05 maggio 2021

Oscar Yi Hou, Crane Seeking Comfort – T293

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Oscar Yi Hou esordisce in Italia da t293 con la mostra Crane Seeking Comfort. Il giovane artista ci racconta la sua narrativa personale fatta di simboli di culture lontane, privi del forzato intento di essere compresi alla lettera

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Oscar Yi Hou, IMUUR2, aka: Cowboy Crane, 2021 (dettaglio)

Due culture devono per forza capirsi? Oscar Yi Hou dà espressione a questa domanda nella sua prima mostra in Italia presso T293: Crane Seeking Comfort e lo fa traendo ispirazione da Édouard Glissant. Lo scrittore martinicano nella sua “teoria dell’opacità” sottolineò come la comunicazione interculturale potesse fare leva anche sull’incomprensibilità.

Oscar è un giovane artista cinese, ma, il contesto nel quale è cresciuto è l’occidente. Vivendo tra l’Europa e l’America, non ha mai conosciuto la sua lingua d’origine. La sua narrativa artistica, perciò, non ha il forzato intento di essere compresa alla lettera ma di accostare aspetti diversi l’uno accanto all’altro. Così, stelle di sceriffo, cappelli da cowboy e graffiti si incontrano con uccelli asiatici, calligrafie incomprensibili e scenari queer.

Avevamo visto già con l’artista Si On come t293 stia coinvolgendo giovani artisti estranei al contesto italiano, ma estremamente originali. Oscar prosegue questo dialogo, consegnandoci una narrazione inedita. Crane Seeking Confort racconta di una personale ricerca di rassicurazione, quella di un giovane artista che abbiamo scelto di conoscere meglio in questa intervista.

Oscar, parlaci di Crane Seeking Comforts. Come è stato concepito il tema della mostra?

«Ciao! Ci sono diversi temi in Crane Seeking Comforts.
Il tema della narrazione della mostra è nato dalle rotture avvenute nella mia vita personale, con la fine di una relazione a lungo termine. Il titolo ha lo scopo di richiamare gli annunci gay che era possibile trovare sui giornali prima di Internet, inserzioni tanto concise quanto sincere. La “gru” [crane] ha una funzione metonimica, si riferisce ai miei tentativi di ritrovare intimità, affetto e compagnia. Gli altri uccelli in mostra, ovvero i piccioni, sono anch’essi metafore di questa ‘ricerca di conforto’. In altre opere sono raffigurate poesie che ho scritto in cui spesso appare la figura dell’uccello, come metafora per l’esplorazione di temi come relazione e intimità, in particolare attraverso i concetti di volo-caduta. Quindi la mostra è in gran parte autobiografica, anche se nascosta sotto uno strato di simboli o di testi. È una sorta di strato di protezione per prevenire la sovraesposizione delle vulnerabilità nella mia vita.»

Crane
Oscar Yi Hou, Street-bird of New York, aka: bye bye Birdie, 2021

Ci puoi spiegare il significato dei simboli che hai usato nelle opere: come li hai scelti e come ti hanno ispirato?

«Una delle intenzioni di Crane Seeking Comforts era di delineare la mitologia simbolica che mi piace usare: quale simbolo significa cosa. Per esempio, l’autoritratto IMUUR2, aka: Cowboy Crane descrive il simbolo della gru presente in tutta la mia pratica come un emblema di me stesso. Ho scelto la gru rispetto ad altri uccelli perché è un simbolo di buon auspicio nelle culture dell’Asia orientale. Mi piace usare la stella a cinque punte perché è un simbolo così folle, irto e multivalente.

In molti casi è il simbolo di nazionalismo: prendi le stelle della bandiera americana, per esempio, se cambi il colore in rosso, diventano le stelle del socialismo, l’antitesi dell’America. Un altro simbolo che mi piace è il braccialetto di preghiera buddista, o mala.
Da bambino, quando andavo in Cina, la mia famiglia me li comprava e quindi questa figura ha per me una dimensione personale. In Sphincter, aka: Two-Pines, accenno alla qualità sfinterica dei braccialetti di preghiera, in quanto hanno anche un particolare significato erotico. Quando mescolo la stella a cinque punte con quei braccialetti, mi ritrovo con la stella dello sceriffo, con cerchi all’estremità di ogni punto, un simbolo di potere, che evoca l’immagine della polizia e dell’Old West. L’uso dell’iconografia dei cowboy parla del mio interesse per questo mitico West. Mi piace giustapporre questo elemento all’Oriente, per parlare di come il mito del West Americano, di autosufficienza, indipendenza, del Destino Manifesto, abbia spesso eluso la presenza dei lavoratori cinesi, attivi in America del tardo 1800. In Taijitu, aka: Cruising sono presenti altri simboli, come “Taijitu” riferito allo ying-yang del taoismo. Ecco perché nell’immagine rappresentata, l’uccello bianco e quello nero si circondano l’un l’altro.»

Oscar Yi Hou, Taijitu, aka: Cruising, 2021

La teoria dell’opacità di Édouard Glissant ha ispirato le tue opere. Ci puoi raccontare come questa teoria ha influenzato la tua produzione artistica?

«Mi piacciono gli scritti di Glissant sull’identità, in particolare sul suo aspetto relazionale / rizomatico. Il suo concetto di “creolizzazione” è molto pertinente alla mia pratica di ibridazione culturale, essendo intrappolata tra Oriente e Occidente. Glissant afferma che tutti dovrebbero avere il diritto all’opacità, il che non vuol dire alienarsi completamente, ma attribuire uno spazio agli altri per che possano accettare le specificità e illeggibilità altrui, piuttosto che cercare di “conoscerli” appieno o di “tradurli” in qualcosa di consumabile. Quindi, la mia produzione di poesie in lingua inglese che sono oscurate, difficili da leggere e poco chiare, risponde a queste idee sulla trasmissione culturale.
Non so leggere né scrivere in cinese, quindi ogni volta che vedo la calligrafia cinese, provo simultaneamente familiarità e alienazione: mi sento intimo ai simboli, ma il loro significato mi sfugge. Però, non cerco di capirlo, ma di apprezzarlo per quello che è.
Allo stesso modo, spero che queste poesie e il mio uso di simboli evitino un consumo facile e sconsiderato. Sono in gran parte illeggibili, sì, ma sotto il trattamento del testo, l’inglese è effettivamente leggibile. La mia volontà è che sollecitino attenzione, preoccupazione, e a volte, frustrazione, fastidio. Ma è proprio questa opacità e mistero che vorrei che stimolasse il pubblico.»

Oscar Yi Hou, Shedding feathers, aka: VERY WINDY TODAY, 2021

Come ti senti riguardo a questa ricerca del dialogo interculturale presente nelle tue opere? Ti senti incluso a livello interculturale?

«Penso che, avendo due genitori cinesi, ma essendo nato e cresciuto in Inghilterra, mi sono sempre sentito a mio agio con il dialogo interculturale. I miei genitori gestiscono un ristorante cinese nella periferia di Liverpool, dove ho lavorato come cameriere durante la mia adolescenza. Sono sempre stato molto consapevole che il cibo che avremmo servito ai clienti – in gran parte bianchi – non era affatto come il cibo che avrei mangiato a casa, quindi ho familiarità con i modi in cui gli immigrati devono sempre adattarsi per sopravvivere, produrre forme culturali che siano leggibili e consumabili dalla popolazione dominante. Ma non credo che questo sia totalmente negativo: è un processo di creolizzazione, come direbbe Glissant, un’identità in relazione. Venire in America è stata per me un’esperienza significativa, dal punto di vista interculturale. Sono sempre stato cinese-britannico, eppure una volta entrato negli Stati Uniti sono diventato asiatico-americano e mi sono interessato alla storia asiatico-americana. Nell’apprendere come le persone cinesi sono state in America per oltre un secolo, penso che noi abbiamo una storia integrale alla costruzione dell’America. Credo di essere diventato più assertivo con la mia identità, puntando la mia pretesa nel gioco razziale. Mi piace molto anche frequentare la Chinatown di New York. Mi sento incluso nel senso che conosco la storia della mia posizione, ma ovviamente gli asiatici-americani sono ancora esclusi da molti discorsi. Tuttavia, di recente queste dinamiche hanno iniziato a cambiare.»

Oscar Yi Hou, Crane Seeking Comfort, T293, 2021

La tua arte mescola simboli occidentali americani e asiatici, proponendo un nuovo modo di intendere le culture. Cosa ne pensi del fatto che il tuo messaggio è ora esposto in Italia?

«Questa è un’ottima domanda. Io non sono americano, eppure mi sono sempre sentito molto familiare con questa cultura: tale è l’egemonia globale della cultura e dei media americani. Tuttavia, non sono sicuro del grado di familiarità che uno spettatore italiano potrebbe avere con queste due iconografie culturali su cui lavoro. Le poesie sono in inglese, non in italiano, ciò contribuisce ulteriormente al senso di familiarità/alienazione, soprattutto perché entrambi usano l’alfabeto latino. Spero che possano essere punti di partenza per qualsiasi spettatore per considerare la trasmissione interculturale da una nuova prospettiva. Inoltre, ci sono molti cinesi in Italia. Mia zia vive in Italia con suo marito e due figlie, infatti, spero che possano vedere la mostra!»

Oscar Yi Hou, Crane Seeking Comfort, T293, 2021

 

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