15 gennaio 2020

exibart.talks: intervista a Ottavia Tracagni

di e

Intervista a Ottavia Tracagni, dal 22 febbraio in mostra a Castel dell’Ovo, a Napoli

Ottavia Tracagni, Le solite scuse
Ottavia Tracagni, Le solite scuse

exibart.talks presenta la nuova rubrica dedicata al mondo dell’illustrazione e del fumetto italiano. Ogni settimana sul nostro sito, un’intervista esclusiva. L’appuntamento di oggi è con Ottavia Tracagni.

Ciao Ottavia. Per prima cosa: com’è iniziato il tuo percorso come illustratrice?

«Disegno da sempre. Disegno per raccontare delle storie. Al liceo perdevo più tempo a ridisegnare le mappe concettuali o gli schemi per memorizzare la materia più che a ripeterla a voce, passavo le ore riprendendo quello che mi succedeva intorno tra fumetti e caricature. La necessità di visualizzare i pensieri, fermarli su carta ed esprimerli c’è da sempre, la consapevolezza invece di volerlo fare in maniera che sia fruibile anche per il pubblico c’è da non prima del 2010. La mia formazione mi vede crescere in un’accademia a Roma dove ho incontrato coloro che mi hanno dato il coraggio di prendere questa strada e poi a Bristol dove invece ho sperimentato moltissimo e conosciuto moltissimi talenti, lì ho capito che non esiste un giusto e uno sbagliato nell’esprimersi ma solo il farlo senza rimandare e cercare di farlo al meglio. Il mio è un percorso di studi tra comunicazione visiva, direzione artistica e arti grafiche. Gli studi in Italia mi hanno portato al lavoro di oggi come designer e art director in un’agenzia di Roma, Studioplace; il bisogno innato di esprimermi, una buona dose di insofferenza e qualche viaggio invece oggi è ciò che mi ha portato verso l’arte e l’illustrazione».

Ottavia Tracagni, Week
Ottavia Tracagni, Week

«Tengo il disegno come strumento per rispondere ad una personale necessità, è una specie di salto mortale per andare oltre il quotidiano e oltre l’esprimibile a parole. 5 anni fa ho cominciato a smettere di cestinare i disegni che accumulavo e le storie che mi passavano per la testa per dargli una forma e oggi non posso più smettere. Dopo varie collaborazioni e collettivi, a ottobre 2018 ho esposto ad una prima mostra personale portando davanti al pubblico 88 opere inedite.
Vedere la magia che si crea quando condividi qualcosa di tuo è incredibile. Tra tante bozze e tentativi cestinati ci sono dei momenti in cui riesci a dare forma a qualcosa che prima pensavi fosse solo tua ma poi scopri che arriva anche agli altri, attraverso canali che sono spesso ancora liberi, stimolando nuovi racconti, pensieri e storie personali, e quel momento è indescrivibile».

Che cosa ti ispira nei tuoi lavori?

«Il quotidiano, la sua reinterpretazione e anche la fuga dallo stesso sono l’ispirazione centrale da cui partono la maggior parte delle mie illustrazioni.
Racconto e immagino storie tra ricordi personali e storie di altri. Spesso mi capita di immaginare le storie tra le persone che incontro o tra gli oggetti che uso. Cerco di registrare i segni grafici che sono esterni al mondo del design o dell’architettura.
La musica anche ha un ruolo importantissimo, non è raro che mi capiti di visualizzare il testo di una canzone o l’emozione che ne esce, allora lo immagazzino e ne faccio uscire tempo dopo un’illustrazione e una storia. Ugualmente le copertine dei dischi come le immagini su spotify sono un pozzo infinito di ispirazione.
Sono incantata dalle insegne, da quelle decadenti delle grandi autostrade e quelle delle botteghe che ancora sopravvivono, dai giochi di parole e da quello che ancora riesco a ricordarmi o rileggere dei libri di Filosofia e psicologia del linguaggio».

Una delle tue serie di illustrazioni si chiama #LeSoliteScuse. Storie di oggetti parlanti che raccontano situazioni sentimentali in cui ci siamo ritrovati tutti, almeno una volta. Ci racconti qualcosa di più sul progetto?

«”Le solite scuse” sono nate in una maniera un po’ strana, mi ricordo esattamente quando sentivo che qualcosa stava arrivando ma non capivo ancora cosa fosse, che parlavo dell’idea a qualche amico che chiaramente non capiva. Il momento specifico posso ricordarmelo: ero da un amico e c’era questa piantina grassa, forse un piccolo cactus, che si attaccava sempre alla pianta che le stava accanto come ad abbracciarla.
Allora mi ricordo che scherzando cominciammo ad immaginare la sua storia d’amore con un’altra pianta e tornando a casa immaginavo che lei in realtà amasse un palloncino con cui però una relazione sarebbe stata impossibile per la natura di quello che erano, un cactus spinoso e un palloncino… Da quella storia cominciò a martellarmi l’idea degli amori impossibili e di quelle scuse che ogni tanto si dicono ma che talvolta sono reali perché, a volte, veramente è meglio allontanarsi per evitare ulteriori danni, come nel caso di palloncino».

Ottavia Tracagni, Le solite scuse
Ottavia Tracagni, Le solite scuse

«Da questa storia, da questi pensieri e da qualche esperienza personale è nata la serie #lesolitescuse, una serie di illustrazioni o vignette che raccontano la storia di oggetti che si scambiano battute o scuse solite che però nel loro caso acquisiscono significato. La magia è che degli oggetti diventano il pretesto per raccontare storie in cui tutti ci siamo ritrovati una volta nella vita e per stimolare discussioni e argomentazioni su varie tematiche intorno alle relazioni umane. Le storie che ne vengono e il fatto che le persone le amino sono la prova che ancora c’è dello spazio per la lettura, per l’immaginazione e per la fantasia anche nello scroll compulsivo dei social, anche nella vita da adulti, anche nel cinismo in cui ogni tanto siamo obbligati ad atteggiarci e nella velocità dei rapporti umani di ogni giorno.
La cosa che mi piace di più è anche il fatto di regalare un momento di popolarità ad oggetti comuni, come un accendino, un fiammifero, una scarpa da ginnastica».

Ottavia Tracagni, Le solite scuse
Ottavia Tracagni, Le solite scuse

Da un punto di vista tecnico, qual è il processo di realizzazione dei tuoi lavori?

«Appunto continuamente tra quaderno, fogli sparsi e note del telefono, pensieri, associazioni mentali e dettagli visivi che incrocio. Non sono una di quegli artisti che si mette alla scrivania e crea dal nulla, le idee mi arrivano fuori dallo studio in una specie di collage mentale attraverso uno strano processo di composizione quotidiana tra una battuta, una foto, un’insegna, che si accumulano casualmente ma poi trovano una chiave per combinarsi in maniera inaspettata e significativa… è invece alla scrivania, nel silenzio assoluto, che le realizzo.

Disegno sempre su carta, con le matite colorate o anche solo con un pennarello nero. Conservo ogni schizzo e spesso a distanza di mesi quello che prima volevo buttare diventa la spunto per un nuovo lavoro. Mi piace che le opere cambino con me e siano in continuo divenire. Per questo solo una volta che ho la sicurezza sul risultato porto il disegno sul digitale, e in maniera ancora più millimetrica ridisegno tutto sui programmi di grafica come Illustrator o Photoshop. Il digitale mi permette di mettere in discussione tutto fino alla fine.
Non sono contenta finché non ho levato tutto quello che è superfluo. Mi piace quando consegno al mio pubblico solo quello che è strettamente necessario a suggerire ciò che voglio esprimere, tutto quello che è decorazione o senza significato lo levo. Mi piace solo suggerire un movimento, un’emozione, un ricordo.

Una volta arrivata all’elaborato finale passo alla stampa, una stampa che applica le tecniche della stampa manuale alla stampa digitale, ordino le carte ogni volta da una cartiera Tedesca. Un metodo faticoso, costoso, a volte un po’ maniacale e lento ma che proteggo con gelosia in onore del risultato finale che ne fa sempre valere la pena.

Non considero mai una mia opera finita. Lascio sempre un dettaglio che posso cambiare ogni volta a secondo delle esigenze, del contesto».

C’è qualche artista contemporaneo o non, che in qualche modo ha suggestionato il tuo lavoro?

«Cerco di non guardare troppo l’attività di altri artisti o designer per riuscire a mantenermi lucida sul mio percorso, allo stesso tempo penso che la cultura sul passato e dei grandi del presente sia fondamentale.

Parlando di arte figurativa non posso non menzionare illustratori come Christoph Niemann e Jean Julienne per la loro capacità di sintetizzare con ironia temi importanti e giocare con le prospettive; nel loro mondo una forbice diventa il corpo di una ballerina, un ponte una tastiera di un pianoforte, una boccetta di inchiostro si trasforma in un obiettivo di una fotocamera ecc; a loro devo anche l’avermi dato la fiducia che un illustratore può puntare in alto. Li considero dei pensatori più che degli illustratori. Non che il termine illustratore sia da meno, ma amo l’apporto concettuale pieno di significato di ogni loro segno che diventa ogni volta metafora.

Aspetto sempre con piacere un nuovo lavoro di Matt Shirley e Javi Royo, illustr-artisti che schematizzano in grafici e mappe le disdette del quotidiano. Matt Blease per la sua incredibile sintesi grafica. Lui ottiene ogni volta il suo “accidenti è vero!” con pochissimi tratti in bianco e nero.

Tra i vari, un altro che mi ha insegnato molto è John Maeda, designer e insegnante del MIT, con il suo saggio sulle leggi della semplicità grazie cui ho imparato come le cose semplici siano il traguardo più difficile da raggiungere, e riuscirci è importante ed è il frutto di un lavoro quotidiano.

Fuori dall’illustrazione invece sono sempre stata affezionata alle letture di Rodari come a Calvino e Munari, per il loro linguaggio altamente metaforico, sempre giocoso e spesso legato ad un aspetto formativo e didattico».

Progetti per il futuro?

«Sicuramente 2 mostre che ho già in calendario!
Proprio in questo momento sto organizzando la prossima mostra che si terrà a Napoli in collaborazione con l’assessorato della Cultura del Comune di Napoli nella bellissima location di Castel dell’Ovo. Si terrà da metà febbraio agli inizi di Marzo (siete tutti invitati!). Porterò me stessa e le mie opere già conosciute che vanno da opere da parete a mega collage a vignette, 12 nuove opere inedite e 49 nuove Solite Scuse e un nuovo progetto a cui i visitatori potranno partecipare, chiamato “Giochi di Parole”.

La seconda invece sarà a Roma, posso ancora dire poco ma posso dire che sarà in un museo molto bello di Roma, al piano di sotto ci saranno opere da Picasso a Balla…all’ultimo io, anche per questa ho già qualche nuova idea su vari progetti su cui sto lavorando da tempo.

Per il futuro remoto invece vediamo che succede, vorrei un giorno affiancarmi ad una galleria che sappia dare forma all’idea di mostra che sto portando avanti come esperienza felice da vivere. Ho un’idea molto chiara di quello che vorrei succedesse dentro una mia mostra e un domani vorrei poterlo onorare sempre di più e perché no anche fuori dall’Italia. Poi chissà perché no, un libro per le Solite Scuse».

Giovane illustratore/illustratrice da tenere d’occhio?

«Un’illustratrice contemporanea e oltretutto romana che ammiro moltissimo anche per vicinanza di età e di vita è Agnes Cecile, una ragazza che crea delle vere poesie visive con una delicatezza disarmante e sta facendo un lavoro eccezionale di mostre e comunicazione».

Un film, una canzone, merenda preferita

«Forse non è molto di stagione ma direi il gelato (fragola e limone o nocciola e cioccolato). Amo il caffè, amaro, e le olive, non insieme. Per quanto riguarda i film, sono pessima con la memoria, ma posso risalire ai film visti negli ultimi mesi che mi hanno lasciato un segno e sono stati: “C’eravamo tanto amati” di Ettore Scola per ogni secondo di storia, dialoghi e riprese, “Alaska” per un Elio Germano eccezionale e “Kings of Summer” per la sua delicatezza e la giusta dose di nostalgia adolescenziale. Sulla musica posso dire di avere
sempre un irrimediabile debole per la musica italiana che racconta delle storie, quella da Appino, a Dalla a Silvestri. Per il resto vado molto ad umore e sono abbastanza onnivora purché mi metta di buon umore».

Potete continuare a seguire Ottavia qui:

ottaviatracagni.it
@ottavia_tracagni

Ottavia Tracagni, Goccia a Goccia
Ottavia Tracagni, Goccia a Goccia
Ottavia Tracagni, Oblò
Ottavia Tracagni, Oblò

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui