20 febbraio 2018

Ai Wei Wei, dalla Cina all’Argentina

 
Contro le ingiustizie e per la tutela e la “questione” migranti: ecco il “dissidente” cinese che riassume le sue posizioni a Buenos Aires

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Ai Wei Wei (Beijing 1957) è uno degli artisti contemporanei più conosciuti e più vuole incarnare la lotta contro le ingiustizie sociali e i regimi dittatoriali del nostro secolo. Nel 2000 si scrisse “Fuck” sul petto e si esibì come opera vivente in Piazza Tienanmen. Un cinese che lotta contro la dittatura comunista del proprio Paese non è cosa di tutti i giorni, soprattutto per l’immaginario collettivo che molti italiani hanno dei cinesi, sempre additato come popolo di lavoratori instancabili e super sfruttati da un’economia sommersa e illegale. 
“Inoculación” é la mostra personale di Ai Wei Wei nella Fondazione PROA di Buenos Aires, curata dal brasiliano Marcello Dantas, con il patrocinio dell’Ambasciata tedesca in Argentina, Studio Ai Weiwei di Berlino, Magnetoscopio di Sao Paulo e la Lisson Gallery di Londra. 
Mostra che ripercorre le tappe più importanti dell’artista; una finestra privilegiata sulla vita personale e professionale che riassume in poco più di 20 opere la lotta di Ai Wei Wei per i diritti umani che si materializza nella sua produzione artistica attraverso sculture, immagini eclettiche (Rompendo un’urna della Dinastía Han, 2016), stampe digitali (Odissea, 2016), un film (Human Flow, 2017) e installazioni gigantesche come Forever Bicycles (2015): 1.254 biciclette d’acciaio che formano un muro di 9 metri. 
Moderno e antico, diritti calpestati e tradizione spirituale, Oriente e Occidente – se esiste differenza alcuna – si rincorrono nelle opere dell’artista cinese senza soluzione di continuità, mentre qui e là appaiono dettagli e fotografie sui retroscena e le violenze del governo di Shanghai che demolì il suo studio nel 2010 come forma di censura per la sua posizione anti governativa. 
L’arte e la protesta di Ai Wei Wei si propagano in internet attraverso Twitter, che è anche una maniera di dialogare con le persone di tutto il mondo che appoggiano e amplificano la protesta contro la violazione costante dei diritti umani in tutta la Cina e non solo. L’ultima installazione della mostra è dedicata, appunto, all’immigrazione clandestina. Difatti, un enorme gommone nero pieno di figure senza volto ricorda al pubblico le sofferenze dei migranti per raggiungere le anelate coste europee (Law of the Journey, 2016), mentre sul lato opposto un video descrive la realtà di un gruppetto di disperati africani che navigano su una barchetta.
Quello che più colpisce nell’arte di Ai Wei Wei è la presenza non velata delle telecamere (Surveillance Camera with Plint, 2015), strumento utilizzato ovunque dalla censura cinese per controllare gli artisti e tutti i dissidenti che lottano per un Paese libero. L’artista ci ricorda, attraverso una copia di cartone di un paio di manette (Hundcuffs, 2015), che il mondo ha ancora bisogno di uomini e donne che sanno protestare contro le ingiustizie. (Andrea Alamanni)
www.aiweiwei.com
www.proa.org
http://www.proa.org/esp/exhibiciones-proa-actuales.php 

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