contribuito ad arricchire la mia sensibilità e mi ritrovo molto in questo suo pensiero: “Quando si riesce a costruire un’isola interiore che sta nel mondo, ma è lontana dal rumore del mondo, allora non si ha più bisogno di ulteriori spazi vitali e ci si appropria della dignità morale e della libertà creativa”».

roomstories 2022

Il richiamo, il plagio, la riedizione, il ready made dell’iconografia di un’identità legata al passato, al presente e al contemporaneo sono messi costantemente in discussione in una ricerca affannosa di una nuova identificazione del sé, di un nuovo valore di rappresentazione. Qual è il tuo valore di rappresentazione oggi?

«Credo che l’ esigenza primaria e naturale per un artista sia quella di uscire dall’ universo comune, trovare spazi vitali per il libero pensiero, per interrogarsi ed esplorare. Il mio impegno primario è di natura privata e Fotografare è un atto privato che nasce da processi mentali mossi da un dialogo interiore e da intuizioni improvvise».

situation 2024

ll nostro “agire” pubblico, anche con un’opera d’arte, travolge il nostro quotidiano, la nostra vita intima, i nostri sentimenti o, meglio, la riproduzione di tutto ciò che siamo e proviamo ad apparire nei confronti del mondo. Tu ti definisci un’artista agli occhi del mondo?

«L’opera esiste prima di tutto ai fini di hi la crea, il godimento da parte degli altri è solo una conseguenza del suo esistere, ma non tutti sono in grado di afferrarla con la loro immaginazione».

Quale “identità culturale e pubblica” avresti voluto essere oltre a quella che ti appartiene?

«Libera di seguire me stessa».

the other part of me 2015

Biografia

Cristina è una pluripremiata fotografa con sede in Italia, specializzata in creative and fine art photography. Le sue fotografie sognanti e misteriose sono come uno specchio in cui si rivolge il suo dialogo interiore. Ha vissuto la sua infanzia in un ambiente artistico e ama esplorare la complessa relazione tra soggetto e ambiente. Ha collaborato con diverse riviste e marchi.

Le sue opere sono state esposte alla Galleria Carla Sozzani di Milano, alla Leica Gallery di Milano, al Somerset House London, al Base di Milano per il primo PhotoVogue Festival 2016, al Santa Maria della Scala in Siena, Contact Photography Festival di Toronto per citarne alcuni.

I suoi lavori sono stati pubblicati e presentati in diverse riviste come Metal, Ideat, Ignant, Vogue Italia, Kinfolk, Marie Claire, Elle, GUP, Wall Street International e molti altri. Alcuni di questi lavori fanno parte della collezione permanente del MACS Museo d’Arte Contemporanea della Sicilia e alcune sue opere fanno parte della Fototeca Briganti Museo Santa Maria della Scala di Siena.

Tra i suoi riconoscimenti ci sono: due medaglie d’oro al Px3 Paris, menzioni d’onore all’IPA e al SIPA e borsa di studio per la fotografia. Vincitrice del concorso The Uncanny Contest di Gregory Crewdson e Vogue Italia. Selezionata ai Sony World Photography Awards e all’Alpha Female Award 2020. Finalista all’Hasselblad Master del 2021 nella categoria Arte.

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