11 agosto 2023

Other Identity #74. Altre forme di identità culturali e pubbliche: intervista a Sabrina Sartori

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Other Identity è la rubrica dedicata al racconto delle nuove identità visive e culturali e della loro rappresentazione nel terzo millennio: la parola a Sabrina Sartori

Sabrina Sartori, Ritratto

Tratta dall’omonima rassegna ideata dall’artista e curatore indipendente Francesco Arena, la rubrica “OTHER IDENTITY – Altre forme di identità culturali e pubbliche” vuole essere una cartina al tornasole capace di misurare lo stato di una nuova e più attuale grammatica visiva, presentando il lavoro di autori e artisti che operano con i linguaggi della fotografia, del video e della performance, per indagare i temi dell’identità e dell’autorappresentazione. Questa settimana intervistiamo Sabrina Sartori.

Sabrina Sartori, Afternoon rest, 2021, Fotografia Digitale, 40x60 cm.
Sabrina Sartori, Afternoon rest, 2021, Fotografia Digitale, 40×60 cm

Other Identity: Sabrina Sartori

Il nostro privato è pubblico e la rappresentazione di noi stessi si modifica e si spettacolarizza continuamente in ogni nostro agire. Qual è la tua rappresentazione di arte?

«L’arte non è un’entità è piuttosto una nostra concezione personale. Privilegio una visione di rappresentazione reale soggettiva, con una percezione interpretata mediante processi intuitivi».

Creiamo delle vere e proprie identità di genere che ognuno di noi sceglie in corrispondenza delle caratteristiche che vuole evidenziare, così forniamo tracce. Qual è la tua “identità” nell’arte contemporanea?

«C’è una costante ricerca nella mia identità, nell’arte contemporanea. Mi piace dare un concetto a ciò che rappresento, passando da un semplice ritratto ad una scena di attimo di vita. Ho una mia visione personale, rappresentata per esempio nell’ultimo progetto su cui sto lavorando, intitolato Adolescence, dove viene ritratta mia figlia durante il suo passaggio all’età adolescenziale. Qui per esempio emerge la mia identità fotografica, utilizzando occhio e cuore, due elementi capaci di rappresentare le emozioni più profonde.

Mi piace creare un alone di mistero che dipenderà poi dal punto di vista dell’osservatore. Creare un legame attraverso la luce, i colori e la disposizione di ciò che fotografo. L’inquadratura e il tempismo rappresentano alcuni degli elementi chiave delle mie immagini».

Sabrina Sartori, Sound of lockdawn, 2020-2021, Fotografia Digitale, 25×36 cm

Quanto conta per te l’importanza dell’apparenza sociale e pubblica?

«Le apparenze sociali ci presentano agli altri, mettendo in discussione il rapporto tra apparenza e autenticità. Personalmente credo che trasmettere le proprie emozioni a chi guarda una nostra foto, possa inviare dei messaggi e dare una lettura nelle sue varie forme. Ci troviamo di fronte all’era dell’apparenza in cui l’immagine viene prima del contenuto o comunque di pari passo e credo sia sbagliato, perché il contenuto deve sempre venire prima di tutto il resto».

Sabrina Sartori, Hair in front of the eye, 2022, Fotografia Digitale, 52×70 cm

Il richiamo, il plagio, la riedizione, il ready made dell’iconografia di un’identità legata al passato, al presente e al contemporaneo sono messi costantemente in discussione in una ricerca affannosa di una nuova identificazione del sé, di un nuovo valore di rappresentazione. Qual è il tuo valore di rappresentazione oggi?

«Il linguaggio delle immagini e la rappresentazione di esse è un insieme di sensazioni ed emozioni. Ogni foto può raccontare una storia e questo la renderà unica. Mi piace creare immagini che contengano storie o che parlino della mia stessa storia. Non mi limito a catturare passivamente ciò che ho di fronte, ma cerco di entrare e dare una forma. Queste possono essere storie ambigue, personali o documentaristiche, ma una fotografia che dovrà essere un punto di partenza per far immaginare».

Sabrina Sartori, Boredom of lockdawn, 2020-2021, Fotografia Digitale, 50×70 cm

ll nostro “agire” pubblico, anche con un’opera d’arte, travolge il nostro quotidiano, la nostra vita intima, i nostri sentimenti o, meglio, la riproduzione di tutto ciò che siamo e proviamo ad apparire nei confronti del mondo. Tu ti definisci un’artista agli occhi del mondo?

«Mi definisco artista nel mio genere di interpretazione, perché mostro qualcosa interpretato a modo mio. Sfrutto delle situazioni come carburante creativo che avviene nella mia mente. Quello che so di per certo è che esiste una vibrazione sottocutanea che in un caso ti fa contorcere le viscere e nell’altro ti fa esclamare “questa foto mi piace un sacco!” Non sappiamo di preciso che cos’è ma sentiamo che ciò che abbiamo rappresentato per noi stessi e’ un’opera d’arte».

Sabrina Sartori, Puberty,2022, Fotografia Digitale, 30×35 cm

Quale “identità culturale e pubblica” avresti voluto essere oltre a quella che ti appartiene?

«Non ho di preciso un individuo culturale che avrei voluto essere. Sono molto affascinata dal contesto storico dell’impressionismo, per via delle nuove idee rivoluzionarie e di come si è data una nuova identità al mondo dell’arte».

Sabrina Sartori, Leisure 2022, Fotografia Digitale, 40×60 cm

Biografia

Sabrina Sartori è nata l’8 marzo, si appassiona alla fotografia già dalla tenera età, quando la domenica seguiva con entusiasmo il padre (grande appassionato della pellicola) in camera oscura. Diplomata nei master di comunicazione visiva, reportage e fotografia di moda presso l’Accademia italiana di fotografia a Milano John Kaverdash School, cerca oggi ispirazione dagli attimi di vita, seguendo uno suo stile personale.

Sabrina Sartori, The moment of Elena, Fotografia Digitale, 20×30 cm

Ha partecipato a numerose mostre dal Giappone a Milano cercando di lasciare un segno attraverso le sue immagini di combinazione di sensazioni. Della sua fotografia dice: “è importante che l’immagine assomigli a ciò che sento”.

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