17 dicembre 2022

Bruna Esposito, Con questi chiari di luna – Museo Madre

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Per la sua mostra personale al Museo Madre di Napoli, Bruna Esposito disvela i messaggi/linguaggi sempre contemporanei, dietro ai proverbi popolari

Bruna Esposito, Con questi chiari di luna, veduta della mostra, Museo Madre, Napoli, 2022, ph. Amedeo Benestante
Bruna Esposito, Con questi chiari di luna, veduta della mostra, Museo Madre, Napoli, 2022, ph. Amedeo Benestante

C’erano una volta i cosiddetti saggi del paese. Proverbi, modi di dire e detti popolari sono un’importante testimonianza non solo linguistica ma di tutto quel che resta, della memoria etnografica. La saggezza popolare, infatti, è portatrice di un codice di comportamento, dell’identità di una comunità ed è espressione della cultura e delle tradizioni di un territorio. Non sorprende quindi che un’artista come Bruna Esposito (Roma, 1960) abbia tratto ispirazione proprio da diverse espressioni tipiche, per alcune sue opere attualmente in mostra al Museo Madre di Napoli.

“Con questi chiari di luna”, a cura di Benedetta Casini, diventa un’occasione per dare una veste attuale a queste forme di linguaggio in divenire, quasi a volerne ribadire l’immortalità. Il fatto che non ci sia un’unica interpretazione, rende questa formula perfettamente adatta a descrivere, anche con una certa amara ironia, quelli che potremmo definire i nostri “tempi moderni”. Tra le opere in mostra una produzione eterogenea degli ultimi 20 anni, vissuti tra New York, Berlino e Roma.

Bruna Esposito, Con questi chiari di luna, veduta della mostra, Museo Madre, Napoli, 2022, ph. Amedeo Benestante

Una poetica dell’equilibrio instabile, con accenni all’infanzia, rielaborazioni di una dimensione intima e affettiva che scava nel ricordo personale e una sensibilità militante dell’artista, nell’utilizzo di materiali organici e di scarto, che mostra con rigore la sua dichiarata posizione ambientalista.

Perla a piombo, all’inizio del percorso, è un po’ un punto di partenza. Esposta per la prima volta all’Arsenale, per la Biennale di Venezia del 2005, è stata l’opera più piccola mai esposta all’interno della prestigiosa rassegna. Nonostante venga ribadito il concetto della gravità, insito nella natura dello strumento del filo a piombo utilizzato nell’edilizia, viene posta una perla, come un contrappunto, arricchendo l’oggetto di nuovi significati, ambivalenti.

Proseguendo, la luce di una lampada illumina dei libretti: le toccanti poesie di Paola d’Agnese, da cui spuntano dei foglietti dorati. Queste composizioni sulla perdita, gli addii e le attese, accompagnano, quasi preparandone la visione, all’opera Oro colato (62esima edizione del Premio Termoli), un’amaca “di salvataggio” che sembra emergere dal fondo della sala, che conserva in sè la memoria collettiva di una scena drammaticamente reale/attuale. La coperta isotermica che protegge degli aghi di pino, è infatti la stessa che viene solitamente usata per stabilizzare la temperatura corporea dei migranti salvati dal mare, ma è qui rivestita da uno strato ‘d’oro colato’, alludendo al potere di proteggere gli aspetti più fragili delle nostre esistenze.

Bruna Esposito, Con questi chiari di luna, veduta della mostra, Museo Madre, Napoli, 2022, ph. Amedeo Benestante

Nei lavori “In teca” tre, due, una buccia di cipolla, fragilissime, giacciono sul fondo, al sicuro, di teche in legno verniciato dai colori monocromi. Elementi naturali, esposti scenograficamente come una natura morta, sembrano bloccati nel tempo, come in una fotografia. In realtà, la loro bellezza è effimera come la sorte dalla quale dipendono, una volontà esterna potrebbe aprire le teche e farle volare via.

«Di solito i quadri sigillati sotto vetro mi sono sempre apparsi come congelati e inaccessibili. Le teche spero che accorciano la distanza tra l’opera e chi la osserva. Spero venga raccolto e accolto lo sguardo».

E come restare indifferenti davanti al dialogo in sordina di Sassi, seggiole e sonagli. Un’inesorabile metafora del tempo, resa nell’immagine conviviale ed universale di due vecchie sedie piene di sonagli sugli schienali, che fanno pensare alla commedia pirandelliana, filosoficamente interpretata da De Filippo. Sullo sgabello, un ammasso di sassi riporta ad una simbologia complessa ma che suggerisce un aspetto forse ludico.

Alla Biblioteca Nazionale di Napoli sono custoditi alcuni capolavori della letteratura italiana, tra cui anche gli idilli di Leopardi. Bruna Esposito nel 2018 realizza un video in bianco e nero de L’infinito di Leopardi nella lingua dei segni, in mostra a metà percorso. L’incipit “Sempre caro mi fu quest’ermo colle” ha accompagnato i percorsi scolastici di generazioni di studenti, un inno nazionale della poesia che Esposito traduce in una lingua diversa, non accessibile da tutti ma che, nella gestualità della performer, conserva quella solitudine e quel silenzio che rimanda a un sentimento di infinito comune all’essere umano.

Bruna Esposito, Con questi chiari di luna, veduta della mostra, Museo Madre, Napoli, 2022, ph. Amedeo Benestante

C’è come un sottile riverbero, tra le parole non pronunciate e una percezione disturbante nella serie Occhi dell’ultima sala in mostra. Occhi giganti ti guardano, ma senza guardarti davvero. Quando muiono, gli occhi dei pesci, non avendo le palpebre per chiuderli, restano aperti, in questo modo lo sguardo impresso su plexiglas diventa un mezzo per clonare una simbologia intrisa di significati arcaici e mistici. Infine, dalle finestre si vede un’Ape piaggio, dal titolo Paesaggio Mediterraneo. Parcheggiata nel cortile interno del museo e pensata per questo spazio, la vediamo da ogni stanza, durante il percorso, ma è solo avvicinandoci che ne riconosciamo il valore, familiare.

La mostra di Bruna Esposito al Museo Madre di Napoli sarà visitabile fino al 9 gennaio 2023.

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