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Da non perdere alla Biennale Architettura 2025: il Padiglione Paesi Nordici
Mostre
di Zaira Carrer
«Nel calore e nella luce di un’estate veneziana, all’interno del corpo di cemento del Padiglione Paesi Nordici, ho riflettuto su ciò che desidero distruggere: il modo in cui l’architettura modernista sostiene ideali di corporeità essenzialista, intatta e igienica; impone categorie identitarie rigide; e perpetua la brama petromodernista per il puro e il nuovo, una brama che può essere soddisfatta solo attraverso una produzione e un consumo sempre più rapidi e intensi.
Attraverso il dispositivo del Padiglione Nordico, metto in discussione il modo in cui i corpi sono plasmati dall’architettura, facendo eco alla mia esperienza personale di vita in un corpo trans in una società in cui gli ideali modernisti ancora prevalgono. Non possiamo semplicemente respingere gli ambienti modernisti. Ci hanno modellato, hanno influenzato i nostri corpi e ciò che siamo. Ora dobbiamo scoprire modi differenti di relazionarci con essi».

Con queste parole l’artista finlandese Teo Ala-Ruona ci introduce alle complesse e delicate questioni alla base di Industry Muscle: Five Scores for Architecture, esposizione a cura di Kaisa Karvinen presentata al Padiglione Paesi Nordici nel contesto della 19. Mostra Internazionale di Architettura della Biennale di Venezia.
Partendo dalle riflessioni del filosofo Paul B. Breciado su come gli edifici che ci circondano influenzino il nostro modo di pensare e di comportarci, l’artista ragiona su come l’architettura modernista tramandi valori di purezza e una tendenza alla categorizzazione che mal si sposano con una concezione più fluida del nostro corpo. Ala-Rouna, perciò, si insinua negli intatti spazi del padiglione e, attingendo alla sua esperienza di persona trans, propone strategie e spunti per ripensare queste architetture intonse.

In particolare, Industry Muscle si sviluppa attraverso cinque scores: partiture che fungono da stimoli critici. Le partiture, normalmente utilizzate nell’arte performativa come istruzioni per un performer, vengono qui applicate per immaginare un’architettura del futuro, orientata verso impurezza, decategorizzazione, performance, tecno-corpo e riutilizzo. Ciascuna di queste “partiture” si concretezza, all’interno del Padiglione, in un intervento artistico.
Impurity, ad esempio, si traduce in una scritta di una arancione acceso che appare —a caratteri cubitali— sulle mura di vetro del padiglione. Nella storia, raramente il corpo trans è rientrato nelle definizioni di purezza così care all’architettura modernista e al pensiero moderno: Ala-Rouna mira perciò a proporre un’alternativa, incrinando la nitidezza del vetro della costruzione ai Giardini.

Interessante è anche l’installazione pensata per il quinto score: Reuse è una macchina d’epoca trafitta da due pilastri in cemento e una lastra di metallo, che insieme danno vita ad un palcoscenico post-industriale, utilizzato nei giorni di apertura della Biennale come vero e proprio spazio per performance. L’artista, con questo lavoro, punta i riflettori su un altro aspetto essenziale per l’architettura modernista: la sua dipendenza dall’estrattivismo e dai carburanti fossili. Ala-Ruona mostra invece come il ri-uso, il corpo ibrido, possano fungere da valida alternativa per un’architettura del futuro, fatta di di ibridazioni e riutilizzi, di contaminazioni e materiali riciclati.
Ciò che è più interessante è che, in questo suo insieme di interventi, Ala-Ruona non solo interroga la struttura storica del padiglione, ma richiama un tema più ampio: il corpo non è mai neutro, l’architettura non è mai neutra, e la storia che ci ha plasmati non può essere semplicemente cancellata —si fa carne e sistema attivo. Dobbiamo piuttosto imparare a convivere con essa, a riplasmarla, a dialogare con le sue contraddizioni.















