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Alla Candy Snake Gallery di Milano sarà visitabile fino al 18 ottobre 2025 la personale di Riccardo Albiero, Lo Specchio delle animi semplici, a cura di Leonardo Regano. Il titolo della mostra richiama l’opera mistica medievale di Margherita Porete, dove l’amore come rinuncia al possesso e tensione verso l’invisibile diventa esperienza spirituale. Nello stesso solco, la pittura di Albiero si offre come luogo di evocazione e attesa, popolata da presenze affettive evanescenti e figure animali che assumono un ruolo simbolico.

Come sottolineato dal curatore, per l’artista «Il ritratto non è mai possesso ma evocazione, traccia di ciò che non può essere trattenuto: un volto amato, forse immaginato, il cui ricordo si deposita sulla superficie pittorica come una preghiera muta». È attraverso tecniche pazienti e stratificate, come la tempera all’uovo stesa in velature sovrapposte, che Albiero costruisce questo universo pittorico fragile e intenso, un “tempo dell’attesa”.
«Albiero mi confida che non dipinge ritratti, ma “presenze affettive evanescenti”, volti svuotati di identità concreta simili a fantasmi, il cui valore non è quello descrittivo ma quello di evocare un’emozione, un attimo interiore. Con questo senso di tensione e anelito verso l’irraggiungibile, i volti dipinti sembrano dare corpo a ciò che Georges Didi-Huberman definisce l’aperçues , riprendendo un’idea cara a Baudelaire: come le muse che attraversano i versi del poeta francese, l’aperçues sono apparizioni fugaci, immagini che passano e abbandonano chi le intravede», ancora nelle parole di Regano.

Nato a Chioggia nel 1996, Albiero vive e lavora tra la città natale e Venezia. Le sue opere sono entrate in collezioni private in Italia e all’estero e hanno trovato spazio in istituzioni e gallerie come la Hiroshima L Gallery in Giappone, Galerie Mhaata a Bruxelles, Galleria 56 a Bologna ed Ex Chiesa in Albis a Ravenna. In Italia è rappresentato dalla Candy Snake Gallery, mentre in Cina dalla Double Double Gallery di Pechino.

Nei suoi lavori, i levrieri e i rapaci diventano custodi di una dimensione liminale, tra cielo e terra, mentre le piante simboliche, come cardini di un lessico spirituale, evocano sofferenza e resilienza. Ogni opera appare come una soglia che non si lascia varcare completamente: porte socchiuse, tende teatrali e prospettive interrotte costruiscono un linguaggio visivo intimo, in cui l’immagine si ferma nel punto in cui qualcosa potrebbe mostrarsi, restando sospesa e ambigua, esprimendo una tensione che attraversa secoli di tradizione artistica fino a rinnovarsi nella sensibilità contemporanea.














