24 novembre 2014

The wolf of Sotheby’s

 

di

Dopo quattordici anni al timone, Bill Ruprecht lascia il suo posto di CEO e presidente di Sotheby’s, ufficialmente di comune accordo con la compagnia, ma è cosa nota che fosse reduce da mesi di pressioni costanti. 
Arrivato da Sotheby’s negli anni ’80, aveva ottenuto nel 2000 la nomina di presidente, e dopo anni di rispettosa carriera è finito sotto gli attacchi di Dan Loeb, fondatore dell’hedge fund newyorchese Third Point, che ne ha più volte criticato lo stile manageriale troppo poco al passo coi tempi. Loeb oltre ad essere un magnate della finanza, è anche un appassionato collezionista: pare sia lui il compratore di un Rothko, venduto per 46 milioni di dollari nel novembre 2013 da Christie’s, ed il proprietario di una ricca collezione del tedesco Martin Kippenberger. Dopo le prime manifestazioni di interesse nei confronti della casa d’aste e varie dichiarazioni controverse – paragona Sotheby’s ad un “dipinto di un antico Maestro dal disperato bisogno di essere restaurato” – Loeb, lo scorso maggio ha ottenuto tre posti nel board di Sotheby’s, di cui uno per se stesso. 
Di pochi giorni fa la notizia delle quasi forzate dimissioni di Rupercht, più volte richieste da Loeb, che lascerà il suo posto solo dopo aver accompagnato il sostituto alla sua poltrona, per rendere il passaggio il meno doloroso possibile per la compagnia. 
Sembra chiaro che l’interesse di un manager di fondi speculativi nei confronti di una realtà come quella di Sotheby’s sia legato alle potenzialità di connessioni con venditori e compratori, e forse Loeb vuole che la casa d’aste capitalizzi questa posizione centrale. Tutte da analizzare sono le possibili conseguenze che questo cambio di guida potrà portare, fino alla possibilità di privatizzare la casa d’aste. Intanto alla notizia delle dimissioni il titolo di Sotheby’s è già salito del 9 per cento. Per la gioia degli speculatori. 

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