22 dicembre 2025

Tessere. Il delicato atto di cura nella complessità del quotidiano a L’Aquila

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Fino al 10 gennaio, a L'Aquila, Spazio genesi, associazione culturale che nasce come interfaccia tra gli studenti dell’Accademia di Belle Arti, ospita la mostra “Tessere. Il delicato atto di cura nella complessità del quotidiano“, con Vincenzo Damiano Cristallo e Manuela Valloscuro

Spazio Genesi, Installation view, courtesy Spazio Genesi

Ho sempre odiato i biscotti in frantumi. Ancora oggi, se aprendo una confezione ne trovo qualcuno, provo un fastidio istintivo, un senso di oppressione al petto che mi toglie il respiro. Da bambina questa sensazione era ancora più radicale, mi rifiutavo di mangiarli e così li abbandonavo al loro destino sul fondo argentato del pacchetto, come piccoli naufraghi condannati all’esilio e lontani dalla possibilità di un riconoscimento. Solo più tardi avrei scoperto che quella ostinazione infantile aveva una spiegazione scientifica definita dal fondatore dell’epistemologia genetica, Jean Piaget, come stadio preoperatorio dello sviluppo cognitivo in cui è assente il principio di conservazione della forma e della quantità. Per cui per un bambino, se un biscotto si rompe, smette semplicemente di essere lo stesso biscotto, la realtà coincide con l’apparenza percettiva e la sostanza muta insieme alla forma. 

Spazio Genesi, Installation view, mostra Tessere. il delicato atto di cura nella ocmplessità del quotidiano, courtesy Spazio Genesi

Questa ingenuità cognitiva, rivela un’informazione importante, la forma non è mai un dato immediato, ma un costrutto che richiede maturazione, esperienza e capacità di astrazione. La figurazione, intesa come rapporto tra una coscienza percettiva e la forma, si colloca proprio in questo spazio di tensione, tra ciò che vediamo e ciò che sappiamo, tra forma percepita e forma conservata nella memoria. Da questa prospettiva, il nostro rapporto con la figurazione non è mai neutro, è piuttosto un esercizio di potere, un tentativo di stabilizzare l’instabile, di dare continuità a ciò che naturalmente sfugge. La figurazione nasce dunque da un bisogno di stabilità. Proprio come il biscotto integro, essa ci rassicura che la forma può resistere al tempo e alla frammentazione, ciò che vediamo non si disperde, anche quando la percezione vorrebbe convincerci del contrario. In questo contesto, se il bambino non conserva la forma, l’adulto la codifica, la trasforma in linguaggio; la figurazione diventa così il luogo in cui la fragilità della percezione incontra il bisogno di permanenza.

Manuela Valloscuro, Metamorfosi, resina e lamina di rame, 55 x 85 cm, 2025, courtesy Spazio Genesi

Il rapporto con la figurazione è anche il nodo teorico della mostra Tessere. Il delicato atto di cura nella complessità del quotidiano inaugurata il 3 dicembre a Spazio Genesi, L’Aquila. Il titolo racchiude una duplice intenzione. Da una parte richiama il gesto di assemblare moduli essenziali, elementi segnici, cromatici e musivi che, accostati, riaggregano una forma più o meno riconoscibile. Dall’altra allude ad una tessitura narrativa che si dispiega tra registri lirici e prosastici, un intreccio di voci e racconti che si sovrappongono come fili nella trama di un tessuto. 

A confrontarsi con la figurazione due artisti, Vincenzo Damiano Cristallo e Manuela Valloscuro, le cui opere riflettono una lotta intima tra la volontà di allontanarsi dalla figurazione e il bisogno di rifugiarsi in essa. Ad emergere è il passaggio dal figurativo al figurale deleuziano.  Si assiste cioè alla deformazione che libera la forma dal vincolo della rappresentazione per tramutarsi in esperienza sensibile, in evento. Lo spazio espositivo si tramuta in laboratorio esploso in cui la forma non è mai garantita, ma può essere continuamente ricostruita, proprio come il biscotto spezzato che può essere riconosciuto come “ancora biscotto” attraverso un atto percettivo. Le opere non cercano la rassicurazione della forma riconoscibile, ma producono un’esperienza. 

Manuela Valloscuro, Metamorfosi, resina e lamina di rame, 55 x 85 cm, 2025, courtesy Spazio Genesi

In Metamorfosi, ad esempio, elementi geometrici in resina custodiscono ed insieme rivelano arabeschi di rame, tracce di motivi naturali che, sovrapposti, restituiscono un corpo sospeso tra figurazione e astrazione. La trasparenza pulsante della resina funge da varco, rivelando linearismi sottili e preziosi, come cellule nervose di un organismo in trasformazione. L’opera è un mosaico sensibile, in bilico tra permanenza e dissoluzione. Riflesso al tramonto invece è un’esperienza liminale dove la pittura ad olio si fa specchio e vertigine. L’opera mette in scena, immersa in uno scenario urbano, un’interazione continua tra interno ed esterno. In questo scambio, la realtà si rivela instabile, oscillante e profondamente disorientante. E il riflesso tradotto su depron diventa dispositivo di reinvenzione del reale. 

Intrecciare Piaget e Deleuze significa riconoscere che la forma è fragile, sempre mutevole, un continuo divenire. Di fronte alla complessità del reale questi artisti si fanno custodi di tale vibrazione.

Vincenzo Damiano Cristallo, a sinistra Bookshop, olio su tela, 50 x 40 cm, 2024, A destra Chiosco di libri, olio su tela, 40 x 50 cm, 2024, courtesy Spazio Genesi

Se la percezione quotidiana ci espone alla frammentazione e all’instabilità, la figurazione diventa un atto di cura, un dispositivo cognitivo e poetico che restituisce continuità. La forma, pur fragile, offre un riparo contro il disordine del visibile. In questo spazio, la figurazione non è solo mera rappresentazione ma esercizio di permanenza, un modo per abitare il mondo senza smarrirsi nella sua continua metamorfosi. Per dirla con le parole delle curatrici Sara Dias e Gaia Monopoli: “l’artista mediante la propria creatura si affanna bramosamente nel tentativo di legare, cucire a sé brandelli di esperienza.  Le opere proposte, nel continuo modellarsi, mantengono intatta un’originaria forma, un arcaico fuoco profondamente legato ad un primordiale bisogno, ad un costante esigere”.

Laddove la rappresentazione come mìmesis viene sospesa attraverso la deformazione o la stratificazione della forma, fino ad approdare al figurale, allo stesso tempo, essa viene custodita e restituita, attraverso la parola, nei titoli che accompagnano le opere. Perché in tempi estremamente cagionevoli, scrivono le curatrici, proteggere diviene imperante. La mostra, visitabile fino al 10/01/2025, trova piena coerenza all’interno di Spazio Genesi, un’operazione collettiva nata in territorio aquilano che vuole porsi come interfaccia tra mondo accademico e vita reale. Basato sulla condivisione dei saperi,  Spazio Genesi vuol farsi promotore di un’arte relazionale, animato dalla lucida volontà di autodeterminare il proprio presente.

Vincenzo Damiano Cristallo, Riflesso al tramonto, olio su depron, 70 x 100 cm, 2022, courtesy Spazio Genesi

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