12 novembre 2020

Leandro Erlich nella sede romana della Galleria Continua. Intervista all’artista

di

Nella sede romana della Galleria Continua, The St. Regis di Roma, la personale di Leandro Erlich "Soprattutto". Fino al 10 gennaio 2021

Leandro Erlich, Photo by Giovanni De Angelis, Courtesy the artist and GALLERIA CONTINUA

Nella sede romana della Galleria Continua, inaugurata lo scorso gennaio, è stata da poco aperta la personale di Leandro Erlich (1973, Argentina) “Soprattutto” (fino al 10 gennaio 2021).
Un percorso espositivo che tra opere divenute iconiche nella sua ricerca, come le nuvole, e un lavoro appositamente realizzato, Soprattutto, che dà il titolo alla mostra offre un’immersione nel cambiamento di prospettiva alla base della ricerca dell’artista e attraverso cui che ha dato vita anche a opere monumentali, come le note facciate di edifici su cui il pubblico sembra poter salire abolendo, grazie a uno specchio, la forza di gravità, oppure le varie Swimming Pool (la prima è del 1999) in cui si crea, a seconda della posizione dello spettatore, l’illusione di essere sott’acqua o di vedere persone camminare sul fondo dei una piscina creata negli spazi espositivi.

Tra le personali dell’artista ricordiamo quelle a El Museo del Barrio, New York (2001), MoMA PS1, New York (2008); Barbican Centre, Londra (2013); 21st Century Museum of Contemporary Art, ZKM, Karlsruhe (2015); MORI Art Museum, Tokyo (2017/2018).
È stato invitato a numerose biennali, tra cui quelle di San Paolo, Venezia, Istanbul, Liverpool e dell’Avana.
Le sue opere sono presenti in molte collezioni private e pubbliche, tra cui quelle di The Museum of Modern Art, Buenos Aires; Tate Modern, Londra; Musée National d’Art Moderne, Centre Georges Pompidou, Parigi; 21st Century Museum of Art Kanazawa, Giappone; MACRO, Roma; FNAC, Francia; Ville de Paris et SCNF, Gare du Nord, Francia. 

Leandro Erlich, Soprattutto, 2020, vedute della mostra Galleria Continua, The St. Regis, Roma, Photo by Giovanni De Angelis Courtesy the artist and GALLERIA CONTINUA

Abbiamo posto alcune domande a Leandro Erlich.

I lavori con le nuvole sono tra i più noti della tua produzione. Come è nata la prima? Come scegli le nuvole che diventeranno opere, che portano i nomi delle città in cui le hai avvistate? Quante ne hai realizzate, circa, fino ad ora?

«La prima nuvola è nata come parte di un progetto che ho realizzato in Giappone nel 2010 per una commissione di una nuova società a Tokyo.
Innanzitutto le nuvole sono diventata una specie di alfabeto, nel senso che le nuvole sono per me delle lettere che mi hanno permesso di costruire e descrivere delle storie diverse. In questo momento ho realizzato delle nuvole che rappresentavano il perimetro di un paese per costruire una storia in relazione a esso: l’idea del territorio come una idea fissa e immutabile viene unita al carattere effimero della nuvola, in cui noi riconosciamo una forma che muta e cambia in un tempo veloce.
Per il progetto a Roma, la storia è stata diversa, volevo trovare delle nuvole che avessero una forma distinta dalla fotografia e dal cielo, in modo da creare una specie di archeologia. Ho pensato, infatti, alla storia archeologica di Roma, al ritrovamento di ciò che sepolto sotto la terra, a questo processo continuo di scoperta di che cosa c’è sotto il terreno, ho quindi deciso di rappresentare un’anfora in cielo e una lupa che fluttuassero nel cielo ma che rimanessero in un tempo finito.
L’aspetto poetico delle nuvole, il più bello, è quello del loro carattere molto effimero: ci sono tante storie sopra le nuvole.
Gli esseri umani sono gli unici animali in grado di fare associazioni, visualizzare e costruire un’immagine e forse è la prima azione nella costruzione di qualcosa: creiamo un bozzetto prima di realizzare qualsiasi cosa, di fatto visualizziamo un’immagine.
Il voler vedere una forma nelle nuvole è quasi un gioco infantile e primitivo, ma io vedo un’oggettività sopra l’elemento naturale, l’uomo, infatti, non ha alcuna potere sulla costruzione della nuvola. La nuvola è un elemento naturale come le montagne e i fiumi, ma la sua particolarità sta nella durata breve ed effimera della sua manifestazione.
Penso che, in sostanza, la nuvola sia qualcosa che per la sua durata e la sua condizione fisica può essere considerata come l’ultima espressione dell’utopia, è qualcosa che noi non possiamo mai fermare né catturare.
Nella mostra “Soprattutto” a Roma ci sono diverse serie di nuvole. Per la mostra ho fatto una piccola collezione di nuvole, molto piccole e mi sono ispirato al cabinet de curiosites che si trova in galleria.
Ho portato anche una serie di nuvole legate a paesi europei a partire dal momento della Brexit, perché quel momento ha segnato uno choc: l’Inghilterra ha deciso in una maniera unilaterale di uscire dall’Europa. Un’Europa che secondo me è una convenzione, è solo una parte del territorio». 

Leandro Erlich, sulla parete: Nubes de Roma, 2020, stampa su carta Hahnemühle Ultrasmooth 30 x 40 cm, 35 x 45 cm incorniciata; sul pavimento: Soprattutto, 2020, lana, 200 x 300 cm, vedute della mostra Galleria Continua, The St. Regis, Roma, Photo by Giovanni De Angelis Courtesy the artist and GALLERIA CONTINUA

Che cosa significa, per te, includere questa ricerca sulle nuvole nel tuo lavoro?

«Per me giocare con le nuvole si contrappone alla nostra ansia permanente di “restare”, di “fare le cose per sempre”, secondo cui gli esseri umani non vorrebbero morire mai e stabilire una convenzione umana in cui fare le cose per sempre.
La nuvola è qualcosa che noi vediamo apparire e sparire e l’essere umano non convive in modo sereno con l’aspetto dell’effimero, non lo accetta. Forse anche per questo motivo l’essere umano ha sviluppato la curiosità verso le nuvole, verso il loro rappresentare un aspetto fragile e transitorio dell’esistenza».

Leandro Erlich, Soprattutto, 2020, vedute della mostra Galleria Continua, The St. Regis, Roma, Photo by Giovanni De Angelis Courtesy the artist and GALLERIA CONTINUA
In mostra esponi il grande lavoro inedito “Soprattutto”, un grande tappeto con la vista di una città dall’aereo in fase di atterraggio, e anche un lavoro collegato all’oblò di un aereo. Tutte queste opere portano con sé una modifica del punto di vista consueto, così come le tue opere legate all’architettura. Da dove nasce questo tuo interesse per uno spostamento così marcato del punto di vista e la volontà di farlo sperimentare dal visitatore?

«La relazione che c’è tra l’aereo, il tappeto e le nuvole rappresenta una storia associata a questa idea aerea, un punto di vista “soprattutto” satellitare». 

Leandro Erlich, Soprattutto, 2020, lana, 200 x 300 cm, Photo by Giovanni De Angelis Courtesy the artist and GALLERIA CONTINUA
Che rapporto c’è, secondo te, tra una visione “oggettiva” della realtà e una illusoria? Li consideri due elementi distinti oppure no?

«Viviamo in tempi caratterizzati da un processo di dualità che ci permette di trovare i veri valori e una certa oggettività. È impossibile pensare alla realtà senza l’elemento che sfida e trae in inganno l’idea stessa di realtà. In molti aspetti della vita credo che le cose siano state create sulla base di certezze e questa tensione tra realtà e illusione rimane molto attiva perché siamo diventati parte di coloro che costruiscono la realtà, ma in modo diverso da ciò che costituisce il mondo reale, come il Sole, la luna o le montagne, che non sono la stessa cosa della macchina che sfreccia sulla strada.
Tutti questi elementi sono reali e esistono in maniera oggettiva, ma ciò che costruiamo a livello individuale, sociale, collettivo è così forte da rendere la prossima sfida e quella corrente per capire oggettivamente la realtà implica la consapevolezza e il livello di criticismo per capire quale realtà scegliamo per portarci e condurci a un futuro migliore in un mondo di infinite realtà possibili che costruiamo giorno dopo giorno».

1 commento

  1. Scusate ma il nostro artista mi sembra abbastanza sempliciotto, provate a mettere a confronto le sue opere con quelle di Michelangelo, di Caravaggio, di Monet o per finire la carrellata Picasso, vi sembra all’altezza? dove è il mestiere, l’invenzione o l’indagine sulla realtà.
    Non conosco l’artista, come persona sarà senz’altro una persona degna di ascolto e considerazione ma le sue uscite per la tangente dal cerchio in cui noi tutti siamo compresi, non mi sembrano degni di attenzione per la loro banalità e mancanza di fantasia.
    Nella sua opera manca ” il senso del vero” che è un sesto senso che ogni artista deve sviluppare per poter coltivare la fantasia che è l’unico mezzo che abbiamo per indagare la realtà e far partecipi gli altri delle nostre scoperte.
    Mi spiace per la stroncatura, ma spero che vi serva per riportarvi con i piedi per terra, io come artista prendo il mio lavoro molto sul serio ed alimento un gran serbatoio di autoironia sopra la testa in modo che non possa raccontarmi delle bugie e tenga la barra dritta sulla realtà.
    Ho letto la vostra storia sul Venerdì di Repubblica vi proclamate amanti dell’arte, ma siete sicuri che la vostra impresa non sia solo una redditizia impresa commerciale, con le sue regole, ma che nulla hanno a che fare con il dare un senso alla nostra esistenza, che l’arte come la filosofia, la scienza e la conoscenza in genere si sono da sempre preposti.

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