25 ottobre 2025

Le opere di Gerold Miller superano i confini di pittura e scultura. La mostra a Milano

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La Dep Art Gallery dedica a Gerold Miller la sua prima personale milanese: venti nuove opere tra pittura e scultura ridefiniscono il rapporto tra opera, spazio e spettatore

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Gerold Miller. Opere, installation view, DepArt Gallery, Milano, 2025, ph. Bruno Bani

Fino al 20 dicembre 2025 la Dep Art Gallery presenta Gerold Miller. Opere, prima mostra personale dell’artista tedesco nella sede milanese della galleria. L’esposizione, a cura di Frank Boehm, propone una selezione di 20 opere create per l’occasione e offre al pubblico gli sviluppi più recenti del lavoro di Miller. La mostra è accompagnata da un catalogo bilingue italiano-inglese con un testo dello stesso curatore.

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Gerold Miller. Opere, installation view, DepArt Gallery, Milano, 2025, ph. Bruno Bani

Tracciare una linea che separa definitivamente pittura e scultura non è così semplice nell’arte di Gerold Miller (Altshausen, Germania, 1961). E a poco vale ogni discorso storico anche quando il riferimento pare quantomeno ipotizzabile. Formatosi artisticamente a Berlino dopo aver studiato scultura alla Staatliche Akademie der Bildenden Künste di Stoccarda, incontra dapprima soluzioni formali che superano sia l’astrattismo modernista, sia la Konkrete Kunst (Arte concreta) a lui più vicina per contesto.

Sin dagli albori della sua pratica doveva essere il rapporto tra opera e spazio (come tra spettatore e spazio) a definirne la traiettoria. Un percorso a dir poco continuo e di costante variazione, iniziato con una serie di sculture in acciaio, o acciaio e pietra, talvolta installate all’aperto. La mostra offerta dalla Galleria Dep Art di Milano con la curatela di Frank Boehm e intitolata Gerold Miller. Opere, indica già dalla sua denominazione la novità di un percorso tanto unitario quanto soggetto a ulteriori spostamenti percettivi. L’osservazione sfocia nella sua dinamica essenziale, ossia al di fuori di un ideale limite imposto da strutture e supporti che, per inverso, nel lavoro di Miller estendono i propri confini.

G. Miller, Profil 6, lacquered and chrome plated aluminium, 212x179x9 cm, 2025, © DepArt Gallery & Gerold Miller. Ph Bruno Bani

Verstärker (amplificatore), ad esempio, una scultura in acciaio inossidabile lucidato posta liberamente nello spazio, apre di certo non verso qualcosa di ignoto o di non visto, ma tende ad allargare la conoscenza che possiamo avere dell’intorno. A tal punto che la silhouette dell’opera, ora mimetizzata dalle sue stesse trame specchianti, sembra dare ossigeno alla costrizione dell’ambiente. Lo studio di un lavoro che non abbia più una demarcazione stretta tra ciò che è illusorio e ciò che possiamo riconoscere come reale raggiunge, pertanto, la vetta del paradosso.

Esito questo che più che spiazzare l’astante sembra quasi condurlo passo dopo passo verso la sorgente di un modo di concepire l’arte oltre la convenzione. Nel 1989, anno della caduta del muro di Berlino, il rapporto di mutevole scambio tra lo spettatore e lo spazio introduce nella carriera di Miller un rimarcabile passaggio. Con la serie Anlagen del 1990, l’artista muovendosi tra i dettami di un metodo che potremmo definire scultoreo, non si nega l’eventualità di una ricerca che lo spinge verso l’allestimento a parete, incontrando di fatto elementi della tradizione pittorica. La valenza del colore e della cornice che determinano Profil (profilo) se da un lato vedono riflessi i motivi essenziali di Verstärker, dall’altro entrano in termini sintetici nei piani di ciò che è dipinto attraverso una riconsiderazione del pittorico.

G. Miller, Verstärker 64 (2/3), polished stainless steel, 220×62.9×70.6 cm, 2025, © DepArt Gallery & Gerold Miller ph. Matthias Kolb

Una storia culturale che si esplicita in maniera lampante in un’ulteriore serie di lavori a parete, realizzata in acciaio inox laccato, chiamata set. Una visione d’insieme che surclassa la canonica fattura della scultura e della pittura. Da un punto di partenza concettuale radicale Miller sovverte la regola seguendo le linee evolutive delle opere che via via realizza. Un modo per alleggerire i principi ferrei del suo lavoro, verso una dissuasione dell’illusione scultorea e dell’immagine bidimensionale su tela o tavola. Sconfina di continuo Gerold Miller mediante la creazione di visioni istantanee (instant vision) che riportano la mente alla fisicità del fabbricato, della lamiera e dell’acciaio come strumento prediletto. Lasciando intuire, d’altro canto, la chiarezza di un’immagine «definita da dimensioni, proporzioni, materiali, composizione, densità, primo piano e sfondo», dice. «Tutti questi elementi sono presenti nel mio lavoro».

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