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Graphic Japan: a Bologna un racconto stratificato della storia della grafica giapponese
Mostre
Curata da Rossella Menegazzo – di recente responsabile del settore culturale del Padiglione Italia all’Expo di Osaka – insieme a Eleonora Lanza, Graphic Japan porta a Bologna una delle studiose d’arte asiatica più autorevoli di Italia. La mostra, che propone anche numerose attività collaterali, visite guidate e laboratori, affronta e racconta al grande pubblico un tema sconfinato: la secolare storia della grafica giapponese. Si sa, operazioni di questa portata finiscono spesso per appiattire il racconto, cedendo a semplificazioni che sottovalutano i visitatori. Non è questo il caso: Graphic Japan affronta questa complessità con un percorso che, pur dovendo fare una selezione tematica, ne restituisce una visione ricca, articolata in quattro sezioni. Ognuna illustra l’evoluzione di un filone tematico – natura, ritratto e calligrafia – nel corso di tre momenti storici fondamentali: i periodi Edo (1603-1868) e Meiji (1868-1912) e il Secondo dopoguerra.

Il capitolo più efficace è il primo, dedicato alla natura, che potrebbe facilmente costituire un’esposizione autonoma senza perdere coerenza o completezza. Le xilografie del periodo Edo, le celebri ukiyoe (letteralmente “immagini del mondo fluttuante”) sono talmente belle che valgono da sole la visita. La mostra però si spinge oltre e articola un discorso trasversale che tocca tempi molto lontani tra loro, individuando elementi di congiunzione e originalità. Seguiamo così, per esempio, le trasformazioni dell’iconografia di fiori e uccelli (kacho), mutuata dall’antica Cina e commovente nella sua tenerezza. Dapprima soggetto delle raffinate stampe dei grandi maestri dell’ukiyoe come Hiroshige e Hokusai, nell’era Meiji queste raffigurazioni migrano nella produzione artigianale e industriale e decorano kimono, vasi, ventagli o coppette per il sakè. Provengono da questo contesto gli hinagata bon, cataloghi di motivi decorativi, e i katagami, carte intagliate per la tintura dei tessuti, esposti in questa sezione. Infine, il testimone passa alla grafica contemporanea, dagli anni Cinquanta a oggi: nei manifesti e nelle fotografie a scopo artistico e pubblicitario riaffiorano l’essenzialità compositiva e i giochi di forme della tradizione.

Ogni soggetto – uccelli, pesci, acqua, luna, e così via – viene esplorato attraverso i secoli in tutte le sue potenzialità espressive: da un naturalismo ricco di particolari alla stilizzazione estrema, dal bianco e nero alle più elaborate policromie. Ciò che unisce le molte tappe della grafica giapponese è un approccio sintetico, in cui ogni dettaglio compositivo non è casuale ma meditato, indispensabile; l’immagine diventa dunque un racconto che intreccia simboli, figure spirituali e richiami alla tradizione.

Questa grammatica visiva cela un particolare sguardo sul mondo, un’attitudine al rispetto e alla contemplazione della natura e dei suoi ritmi stagionali, e ha spesso affascinato le culture oltreoceano, in una rete di scambi e influenze reciproche. Sotto tutte le contaminazioni esterne, però, il Giappone ha conservato intatta la propria identità, anche e soprattutto grazie alla capacità dei suoi artisti di rinnovarsi continuamente senza spezzare il legame con le proprie radici. I temi ritornano, ma mai uguali a sé stessi, esplorati con strumenti e mezzi tecnologici sempre nuovi. Graphic Japan diventa così la celebrazione di un’eredità viva, un filo rosso che unisce le generazioni tra passato, presente e futuro.













