07 aprile 2023

Andrea Fogli in mostra al Museo Duca di Martina, un dialogo vivo tra opera e contesto

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La raffinata mostra di Andrea Fogli al Museo Duca di Martina e una serie di progetti in altri luoghi di Napoli danno occasione di riflettere sul dialogo tra opere d’arte e contesti espositivi

Andrea Fogli, Bosso

In questa stagione di mostre 2022-2023 a Napoli, sembra che finalmente, nella gestione della cultura artistica, abbia preso corpo un’intelligente impostazione metodologica tesa a stimolare la valorizzazione reciproca fra contesto d’inserimento e contenuto del tema della proposta espositiva, invece di limitarsi a banali e indifferenti collocazioni.

Già un evento per certi versi minore, come la presentazione del ripristino/restauro di My dreams they’ll never surrender, il campo di grano sotterraneo “cresciuto” nella grande Cisterna di Castel Sant’Elmo, cioè il lavoro site specific realizzato nel 2014 dal giovane Gian Maria Tosatti per il concorso Un’Opera per il Castello, ha configurato una modalità di ancor maggior radicamento dell’opera nel luogo, grazie all’apertura al pubblico dell’antico cunicolo di accesso alla cisterna. Infatti, con l’avvicinamento e la possibilità di percepirne il valore di opera “viva”, in quasi naturale continua trasformazione, a dispetto dell’antica funzione di carcere per prigionieri, si è svelato un senso più intenso sia dell’intervento che di quel cuore buio e profondo della fortezza, consentendo un coinvolgimento emotivo ben superiore a quello precedente dato dalla sola osservazione dall’alto di una feritoia.

Gian Maria Tosatti, My dreams they’ll never surrender

Anche la scelta di esporre la splendida mostra “Gli Spagnoli a Napoli. Il Rinascimento meridionale” curata da Riccardo Naldi e Andrea Zezza al Museo e Real Bosco di Capodimonte, nella Sala Causa, ha valorizzato come mai prima le caratteristiche di quello spazio, quasi una cripta, perfetta e suggestiva ambientazione di un accorto allestimento di capolavori poco conosciuti di un periodo finora riposto e tutto da scoprire, anche grazie al confronto tra le cosiddette “arti sorelle”, pittura e scultura, esemplarmente rappresentate in un dialogo intimo e stimolante nell’intensa predominanza dei soggetti religiosi.

Gli Spagnoli a Napoli. Il Rinascimento meridionale, veduta della mostra, Museo e Real Bosco di Capodimonte, 2023, Napoli

Alla Certosa e Museo di San Martino, in una sala che è un piccolo diamante che accoglie il riflesso di tutte le prospettive panoramiche del golfo di Napoli e del Vesuvio, nella mostra di Ferruccio Orioli “De Vesevi rebus”, si stabilisce un magico rimando fra il paesaggio e le sue tempere, attualizzazione dell’antica tecnica partenopea della gouache, rappresentata con grande dovizia nel museo, nella dimensione documentaria quasi di un regesto dal geografico al meteorologico dell’interferenza del prodotto umano con l’immagine dello “Sterminator Vesevo” e dell’invadenza dello “sterminator progresso”.

Ferruccio Orioli, VISTA DA 179° 39, omaggio a Jannis Kounellis

A Palazzo Reale, per presentare il ripristino e il restauro del collegamento tra il Cortile d’Onore e il Cortile delle Carrozze ribattezzato “Androne delle Carrozze”, l’originario passaggio per gli equipaggi dei reali borbonici poi ridotto a buio deposito, è stata allestita la mostra documentaria “Palazzo Reale: danni di guerra e restauri. Una storia per immagini dal 1943 agli anni Cinquanta” curata da Stefano Gei e Antonella Delli Paoli, in forma di percorso ragionato delle vicende distruttive dell’ultimo evento bellico degli stravolgenti adattamenti dell’occupazione alleata e dei successivi recuperi e restauri del grande complesso monumentale reggia e teatro San Carlo.

Palazzo Reale: danni di guerra e restauri. Una storia per immagini dal 1943 agli anni Cinquanta

Diario delle 365 Figure, la mostra di Andrea Fogli al Museo Duca di Martina

E dunque, ora, al Museo Duca di Martina, in Villa Floridiana, questa mostra di Andrea Fogli, “Diario delle 365 Figure”, fino al 30 luglio, curata da Marta Ragozzino, direttrice della Direzione regionale Musei Campania, costituisce l’ultimo tassello esemplare di questo modo di operare finalizzato ad ampliare lo spettro di approfondimento sia della mostra temporanea che del contesto artistico storico nel quale essa si colloca.

Museo Duca di Martina, ph. Luciano Basagni

Il senso di installare la mostra proprio in questa sede è infatti duplice: da una parte rendere, nel confronto, più chiaro il percorso di trasformazione storica dello strumento ceramica/porcellana e la sua continuità quasi circolare – come non cogliere il messaggio di queste opere evocativo dei reperti protostorici e della ceramica arcaica –; dall’altro chiarire l’ispirazione e il metodo adottato da Fogli, nella scelta particolare di opere per questa mostra – oltre alle figure in terracotta e in argilla cruda, l’erbario, gli schizzi – tesa a estrarre ed esaltare tutti i valori racchiusi in questo piccolo gioiello museale: oggetti, natura, risonanze storiche.

Aggirarsi fra le teche, tutte attentamente illuminate, alcune solo con i suoi lavori altre con una suggestiva mescolanza con le opere del museo chiaramente leggibili, rivela la dimensione fantasmatica di questi oggetti più o meno piccoli, affastellati come un popolo di anime o di teste sofferenti, turbate e conturbanti che sottilmente penetrano nella rete di quelle sensazioni contemporanee provenienti dall’attuale fase di disagio emotivo e cognitivo.

In questa mostra un po’ anomala risulta anche evidente il valore speciale scaturito dall’incontro fra l’artista e Marta Ragozzino e dall’integrazione fra le specifiche competenze nelle diverse fasi dell’esperienza: dall’aver scelto Andrea Fogli come interlocutore di un simile progetto, all’individuazione e costruzione delle varie sezioni molto peculiari. Fra queste figura anche il tema del paesaggio e della natura interpretato nei disegni dell’Erbario Planetario realizzati dall’artista nel parco del museo insieme a giovani studenti e nelle vecchie cartoline di paesaggio ridipinte e viene richiamato dalle “Figure silvane” le terre cotte plasmate dall’artista nel suo studio all’aperto nella campagna umbra, presentate in un allestimento fortemente caratterizzato da dialogo e integrazione con i diversi manufatti delle sale del museo.

Dente di leone, Soffione

Di tanto, nella presentazione al pubblico, hanno dato narrazione il vivace dialogo fra i due protagonisti, il racconto accurato dell’esperienza personale vissuta dall’artista di ripiegamento e isolamento per le vicende della pandemia e la descrizione della genesi delle opere. Tutto peraltro riportato nel particolareggiato materiale informativo a disposizione dei visitatori che è opportuno consultare per una visita ragionata della mostra.

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