18 novembre 2023

La collezione del mitico gallerista Gian Enzo Sperone va in mostra al Mart di Rovereto

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Fino al 3 marzo 2024 “L’uomo senza qualità”: la mostra presenta per la prima volta al pubblico oltre 400 opere dalla collezione del leggendario gallerista e collezionista onnivoro

Gian Enzo Sperone a New York

Il Mart di Rovereto presenta L’uomo senza qualità, mostra tributo a un uomo che invece di qualità ne ha tantissime, Gian Enzo Sperone. Quella del titolo è solo una delle molte contraddizioni su cui gioca la mostra presentando, per la prima volta al pubblico in assoluto, oltre 400 opere dalla collezione di una delle personalità più importanti – e leggendarie – dell’arte contemporanea internazionale. Curata da Denis Isaia con Tania Pistone e nata da un’idea di Vittorio Sgarbi, l’esposizione arriva a pochi anni dalla celebrazione di Sperone nel doppio volume Gian Enzo Sperone. Dealer/Collector. Dal 350 a.C. alla settimana scorsa edito nel 2019 da Allemandi. Quella di Sperone è storia nota. Torinese, classe 1939, a dispetto delle umili origini si rivela ben presto un talentuoso visionario, enfant prodige e terrible nel mercato dell’arte contemporanea: «da ventenne ero sprezzante e anche maleducato con chi mi ha preceduto», racconta. Nel ‘63 porta la prima mostra di Roy Lichtenstein in Italia, un anno dopo ha già aperto una sua galleria a Torino, la Gian Enzo Sperone-Arte moderna. La Pop art e poi l’Arte povera, l’Arte concettuale, il Minimalismo: Sperone capta e fiancheggia le avanguardie più innovative, stringe amicizie con gli artisti in un’ascesa che pare irrefrenabile, tra le gallerie a Roma con Konrad Fischer e poi nel ’72 a New York, dove al 257 sulla Bowery Street, Manhattan, è aperta a tutt’oggi la Sperone Westwater Gallery, nella sede disegnata dall’archistar Norman Foster.

L’uomo senza qualità, Mart – Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto. Ph Edoardo Meneghini 2023
L’uomo senza qualità, Mart – Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto. Ph Edoardo Meneghini 2023

Questa brillante personalità di «uomo elegante, scettico, poco retorico, poco mercante», come lo definisce Sgarbi nel catalogo della mostra, inizia, quasi in sordina, a collezionare perché vuole «uscire dalla routine del gallerista al servizio degli altri e cominciare a esplorare un mio mondo. Sfuggire alla tirannia del nostro tempo, dell’eloquio continuo per farsi udire e apprezzare: costruire un museo silenzioso su misura, una chiesa dove essere al riparo dalle insidie del mondo», racconta lo stesso Sperone.

L’uomo senza qualità, Mart – Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto. Ph Edoardo Meneghini 2023
L’uomo senza qualità, Mart – Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto. Ph Edoardo Meneghini 2023

Collezionista vorace, onnivoro e instancabile, negli anni Sperone mette a segno quelli che lui definisce «errori tantissimi, colpi meravigliosi pochissimi», in una collezione che oggi conta oltre 800 pezzi «senza limiti, né di tempo né geografici, in cui figurano opere e manufatti di epoche diverse, a partire dal XIV secolo sino ai giorni nostri, e provenienti da numerosi paesi, dall’Europa all’Asia», spiegano gli organizzatori. Una vertigine temporale che il percorso di mostra tenta di restituire: per la prima volta il pubblico ha la possibilità di entrare nelle pieghe di questa personale Wunderkammer in cui ci si imbatte tra nomi noti della storia dell’arte di tutti i tempi insieme a figure di grandi artisti che hanno segnato il percorso di Sperone, e viceversa, dal Cavalier d’Arpino a Julian Schnabel, da Francesco Hayez a Andy Warhol. Un corpo d’opere denso, da cui emerge il ritratto e la celebrazione di un collezionista instancabile.

L’uomo senza qualità, Mart – Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto. Ph Edoardo Meneghini 2023

Ha un sapore enciclopedico e a tratti amabilmente arbitrario, la mostra sulla collezione di Sperone. Una cifra chiara, che emerge programmaticamente fin dall’inizio del percorso espositivo in cui, in sapiente prospettiva, campeggia sopra la Flint Elipse di Richard Long il grande olio settecentesco Ninfa e Cupido addormentati di Henry Tresham. Non lontano, un’opera manifesto I’ve Seen the Future and I’m Not Going del brillante duo statunitense McDermott & McGough, un autoritratto ideale di Sperone che non solo ha visto il futuro ma ha contribuito a plasmarlo… «e poi invece si è voltato indietro nel tentativo di amare il bello per quello che è, e nelle varie sfaccettature e forme che ha preso nel corso della storia», spiega a exibart il curatore Denis Isaia.

ino De Dominicis, Tentativo di volo, 1970, Collezione Gian Enzo Sperone

La tassonomia in cui prende forma il museo speroniano non conosce ordine cronologico, ma risponde ad un (dis)ordine interno coerente, alla ricerca della Bellezza, tra artisti celebri e consacrati, ma anche nei meandri inesplorati della storia dell’arte. Più che cercare un ordine filologico al percorso della mostra, meglio perdersi tra assonanze, cortocircuiti e corrispondenze tra artisti, epoche, materiali. Come la sfera di un flipper lo sguardo corre sospinto a velocità inarrestabile e poi indugia, rimbalza nel divertissement di accostamenti tanto eretici quanto incantevoli: la testa d’antilope dell’installazione Senza Titolo (Fibonacci) di Mario Merz e i cavalli in terracotta dipinta della dinastia Han (206 a. C.- 220 d.C); la scultura di puntine dorate Moi revant di Jan Fabre e i fondi oro, come quello della Madonna dell’umiltà di Zanobi Strozzi o il San Giovanni Battista di Defedente Ferrari (appartenuto all’avvocato Agnelli, solo uno dei tanti pezzi dietro a cui ci sono aneddoti e storie di acquisti e conquiste da raccontare).

Julian Schnabel, Eddie Stern (Shiva), 2007, Collezione Gian Enzo Sperone

Non stupisce scovare, nella vasta parete dedicata all’arte grafica, un’acquaforte di Xavier de Maistre, Il Nido, 2002 appunto “annidata” tra le incisioni di Piranesi, Dürer e Goltzius. Ma anche sulle tribune, tra i marmi e le terrecotte dei busti più o meno antichi si trovano un Nicola Bolla o un Ontani. Non mancano poi “chicche” storiche: un Sironi astratto datato 1915, una rara composizione metafisica di de Chirico del 1916, altre carte di Balla, un angelo di Licini e un’opera di Otto Freundlich, artista scelto per la copertina della mostra sull’Arte degenerata dei nazisti a Monaco, all’Haus der Kunst. È una mostra sapientemente costruita, L’uomo senza qualità. C’è gioco, vertigine e ironia, ma mai caduta. Un esprit che si ritrova anche nel ritmo delle scelte allestitive: le antiche tavole dei fondi oro sfilano su una parete fucsia, la collezione di ritratti – appesi da terra a cielo in “stile Pietroburgo” – spicca dallo sfondo verde lime, mentre una serie di quadri di piccole dimensioni traccia una curva ondeggiante e dispettosa, un po’ “come le curve del mercato”, sorride il curatore Denis Isaia, quelle curve che a volte hanno fatto tremare Sperone gallerista. Tornando ai ritratti: Sperone ne ha collezionati moltissimi. Sono, per lui, “i suoi complici ideali”: mercanti poeti, personaggi di cui conosce ogni storia ed in cui si rispecchia, un po’ gentiluomo, come nel dipinto settecentesco di Anton von Maron, ma anche mercante pronto a battersi, come i due uomini ne La rissa di Giacomo Ceruti. La mostra si chiude con un’ode all’impossibile: le performance filmate di Gino De Dominicis Tentativo di volo e Tentativo di far formare dei quadrati invece che dei cerchi attorno a un sasso che cade nell’acqua, 1970. Due momenti di poetica e ineffabile contraddizione, rispetto a chi aveva invece proclamato di non voler andare nel futuro. Ma, d’altro canto “Il nostro dubbio è la nostra passione, e la passione è il nostro compito, il resto è la follia dell’arte” recita una celebre frase di Henry James.

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