28 agosto 2025

Due mostre, un dialogo sulla pittura: Selene Cardia e Paolo Bini alla Galleria Artiaco

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Alla Galleria Alfonso Artiaco di Napoli una doppia mostra personale di Selene Cardia e Paolo Bini, due ricerche pittoriche in dialogo sull’astrazione contemporanea

Paolo Bini, Nient’altro che pittura, veduta della mostra, Galleria Alfonso Artiaco, Napoli, 2025
Paolo Bini, Un rosso rinnovato, 2025, acrilico e pigmenti su tela, 140 x 190 cm, ph Danilo Donzelli, Courtesy Alfonso Artiaco, Napoli

Nella Galleria Alfonso Artiaco, fino al 6 settembre 2025, presso la nuova sede in piazza dei Martiri a Napoli, nelle due sale espositive, si presenta un discorso nitido sull’astrazione contemporanea di due giovani artisti. La doppia mostra personale Chiodi d’ambra, di Selene Cardia, e Nient’altro che pittura, di Paolo Bini, racchiude ciò che si può definire una conversazione unitaria sulla separazione, sulla scissione del visibile da ciò che è figura per una pura condizione sensitiva, intuitiva e mnemonica di quello che il nostro spirito è in grado di ricostruire tramite la percezione.

Figurativo, figurale e astrattismo sono termini che nella pittura, in particolare, determinano indirizzi compositivi e sono stati, nei secoli, le tappe di evoluzione più significative delle arti visive, quei momenti che hanno mostrato il grado di evoluzione nel descrivere e comunicare il mondo circostante, per lo più della cultura occidentale. Gli artisti, gradualmente, hanno iniziato a interpretare i vari stadi di espressione visiva secondo una crescente libertà individuale, divenuta poi sociale, della condizione umana nel creato: da una fase di comunicazione alquanto passiva, per esempio, con la rappresentazione figurativa di un immagine, parallelamente o in periodi storici successivi, si è passati a delineare in maniera figurale, inerente sempre a soggetti zoomorfi, antropomorfi o fitomorfi, rappresentazioni sempre più legate all’immaginario soggettivo e non vincolato da configurazioni realistiche oppure naturalistiche.

Tale percorso culmina con l’abbandono totale della figurazione per una rappresentazione esclusiva delle forme geometriche, delle linee e del colore, in molti casi, non vincolato in nessuna struttura compositiva, libero da qualsiasi vincolo “burocratico” della norma. Questa circostanza storica viene definita astrazione e procede a rendere visibile quel vissuto esteriore ed interiore che, fino a un determinato momento, si è potuto rappresentare solo con la parola, la scrittura, la musica e il pensiero, almeno nella dimensione e nell’arte cristiano-occidentale.

Selene Cardia, Chiodi d’ambra, 2025, ph. Danilo Donzelli, courtesy Alfonso Artiaco, Napoli

Appena entrati in galleria, infatti, seguendo il corridoio, abbiamo sulla destra una sala, sulle cui pareti sono allestite tre pitture della giovane artista sarda prodotte per questa sua prima personale. Il titolo della mostra, Chiodi d’ambra, cita un verso contenuto in Le mille e una notte che afferisce alla forza penetrante e fissante del chiodo che giacché è d’ambra modera la sua violenza in quanto colore: elemento che identifica come esperienza ciò che potrebbe restare solo un solco lacerato.

Selene Cardia, Chiodi d’ambra, 2025, ph. Danilo Donzelli, courtesy Alfonso Artiaco, Napoli
Selene Cardia, Chiodi d’ambra, 2025, ph. Danilo Donzelli, courtesy Alfonso Artiaco, Napoli

In effetti i tratti pittorici e materici della composizione, che creano una sequenza fortemente dinamica, quasi esplosiva, vengono moderati ed equilibrati dalla cromia cangiante e impastata delle terre scure e degli arancio che dinamicamente inglobano in una sensazione d’ambra la forza, energica ed espressiva, dell’atto compositivo.

Selene Cardia, Chiodi d’ambra, veduta della mostra, Galleria Alfonso Artiaco, Napoli, 2025
– Selene Cardia, Ti penso, non ti penso II, 2025, olio su tela, 150 x 100 cm, ph Danilo Donzelli, Courtesy Alfonso Artiaco, Napoli

Ti penso, non ti penso, titolo delle opere, afferma la volontà stessa di trattenere o solamente imprimere una sorta di reminiscenza, ciò che è stato, ciò che è, ciò che sarà come ipotesi percettiva, alla stessa maniera del chiodo e dell’ambra. Così come descritto nel testo di presentazione della mostra: «I quadri si aprono come soglie verso luoghi non vissuti ma evocati: un giardino, un deserto, un mare che non si mostra mai del tutto. Questi spazi segreti non si offrono alla vista, ma si insinuano lateralmente, come reminiscenze o premonizioni. La pittura, allora, non illustra: custodisce».

Paolo Bini, Nient’altro che Pittura, 2025, ph. Danilo Donzelli, courtesy Alfonso Artiaco, Napoli
Paolo Bini, Nient’altro che Pittura, 2025, ph. Danilo Donzelli, courtesy Alfonso Artiaco, Napoli

Dopo essere usciti dalla stanza e avanzando per il corridoio, sulla nostra sinistra entriamo in un’anticamera che è d’ingresso e preparazione alla mostra di Paolo Bini, alla prima personale alla galleria Artiaco. L’opera che ci accoglie è il preludio al linguaggio dell’artista salernitano che, anche preservando il suo essere, evolve, nella sala successiva, il livello percettivo e partecipante dell’osservatore, portandolo in una fitta verticalità che non si esaurisce nel profondo infinito. Abbiamo, infatti, una penombra micacea intrisa di luminosità che ci offre la possibilità di osservare la permanente serenità, su fasce larghe e orizzontali, e ci è concesso di comprendere dove l’abbiamo sentita, non imponendoci l’immagine eppure penetrando in essa.

Paolo Bini, Nient’altro che Pittura, 2025, ph. Danilo Donzelli, courtesy Alfonso Artiaco, Napoli

Ma è verso il grande salone che ci accorgiamo della nuova ricerca che antepone la verticalità della linea pittorica al nastro piano, difatti il fitto tratto, che è in prevalenza rosso, bianco, blu, regola una tensione affastellata che ci fa addentrare in una infinità di visioni che non ci occludono la percezione, ma tessono molteplici luoghi, momenti, spazi.

Il tempo scorre veloce nei nostri pensieri, sollecita ricordi, esplora esperienze vissute sia mentalmente, sia fisicamente, non è solo uno stato d’animo è un viaggio organico, fisico, che penetra finché vogliamo percorrere l’intricato sentiero. E la stessa frenesia pittorica, che sembra istintiva ma mantiene un’efficacia organizzativa che alleggerisce la superfice compositiva restituendo l’equilibrio del pensiero sulla voracità emotiva, è presente allo stesso modo nella composizione orizzontale, Silenzioso rivela.

Paolo Bini, Nient’altro che Pittura, 2025, ph. Danilo Donzelli, courtesy Alfonso Artiaco, Napoli

Alla fine del percorso, quando l’instabilità vibrante dell’esperienza esistenziale attuale, presente anche in Cardia, sembra averci disorientato e in un certo senso anche scosso, si ritorna nella serenità del blu che si dipana a fasce ordinate, riportandoci su quell’orizzonte di pura luce riverberante che tanti animi quieta, immergendoci nella grazia del creato: d’altronde, Paolo Bini ha mutato il paesaggio in stati esistenziali dove la luminosità perpetua riaffiora sempre dall’assoluta penombra.

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