26 marzo 2021

It’s a Mad, Mad, Mad, Mad World #19. Intervista a Ottavia Tracagni

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L'atlante della fotografia degli anni 2020 di #ItsaMadMadMadMadWorld, a cura di exibart e Milano Art Guide, torna con una intervista a Ottavia Tracagni

Milano Art Guide ed exibart presentano It’s a Mad, Mad, Mad, Mad World, un atlante della fotografia degli anni 2020, da scoprire ogni settimana su Instagram: l’ospite di questa settimana è Ottavia Tracagni. Per dare un’occhiata al takeover nelle stories del nostro account instagram, vi basta cliccare qui.

 

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#ItsaMadMadMadMadWorld: intervista a Ottavia Tracagni

A cosa stai lavorando?

«Da pochissimo sono passata alla libera professione al 100% dopo anni in agenzia. In questi ultimi due mesi sono entrata lentamente in una nuova dimensione che mi permette di dare più ossigeno e tempo ai progetti autoriali, artistici, al disegno e all’approfondimento, e, contemporaneamente, seguire progetti per altri in qualità di illustratrice e direttrice artistica. In questi giorni sto seguendo e disegnando la campagna per un ente pubblico abbastanza importante e affiancando l’uscita di un nuovo brand di moda. Appena posso invece torno sui miei disegni.

Quest’anno è stato l’anno delle passeggiate, di appuntamenti nel raggio della città, di casa, vissuta come mai prima. Tra i vari nuovi progetti è venuta fuori una nuova serie che si chiama “Diario di una puntuale”.

A volte arrivo puntuale e più spesso in anticipo, chi aspetto invece è facilmente in ritardo, così, in maniera abbastanza non calcolata, ho capito che avevo due opzioni: arrabbiarmi e prendermela o trovare un modo per approfittare di quel tempo in più e inventarmi qualcosa. Cosa che mi riesce abbastanza bene.

Così ne sono nate delle pagine disegnate di piazze, punti di incontro e luoghi. La sfida rispetto ad un’illustrazione ragionata è che ogni volta non so quanto tempo avrò, la persona potrebbe arrivare in due minuti o in mezz’ora. Provo dunque a cogliere l’essenza per esempio della piazza in pochissimo tempo, fotografando con gli occhi quello che vedo, con un mozzicone di matita e in posizioni spesso scomode, poggiata su qualche muretto poco adatto. Ogni minuto in più mi concede invece la possibilità di aggiungere dettagli o ritrarre una persona o micro situazioni in più di quelle che vedo accadere di fronte a me. E ogni passante diventa una storia a se.
Ecco allora che l’attesa si accorcia e si dilata in un tempo di fantasia e storie, e quasi mi ritrovo a sperare che chi aspetto ritardi ancora un po’.

Il progetto è un po’ una scusa per fotografare in altro modo ciò che ho davanti e soprattutto un proporsi di osservare davvero ciò che si ha di fronte. Alzare il mento, guardare veramente. Scattare con un obiettivo immaginario. E soprattutto non lasciare all’onnivoro telefono anche questi momenti.

Intanto lavoro sul mio sito e riprendo i disegni e qualche foto fatti al primo lockdown, magari ne esce un quaderno di illustrazioni.»

Come trovi ispirazione per il tuo lavoro? E cosa ti ispira di più?

«Spesso le idee arrivano dalle conversazioni con le persone, dai giochi di parole, da una battuta o dall’ascolto di un racconto. Il quotidiano diventa un enorme fonte di racconti e progetti, specialmente se ogni tanto mi propongo di cambiare punto di vista, ascoltare le parole come lo farebbe uno straniero o un bambino e cambiare le domande per ottenere nuove risposte. Spesso anche le foto sono punti di partenza per disegni e racconti illustrati. Con il disegno fotografo, ma con margini di libertà maggiori e personalizzazioni più accentuate. Ho una miriade di quaderni e fogli sparsi di piccole idee, spunti e bozze, cerco di appuntare quanto posso, anche se in quel momento butto giù qualcosa che poi mi sembra inutile o impossibile da dimenticare mi forzo a non cestinarlo. Deposito su carta e intanto questo qualcosa mi accompagna. Poi, di solito succede qualcosa o una combinazione di cose che fa scattare quell’idea, a volto scomponendola e trasformandola in altro, altre arricchendola con conoscenze che prima non avevo o facendo da magnete di altre associazioni, ed ecco che dopo qualche tempo, a volte dopo poche ore, altre dopo anni, torno su quelle idee, trasformandole, ricomponendole, arricchendole, definendole e ne escono nuovi disegni, nuove opere, nuovi progetti che per me rappresentano ogni volta il risultato di processi o trascorsi che sento molto come pezzi della mia storia. Mi ispira il quotidiano ma di più tutto quello che mi permette di fuggirlo.»

Cosa significa fotografare negli Anni Venti del Duemila?

«Mio nonno, nato nel 1927,  fotografava ed era anche un buon fotografo. In montagna, al mare e ovunque andava, girava sempre con una sacca in più, uno zaino di macchine fotografiche e obiettivi, un peso considerevole che si accollava e dichiarava a tutti la sua passione. Ogni viaggio, camminata o evento era un rullino da sviluppare e degli scatti da archiviare, tempo ulteriore da dedicare. Fatica e tempo che poi rimaneva privato su librerie di album che conservava e sfogliava offrendo così a se stesso e a chi passava a trovarlo la scusa per una storia.

Oggi, 2020, abbiamo tutti la possibilità di scattare una foto con il peso di pochi grammi in tasca e leggerissimi giga di memoria, ciò che scattiamo possiamo condividerlo con persone dall’altra parte del mondo, e per questo si è persa un po’ la sacralità del gesto ma siamo passati ad una fotografia più intima e accessibile. Credo dunque che, come per chi disegna, in un mondo che è già stracolmo di immagini, sia importante proporre un punto di vista che valga la pena di esistere, un significato che sia per qualche ragione consistente.

Oggi la facilità di fotografare ci concede il massimo dell’espressione personale, ma anche la possibilità di contribuire alla memoria storica in maniera sincera e personale.

Credo che la fotografia professionale abbia ancora un ruolo molto importante che si eleva dall’istantaneità dei social e dalla miriade di foto amatoriali simili a se stesse.

Oggi fotografare è memoria, racconto e occasione di proporre il proprio punto di vista.»

Il 2020 in una foto?

Dai quaderni di quarantena (Aprile 2020) Affaccio su Vicolo della Campana
Dai quaderni di quarantena (Aprile 2020)
Affaccio su Vicolo della Campana

“Un dú tre! Sarà che la nuova casetta dove sto passando questi giorni di lockdown si affaccia su vicolo della Campana, sarà che ogni volta che salgo al terrazzo del condominio per prendere un po’ di sole, aria e tutto quello che c’è, mi siedo per terra e torno con un pezzetto di disegno di gesso sui pantaloni lasciato dai bambini che lo vivono la mattina. Sarà che di questa quarantena non se ne può più ma per ora è bene stare a casa e cercare di trovare il proprio modo di star bene e riempire da soli quello spazio di giornata tra il lavoro e il nulla cosmico – che si mangia il tempo appena posi la schiena sul divano. Lavorate bene, riposate ancora meglio ma nel mezzo infilateci cose belle. Parlo per chi ha la fortuna di farlo.”

Biografia

Artista e visual designer, classe ‘91. Attualmente svolge attività freelance, con base a Roma. Collabora con diverse realtà tra cui studi di design, agenzie, enti, aziende e piccole realtà. Come progettista si occupa di illustrazione, branding, identità visiva e di grafica applicata alla pubblicità e all’editoria. Negli ultimi anni ha collaborato come Direttrice Artistica e Creativa con Digital Yuppies e Studioplace.

Come artista ha esposto la sue opere in diverse mostre di cui due personali. Nel 2018 a Roma presso la Città dell’Altra Economia con “88 Opere in mostra”, nel 2020 a Napoli a Castel dell’Ovo insieme al Ministero della Cultura e del Turismo. Nel 2020 ha contribuito all’installazione temporanea con “Proiezionisti Anonimi” durante il primo lockdown nazionale con un’opera dalla serie LOVELINE. Hanno parlato di lei FREEDA, Artribune, Exibart, il Corriere del Mezzogiorno e Roma Provincia Creativa.

Info: Sito web, Instagram, Facebook

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