16 dicembre 2022

Other identity #40. Altre forme di identità culturali e pubbliche: Manuel Bravi

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Other Identity è la rubrica dedicata al racconto delle nuove identità visive e culturali e della loro rappresentazione, nel terzo millennio: intervista a Manuel Bravi

Manuel Bravi, RITRATTO

Tratta dall’omonima rassegna ideata dall’artista e curatore indipendente Francesco Arena, la rubrica “OTHER IDENTITY – Altre forme di identità culturali e pubbliche” vuole essere una cartina al tornasole capace di misurare lo stato di una nuova e più attuale grammatica visiva, presentando il lavoro di autori e artisti che operano con i linguaggi della fotografia, del video e della performance, per indagare i temi dell’identità e dell’autorappresentazione. Questa settimana l’ospite intervistato è Manuel Bravi.

 

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Other Identity: Manuel Bravi

Il nostro privato è pubblico e la rappresentazione di noi stessi si modifica e si spettacolarizza continuamente in ogni nostro agire. Qual è la tua rappresentazione di arte?

«Se il ritratto è la valorizzazione di una persona, piuttosto che spettacolizzarlo, cerco una ripresa sommessa, legata alle ombre e sfaccettature personali, probabilmente a tutti quegli aspetti che si possono mostrare ma attraverso un pudore emotivo o a una reticenza che non li espone in modo diretto. Bisogna chiedersi davanti all’immagine mostrata cosa viene lasciato intravedere dell’intimità di chi è ritratto».

Just an interlude in your life, 13/11/21

Creiamo delle vere e proprie identità di genere che ognuno di noi sceglie in corrispondenza delle caratteristiche che vuole evidenziare, così forniamo tracce. Qual è la tua “identità” nell’arte contemporanea?

«Direi la ricerca da parte di chi viene ritratto: può essere fisica o esplorativa ma tutto ruota sull’esporsi al fine di raggiungere un particolare nuovo stato di conoscenza personale. Chi usa il corpo si avvicina ai propri limiti fisici e ne prende atto. L’astronauta o chi si nasconde dietro una maschera, scopre il mondo che lo circonda attraverso domande e gesti infantili».

You spill red on my cloudy carpet, 26/02/21

Quanto conta per te l’importanza dell’apparenza sociale e pubblica?

«Purtroppo osservo quanto sia difficoltoso uscire dalle reti dei social e dai riscontri che questi danno. Quando frustrazione e appagamento provengono dalle icone a forma di cuore, allora è giunto il momento di fare qualche considerazione a riguardo e maturare un periodo di disintossicazione. Noto perlopiù che ci si abbandona alla prepotente forza che questi impongono, ne siamo vittime col sorriso».

Barbara, 6/11/21

Il richiamo, il plagio, la riedizione, il ready made dell’iconografia di un’identità legata al passato, al presente e al contemporaneo sono messi costantemente in discussione in una ricerca affannosa di una nuova identificazione del sé, di un nuovo valore di rappresentazione. Qual è il tuo valore di rappresentazione oggi?

«Quello che crei è la somma di quello che sei, di ciò che conosci e delle esperienze che hai immagazzinato nel tuo passato. Farsi le giuste domande per creare il proprio percorso artistico, credo sia il modo migliore per superare i concetti di riedizione/plagio/richiamo. Ogni forma d’arte ha un rimando endemico o iconico, non penso sia da demonizzare se alla base c’è la giusta consapevolezza e domande nei confronti di quel che stai creando».

Black, 16/11/19

ll nostro “agire” pubblico, anche con un’opera d’arte, travolge il nostro quotidiano, la nostra vita intima, i nostri sentimenti o, meglio, la riproduzione di tutto ciò che siamo e proviamo ad apparire nei confronti del mondo. Tu ti definisci un’artista agli occhi del mondo?

«Vorrei solo essere in grado di porre domande o creare interesse attraverso le mie immagini: vengono messe su un banchetto e chiunque può dare risposte o formulare altre considerazioni in merito, e quando avviene uno scambio allora sono soddisfatto».

It must have been an angel, 11/07/20, credits: Andrea Fabbri

Quale “identità culturale e pubblica” avresti voluto essere oltre a quella che ti appartiene?

«Non ho aspettative precise su un’identità diversa o più matura rispetto a quello che sono».

Biografia

Nato a Ravenna, nel 1978, Manuel Bravi vive e lavora tra Ravenna e Milano. Ha studiato grafica a Venezia, dove l’incontro con Lorenzo Vitturi ha stimolato l’interesse per il potenziale manipolatorio e surreale della fotografia. Dopo gli studi inizia a lavorare a Milano come fotoritoccatore, fotografo e grafico. La sua pratica fotografica è influenzata dalla fotografia surrealista come anche dall’immaginario della musica heavy metal. Il genere del ritratto e la tecnica del lightpainting gli permettono di scoprire altri mondi e di avvicinarsi ai soggetti creando un flusso empatico che si mostra nel movimento e nelle ombre.

Smile, 23/01/21, credits: Serena Ballarin
Love me, 08/01/22, credits: Martina e Luca

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