08 giugno 2018

Se il Fisco e’ la regola, l’arte fa eccezione?

 

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Partiamo da un dato: il mercato delle opere d’arte è più vivo di quello immobiliare e azionario. Si pensi ad esempio che l’arte contemporanea nel solo 2017 ha generato un giro d’affari di oltre un miliardo e mezzo, in Italia, con un aumento del 3,2% rispetto all’anno precedente. 
Aggiungiamoci che, secondo i militari della Guardia di Finanza – Nucleo tutela del patrimonio artistico ed archeologico, “ci sono parecchie smagliature nel funzionamento del mercato dell’arte”. 
Potremo ben immaginare come sia semplice che la cessione di un’opera d’arte finisca presto sotto i riflettori dell’Amministrazione Finanziaria.
Del resto, che il Fisco italiano avesse una passione per l’arte lo si era già capito dal fatto che, nella lista dei cento beni e consumi utilizzata dalla Sogei (il braccio armato informatico dell’Agenzia delle Entrate, ndr) per i propri controlli, ci sono le auto di lusso, gli aerei privati, le imbarcazioni di una certa dimensione. E ci sono le opere d’arte che però non sono bene di lusso ma bene culturale per tutto il resto del mondo dove, infatti, l’iva va dal 4% della Danimarca al 10% degli Stati Uniti e della Francia…cioè equiparate ai libri. Per questo motivo, per evitare che chiunque venda un’opera d’arte venga additato alla pubblica gogna come il più incallito degli evasori, cerchiamo di fare un po’ di chiarezza e cominciamo con il distinguere la figura del collezionista da quella del mercante d’arte. Il primo acquista e vende opere d’arte per sé, i suoi guadagni non sono da sottoporre a tassazione e, quindi, da dichiarare al Fisco. Il secondo, al contrario, acquista abitualmente opere d’arte per rivenderle e trarne profitto: svolge quindi un’attività d’impresa a tutti gli effetti che, in quanto tale, assume rilevanza per l’Amministrazione Finanziaria.In linea generale, il Fisco italiano si disinteressa della cessione di opere d’arte e permette l’esenzione fiscale sui guadagni, almeno fino a quando chi vende l’opera non assuma le caratteristiche dell’imprenditore. Ma chi é l’imprenditore?
Per la giurisprudenza c’é attività d’impresa quando:
– l’attività di compravendita ha carattere continuativo;
– il giro d’affari realizzato attraverso le cessioni e’ notevole;
– mancano altre fonti di reddito del collezionista che possano giustificare l’ammontare degli accrediti sul conto corrente;
– vi è ridotta distanza temporale tra l’acquisto e la successiva rivendita dei beni;
– risultano rilevanti, dal punto di vista economico, le singole cessioni;
– chi compie l’operazione dimostra una comprovata esperienza nel settore;
– quando vengono compiuti uno o più atti intermedi volti ad incrementare il valore del bene in vista di una successiva rivendita.
Di contro, il numero delle operazioni compiute e l’ammontare delle stesse non sempre sono rilevanti ai fini della tassazione: non bisogna infatti mai tralasciare le modalità e la finalità delle varie compravendite, perché la generica attività di vendita di un bene risulta soggetta ad adempimenti di natura formale (contabile, fiscale, contributiva) solo qualora venga realizzata in via professionale e abituale, quindi con regolarità, sistematicità, ripetitività degli atti economici per il raggiungimento di uno scopo.
Nessun allarmismo, dunque, solo un po’ di attenzione perché, a dispetto di quello che pensa qualcuno, non è vero che le uniche opere d’arte in Italia sono le dichiarazioni dei redditi. 
Nicola Ricciardi 

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