04 giugno 2020

Loc Fies 1: un progetto editoriale che è un viaggio a Centrale Fies

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Attraversare i libri in questo momento (e non solo) è stata un’ancora di salvezza. Non tanto per essere trasportate in un altrove, quanto più per le continue aperture che alcuni testi offrono. Aperture capaci di creare uno scarto temporale e che rendono possibile abitare un qui e ora in maniera diversa.

Siamo in Trentino, a Centrale Fies, centro di residenza e produzione delle arti performative contemporanee, un luogo di ricerca sede, anche, di Drodesera – festival di arti perfomative fondato nel 1981 da Barbara Boninsegna e Dino Somadossi.

Ed è proprio durante l’edizione 2019 – Ipernatural – che ho incontrato le pubblicazioni che Centrale Fies ha ideato e realizzato con bruno, libreria, spazio espositivo, studio di grafica e editore con sede a Venezia.

Loc. Fies 1 N 45° 59’ 11.216 – E 10° 55’36.775 è una coordinata, indica un luogo, è un indirizzo, quasi una formula magica; ed è anche il titolo della collana a cura di Virginia Somadossi e Filippo Andreatta in dialogo con Luca Ruali, pubblicata da bruno. Quattro pubblicazioni dedicate a quattro progetti artistici: Il paese nero di Luca Ruali, Live Works a cura di Roberta Da Soller con Simone Frangi, Little Fun Palace a cura di Filippo Andreatta e Salvatore Peluso, The shining reverie of uruly objects di Mali Weil.

 

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Il Paese Nero, Luca Ruali, Loc Fies 1

Le quattro pubblicazioni Loc Fies 1 sono strumenti che partono da un luogo e da un oggetto circoscritto, ma che si allargano come cerchi concentrici del tronco di un albero. In quei cerchi si toccano punti, si raggiungono luoghi e soprattutto persone, soggetti e oggetti apparentemente lontani tra cui scocca una scintilla che può essere temporanea o durare per sempre.

Il luogo fisico di un’istituzione culturale si estende attraverso i progetti e le ricerche che da lì nascono. (…) Pur seguendo ogni singolo progetto bisogna sempre ipotizzare un disegno globale; una tensione fra il punto d’origine e il movimento che si sta compiendo attraverso un determinato progetto. Questa tensione è un punto che definisce un nuovo spazio attraverso il suo movimento; una tensione che localizza l’istituzione attraverso i suoi progetti, questo si legge in ognuna delle pubblicazioni nella descrizione di ciò che stiamo per leggere.

Quando un’istituzione culturale contribuisce a rendere complessa la realtà è un momento felice per tutt*. Un gesto apparentemente naturale, ma non scontato, quello di allargare il pensiero artistico – performativo e teorico – al libro, ricordiamo tra le più riuscite, la serie di How to Build a Manifesto pubblicati da Santarcangelo Festival durante la direzione artistica di Silvia Bottiroli, ma anche i cataloghi espansi delle edizioni di Live Art Week a cura di Xing.

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Little Fun Palace a cura di Filippo Andreatta e Salvatore Peluso, Loc Fies 1

Testimonianza di avventure artistiche e aperture a molteplici connessioni che rendono Loc Fies 1 oggetti performativi. Performativi per come il contenuto viene trattato: si passa dai diari di viaggio della roulotte di Little Fun Palace di OHT, una visione personale e periferica – come scrive Filippo Andreatta – nel racconto di un progetto che si ispira a un’idea mai realizzata dell’architetto Cedric Price e la regista teatrale Joan Littlewood; ai testi che indagano, non a caso, la perfomatività della finzione scritti dagli artisti facenti parte del progetto Live Works, una pubblicazione volutamente incompleta perché traccia di un progetto in atto; alle registrazioni che si fanno parola e immagine per riportare su pagina Il paese nero; alle descrizioni degli oggetti di Mali Weil e al suo intrinseco legame con l’atto performativo, e (quindi) politico.

Performativa è anche la temporalità che attiva la lettura – che è intrinseca del rapporto libro/lettore – ma in questo caso c’è qualcosa di strettamente connesso alla memoria: un narrare progetti artistici (e quindi in un certo senso trasmetterli e archiviarli) come avventure, nel senso di cristallo intemporale che tiene insieme la catena della memoria (…) e nella remembrance, evento e racconto coincidono, come scrive Giorgio Agamben.

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Live Works a cura di Roberta Da Soller con Simone Frangi, Loc Fies 1

I libri sono oggetti complessi che – in alcuni casi – possono essere accostati all’atto performativo, e come tali, osservati e fruiti nella sua interezza. Il libro ha anche una forma, che va considerata nell’esperienza che chi ne fruisce fa dell’opera. Da questo dialogo tra contenuto e contenitore scaturisce qualcosa di magico, quando il dialogo è fruttuoso, si attiva un rapporto che ha un che di erotico tra lettore o lettrice e libro, ne è complice il tatto, ma anche l’olfatto; qualcosa di molto vicino a quel recupero dei sensi, a cui esorta Susan Sontag, in Against Interpretation.

I diversi tipi di carta, l’uso esatto dei colori e delle immagini, gli anelli sulla costa che ricordano delle pubblicazioni scientifiche, rendono Loc Fies 1 oggetti non solo belli da leggere ma anche da esperire. Non la prima incursione di bruno nella pubblicazione di testi riguardanti il panorama performativo, ricordiamo All for all! di Kinkaleri curato da Piersandra Di Matteo.

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The shining reverie of uruly objects di Mali Weil, Loc Fies 1

Dalla scena (espansa) al libro, un’azione che si confronta, anche, con la questione dell’archiviazione e trasmissione dei progetti artistici, tanto affascinante quanto complessa e che richiede una visione formale che si accosta al dispositivo scenico, una sorta di (ri)messa in scena, un cortocircuito che riesce solo attraverso un attento lavoro di cura.

Insieme ai libri anche i luoghi hanno la loro rilevanza. Libri e luoghi costruiscono mappe personali e dalle geografie sconnesse, che implicano incontri con persone, oggetti e desideri. In questo momento i luoghi sono fragili e il disegno di mappe è fermo, riattivarlo attraverso i libri consente un re-enactment di situazioni che ci fanno capire che il disegno è solo in stallo apparente e che i luoghi – specialmente quelli della creazione – sono spazi di resistenza e di lotta capaci di abitare la catastrofe.

 

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