27 marzo 2024

All’inizio della fiera: tutti gli highlights di Art Basel Hong Kong 2024

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242 stand da 10 Paesi, le superstar internazionali, le prime vendite milionarie. La maxi fiera torna al centro congressi di Hong Kong e misura la temperatura del mercato, fin dalla preview

Art Basel Hong Kong 2024
Hauser & Wirth. Courtesy of Art Basel

Ricominciano i giri di giostra, tra le sedi patinate del colosso Art Basel. Prima tappa, Hong Kong (28-30 marzo, preview 26-27 marzo). Sono 242 i booth nell’edizione 2024, arrivano da una parte all’altra del globo; e racchiudono negli spazi del centro congressi HKCEC i grandi nomi dell’art system internazionale, dalle gallerie local a David Zwirner, da Gagosian ad Hauser & Wirth, tutte vestite a festa come ai tempi d’oro, pre-pandemia, tutte sparpagliate tra le sezioni monumentali della fiera. Inclusa Encounters, con le sue installazioni fuori misura, fino a Kabinett, il settore distintivo dell’avamposto asiatico, che solo nel 2023 sbarcava anche nella madre-patria Basilea. Parola d’ordine: spettacolarizzazione. E il meglio dell’arte contemporanea ripetuto come un mantra, nell’avamposto asiatico della regina delle fiere.

E così Victoria Miro, allo stand 1C28, porta ad Art Basel l’Infinity Room di Yayoi Kusama, si intitola Where the Lights in My Heart Go. Uno spazio in cui riflettere sui misteri dell’universo proprio nel cuore del HKCEC – nel concreto: una stanza in acciaio inossidabile di 3 x 10 metri, che sembra abitata da un’intera costellazione. In ottima compagnia con alcuni esempi degli iconici Infinity Net, che fanno le capriole sul mercato secondario – Phillips New York nel 2022 segnava un nuovo record da $ 10,5 milioni. Non a caso, di Kusama è anche il pezzo forte dello stand della Lévy Gorvy Dayan di New York, l’asking price si aggira intorno ai $ 4,8 milioni. Parentesi necessaria: Yayoi Kusama è attualmente in mostra al San Francisco Museum of Art, con Infinite Love (fino al 7 settembre 2024) e alla Tate Modern di Londra con Infinity Rooms (fino al 28 aprile 2024) – a proposito di «fiera come fotografia del tempo presente», tra i leitmotiv preferiti del sistema dell’arte contemporanea. Senz’altro sensazionale.

Salvo, Chiaro di Luna, 2007. Oil on canvas, 150 x 200 cm. Courtesy Mazzoleni, London – Torino

Sono tanti i nomi blasonati tra gli stand di Hong Kong, mentre il recente report di Art Basel e UBS annuncia che la Cina ha superato la Gran Bretagna in termini di vendite annuali ($ 12,2 miliardi contro $ 10,9 miliardi), seconda solo agli imprendibili States ($ 27,2 miliardi). Vedi Jadé Fadojutimi, che vive il suo momento d’oro dopo la sfilza di record fissati a ruota lo scorso novembre, uno dopo l’altro, tra i grattacieli di New York. A Thistle Throb andava per $ 1,7 milioni da Christie’s, Teeter towards me per $ 1,8 milioni da Sotheby’s, a una settimana di distanza Quirk my mannerism passava di mano per $ 1,9 milioni da Phillips. Ad ABHK 2024 è Takaishii Gallery a rappresentare la giovane pittrice britannica, mentre la sede di Kyoto le dedica il solo show Connecting in silence. A proposito di nomi milionari: c’è anche la nuova superstar italiana, Salvo, al secolo Salvatore Mangione, tra i pezzi di punta dello stand di Mazzoleni, un iconico Chiaro di luna datato 2007 – un santuario innevato, il paesaggio silenzioso, enigmatico, onirico. «Siamo felici di tornare ad Art Basel Hong Kong per questa nuova edizione della fiera», rivela a exibart Mazzoleni, con sedi tra Londra e Torino. E già alla fine della prima giornata di preview segnala «una notevole affluenza di pubblico, VIP selezionatissimi “First Choice” e numerosi collezionisti»; e le prime vendite che riguardano, guarda caso, anche alcune tele fiabesche di Salvo, che proprio a Hong Kong, a novembre, infrangeva il tetto dorato del milione.

Prossima fermata, un gigante sulle spalle di un gigante: è Untitled III di Willem de Kooning, anno 1968, a portarlo sotto i riflettori dei collezionisti è la mega galleria Hauser & Wirth, che proprio a Hong Kong, a fine gennaio, inaugurava una nuova sede al piano terra di 8 Queen’s Road Central. È andato venduto proprio subito, il primo giorno di preview, per la cifra monstre di $ 9 milioni (non stupisce: nel 2018, nei tempi d’oro pre-pandemia, un monumentale De Kooning del 1975 finiva venduto alla velocità della luce per $ 35 milioni nello stand di Lévy Gorvy). Saltano ancora più all’occhio quelle tracce di colore, ora che la super mostra alle Gallerie dell’Accademia dedicata all’espressionista astratto è prossima all’apertura – l’opening è fissato nella settimana inaugurale della Biennale, a metà aprile, sotto la curatela di Gary Garrels e Mario Codognato. Altri numeri degni di nota: The Desire di Philip Guston, sempre da Hauser & Wirth, ha trovato un acquirente per $ 8,5 milioni. Mentre da Xavier Hufkens la richiesta per un Milton Avery si aggira intorno a $ 1,6 milioni.

Hauser & Wirth. Courtesy of Art Basel

«Per questa edizione di Art Basel Hong Kong», rivela a exibart Peres Projects, con le sue sedi tra Berlino, Seoul e Milano, «ci aspettiamo che i collezionisti, i curatori e l’intero settore vengano con la mente aperta a scoprire nuove cose». Occhi puntati, tra gli altri, su una potente scultura di Yves Scherer: «È una sorta di Afrodite in onice rosa massiccio», commentano ancora dal booth. «Abbiamo una mostra personale delle sue opere a Seoul al momento e ci sono un paio di altre opere, che sono così belle, sognanti e piene di speranza che per noi rappresentano le cose di cui abbiamo più bisogno in questo momento dall’arte. Abbiamo bisogno di bellezza. Abbiamo bisogno di pace e di comprensione. Non c’è niente di meglio dell’arte per aiutare l’animo umano a raggiungere il suo pieno potenziale, e pensiamo di aver portato qui un’opera che sarà in grado di fare esattamente questo». Restiamo a guardare.

Tanti i Millennials che invadono la fiera, tanti anche i giovanissimi, che dettano i trend, che dettano nuove selezioni nei booth. Intanto l’austriaco Thaddeus Ropac mette insieme dipinti e opere su carta di Sean Scully con vari lavori di Gerhard Richter, nello stand 1C14. «Insieme», dicono dalla galleria, «questi artisti visionari accendono un dialogo precedentemente inesplorato che affronta le loro biografie uniche e le influenze artistiche, politiche e ideologiche che li hanno portati a diventare due degli artisti più singolari del XX e del XXI secolo». Preme forte l’acceleratore verso Est Ropac: non a Hong Kong, ma a Seoul, dove nel 2021 apriva la sua prima sede fuori dal continente, dopo gli avamposti europei di Salisburgo, Londra e Parigi. A Seoul, che insieme a Hong Kong e Singapore si contende lo scettro come nuovo – e stabile – hub per l’arte in Oriente. Vedi alla voce Frieze Seoul a settembre, vedi alla voce Art SG a gennaio. Ma questa è un’altra storia.

Rosenquist, The Serenade for the Doll after Claude Debussy, Gift Wrapped Doll #8, 1992. © 2024 James Rosenquist, Inc. / Licensed by Artists Rights Society (ARS), NY. Used by permission. All rights reserved. Courtesy of Kasmin, New York

Altri nomi a zig zag. La newyorkese Kasmin espone tra gli altri le sculture oniriche dei francesi Lalanne, un altro dei nomi monstre sui rostri delle aste internazionali – lo scorso ottobre, da Christie’s Parigi, François-Xavier Lalanne fissava un nuovo record mondiale a quota € 18,3 milioni, mentre una grande mostra personale firmata da Les Lalanne è già in programma da Kasmin, a New York, il prossimo aprile. Poi ancora Bosco Sodi, Robert Motherwell, Sara Anstis, Lyn Liu, che condividono lo spazio con l’icona della Pop Art James Rosenquist, in un dialogo intergenerazionale in scena al booth 3D21.

Tante le gallerie italiane (e con sedi in Italia) presenti all’appello, dalle già citate Mazzoleni e Peres Projects alle giganti MASSIMODECARLO e Galleria Continua, passando per Alfonso Artiaco, Cardi Gallery, Galleria d’Arte Maggiore G.A.M., Francesca Minini, Massimo Minini, Franco Noero, Tornabuoni Art, Lorcan O’Neill. Al booth 1C38 Umberto Di Marino espone Pinned, gli oggetti di scarto, i disegni, i ritagli e gli acquerelli ad opera di Eugenio Tibaldi, dove «la figura dell’uomo si eclissa per lasciare il posto a uccelli allegorici, che portano tra gli artigli e le zampe vizi e abitudini, perversioni e desideri».

Amadeo Luciano Lorenzato, Sucata, 1979. Oil on hardboard, óleo sobre eucatex, 63.1 x 46.7 cm. Courtesy of the artist and Mendes Wood DM, São Paulo, Brussels, Paris, New York. Photo credit: EstudioEmObra

Una parentesi a parte la merita la galleria brasiliana Mendes Wood DM, con sedi sparse tra San Paolo, Bruxelles, Parigi e New York. Fra i nomi in scuderia, menzione d’onore per due protagonisti della 60esima Biennale di Venezia, in scena tra un paio di settimane: una scultura lirica di Julien Creuzet, che rappresenterà la Francia, e il pittore brasiliano Amadeo Luciano Lorenzato, che semplificava in forme geometriche la poesia del quotidiano. «Una forma di sopravvivenza spirituale», perfettamente in linea con il tema della Biennale Arte 2024, Stranieri Ovunque, tra artisti rifugiati, outsider, queer. Gioca d’anticipo anche Lehmann Maupin, che punta i riflettori, tra gli altri, sull’artista coreano Kim Yun Shin: anche le sue opere saranno incluse nel programma di Foreigners Everywhere, la Biennale di Adriano Pedrosa – già prontissima a riverberarsi sui trend del mercato internazionale. A Hong Kong, un ottimo assaggio di quello che sarà arriva da Add Two Add One Divide Two Divide One 2002-737, del 2002, e Song of My Soul 2008-64. A proposito di sistema dell’arte, dove tutto è concatenato, in un abbraccio sempre più complice tra fiere, case d’aste e gallerie.

È quasi tempo di apertura al grande pubblico, sotto il cielo di Hong Kong.
Un ferry boat attraversa le acque da Tsim Sha Tsui all’HKCEC come fosse un portale, un transito obbligato verso una nuova dimensione.
Oltre 200 le uova colorate di teamLab disperse tra le onde, oltre tre metri di altezza ciascuna, il maxi schermo della M+ Facade sempre in movimento, i riflessi di Yang Fudong frantumati come scaglie nelle acque del Victoria Harbour.
Inizia la fiera.

Art Basel Hong Kong 2024
KIM YUN SHIN, Song of My Soul 2008-64, 2008. Oil on canvas. 100 x 80 cm. Courtesy the artist, Lehmann Maupin, New York, Seoul, and London; and Kukje Gallery, Seoul and Busan

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