14 gennaio 2024

Il Thesaurus della Cappella Palatina come portatore di significati

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Nella Cappella Palatina, situata all’interno del maestoso complesso architettonico del Palazzo dei Normanni a Palermo, la mostra “Thesaurus”, tappa finale di una proficua collaborazione tra la Fondazione Federico II, il Fondo Edifici di Culto e altri importanti Enti, è visitabile fino al 30 settembre

Thesaurus. Installation view, Cappella Palatina, Palermo

Thesaurus è l’inestimabile tesoro della Cappella Palatina che, con i suoi preziosi manufatti esposti, ci rimanda a un tempo lontano, a una delle dominazioni che hanno attraversato la Sicilia: la dominazione Svevo-Normanna che fu fondamentale nel cammino culturale politico del Meridione. Nel momento in cui ci accingiamo a varcare la soglia della sala, come se attraversassimo un portale spazio-temporale, veniamo inconsapevolmente catapultati nel periodo svevo – normanno,  iniziato verso la metà del secolo XI, anno 1042, con la costituzione del ducato di Puglia da parte dei Normanni e concluso nel 1266 con la battaglia di Benevento e la morte di Manfredi ……re di Sicilia.

Bolla Regia

È un’era che ha assistito al susseguirsi di figure di grande rilievo sul trono siciliano e non solo. Re e imperatori che decisero di eleggere la Sicilia a loro sede privilegiata in vita e a questa terra affidarono le loro spoglie per l’eterno riposo. Figure quali il primo re normanno, Ruggero II d’Altavilla, che, alla morte senza eredi del nipote Guglielmo, rivendicò il titolo di duca di Puglia e Calabria e si fece incoronare re di Sicilia dall’antipapa Anacleto II. Si formava così un regno destinato a perdurare fino al 1860. Ruggero, con la sua visione politica e il suo intelletto, favorì la convergenza in Sicilia di usi, costumi e studi geograficamente lontani dalla Sicilia. 

Parliamo, dunque, di personalità che hanno avuto un significativo impatto sulla storia siciliana e, solo dopo averne capito l’entità, possiamo cogliere, decifrare e calibrare l’importanza dei reperti presentati in mostra. La scelta stessa del luogo non è casuale, siamo all’interno di quella che, dal 2015, è sito del Patrimonio dell’umanità mondiale dell’UNESCO, e che fu fortemente voluta da Ruggero II. 

Cassetta reliquiario. Curia Monreale, XIII secolo

E con questo afflato spirituale entriamo Thesaurus. Ci accoglie prima l’ombra, e poi un uso sapiente della luce che, giocando con un effetto teatrale, illumina 56 reperti protagonisti indiscussi della mostra, dando così ai nostri occhi, e a una prima occhiata fugace già una anticipata visione di cosa ci aspetta. Ci muoviamo liberamente tra i reperti appartenenti al nucleo più antico dei tesori della Cappella Palatina. La loro antichità è attestata dal documento d’inventario più remoto di questa raccolta, risalente ai primi del Trecento, dove sono accuratamente segnalati i documenti  più preziosi per la storia della Cappella stessa e un elenco dei cofanetti in avorio, già allora conservati, in un totale di ventuno. Quindici  di questi ventuno sono in mostra e corrispondono a quella nota di inventario. Sono oggetti-testimonianza che compongono, nella loro unicità e unione, un vero documento della cifra culturale universale del periodo. Cofanetti, argenti raffinatissimi, pergamene, fonti battesimali, opere raffiguranti la Madonna Odigitria, gioielli appartenenti a Costanza d’Aragona, una bolla raffigurante Ruggero II, un sigillo mesopotamico trovato in uno dei cofanetti, che catapulta indietro, fino a Babilonia, al terzo millennio a.C. 

Cofano arabo con inscrizioni Naskhi

Thesaurus non è l’allestimento totale del tesoro ma una selezione accurata e sapiente di studiosi e professori provenienti da tutta Italia. Come a iniziarci alla mostra, quasi come metafora del battesimo, dell’inizio di una nuova vita spirituale, come a immergerci metaforicamente in essa, vediamo l’acquasantiera di marmo con decorazioni musive risalente al XII – XIII Secolo sovrastato dalla croce patente di consacrazione con monogramma costantiniano e iscrizione. Si continua con l’esposizione di una serie di documenti in cui i nostri occhi tendono a perdersi in un’ipotetica lettura. Un documento ci colpisce: su una pergamena tinta o dipinta di porpora, il colore tipicamente imperiale che richiama i sepolcri in cui riposano gli imperatori Ruggero II e Federico II, quello che per tempo si è creduto fosse un diploma di Ruggero II, e che dopo un accurato studio si è scoperto  trattasi di un documento di nomina di un titolo aulico per ringraziare un emiro del suo fedele servizio. Segue il documento della consacrazione della Regia Cappella Palatina, su pergamena porporiana con caratteri in oro, a cui segue la pergamena di elevazione a Parrocchia della Cappella Palatina risalente al 1132. 

Fonte battesimale e croce patente

Vi è poi un nucleo di meravigliosi gioielli appartenenti al corredo funebre dell’imperatrice Costanza, prima moglie di Federico II di Svevia. Ad attirare per la sua, forse quasi scontata, maestosità è La Madonna Odigitria detta di “Guglielmo II”; una tempera su supporto ligneo, risalente alla prima metà del XIII secolo. Per questo reperto si narra che fosse addirittura il capezzale usato dallo stesso sovrano, notizia di cui non esiste, però,  nessuna attestazione certa. Ciò di cui siamo certi però è la presenza in questa tempera, di elementi artistici di diversa provenienza e formazione. Come nei cofanetti, i preziosi cofanetti, che risultano interessanti soprattutto dal punto di vista tecnico, poiché sono dipinti, e non scolpiti, secondo la tecnica utilizzata all’interno dell’officina normanna e sviluppatasi forse proprio  all’interno della Cappella Palatina. 

Mimmo Paladino, Stupor Mundi

Citiamo, quasi come prova, il libro di Hubert Houben in cui si testimoniano i poliedrici interessi anche di Federico II, definendo la sua corte «Una piattaforma del transfer culturale», per il suo essere luogo  che vedeva riunirsi  studiosi di tutti i campi e provenienti da tutte le parti del mondo, maestranze occidentali e orientali, chiamate direttamente dagli imperatori per realizzare capolavori musivi e costruzioni architettoniche destinate a rimanere nella storia. Un esempio è il cofanetto di foggia ellittica (secolo XII-XIII) unico nel suo genere  per ornamentazione, che si attribuisce a maestranze siculo-islamiche. O ancora il cofanetto in avorio rettangolare, dipinto sulle sei facce con scene di caccia e santorale, risalente al XII secolo. Il tesoro sembra a questo punto voler raccontare quell’aspetto immateriale che metteva insieme maestranze di culture e prospettive religiose diverse, tanto da poter essere definito il “Tesoro delle civiltà mediterranee”. 

Cofanetto rettangolare con varie scene dipinte

La mostra, esattamente come afferma Patrizia Monterosso, direttore generale della Fondazione Federico II, non è didascalica ma emozionale e spirituale, infatti è possibile osservarla su più livelli: abbiamo un livello spirituale, dettato dalla sacralità e dalla regalità degli oggetti esposti; estetico, dato dalla palese bellezza e preziosità di ciò che si conserva; tecnico, poiché frutto di veri e propri laboratori artistici; ma soprattutto didattico e culturale. A tal riguardo, in seguito anche all’uso da parte della direttrice Monterosso, dell’espressione history keeper ossia custode della storia, mi piace richiamare alcuni concetti chiave esposti dalla professoressa Irene Baldriga: «L’opera d’arte, vive attraverso le nostre emozioni, la nostra memoria e l’intangibile valore che la rende irripetibile. Rappresenta cosi un bene materiale, il più prezioso per il suo carattere peculiare di unicità, che giunge a noi direttamente dalle mani dei nostri predecessori».

Tocchiamo quindi argomenti quali: la comprensione del patrimonio e della sua trasmissione, non solo come bene comune ma soprattutto come identità. In questi oggetti ci siamo noi, c’è tutto ciò che ha portato anche noi ad essere qui in questo momento a osservare la bellezza di questi 56 reperti. Reperti che sono siciliani, che sono nostri e parlano a noi della nostra storia. 

Stupor Mundi, Mimmo Paladino

In un epoca in cui tutto ormai è dettato dalla velocità, rischiamo che questa identità culturale, di cui questi oggetti e molti altri ne sono testimonianza, vadano perduti. Ci ritroviamo così a riflettere non solo sul passato e sulla sua maestosità, ma anche sul presente e su ciò che oggi possa essere considerato arte o meno, e se l’arte di oggi riconosca il fascino di quella cultura. A tal proposito la Fondazione Federico II pone al visitatore questa prospettiva e lo fa attraverso l’enigmatica presenza, quasi nascosta, di due opere di Mimmo Paladino che rappresentano la cartina di tornasole: una scultura di bronzo (2018) e un quadro ottagonale (2011), entrambi di grandi dimensioni ed entrambi intitolati Stupor Mundi. Il fascino di quella cultura esercita forse ancora oggi, un forte impulso atemporale, al punto da stimolare uno dei più grandi artisti internazionali contemporanei. Assistiamo a una mostra che guardando indietro ci proietta anche al futuro, nella speranza di poter coinvolgere, attraverso questa grande bellezza, e ispirare il senso civico proprio come si sviluppava il pensiero di Ruggero II. 

Mimmo Paladino, Stupor Mundi

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