06 giugno 2020

Le reazioni dell’arte e dei musei degli Stati Uniti alla morte di George Floyd

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L'uccisione di George Floyd ha generato proteste negli Stati Uniti e i musei del Paese hanno assunto diversi atteggiamenti a sostegno dell'iniziativa

George Floyd
Kerry James Marshall, De Style, acrilico e collage su tela, 1993

La brutalità della morte di George Floyd ha richiamato l’attenzione di tutto il globo sugli abusi della polizia statunitense a carico della comunità afroamericana. Diverse sono state le dichiarazioni a sostegno delle proteste che stanno infiammando nei vari Stati, da una costa all’altra. Ma se, come diceva il pittore Robert Henri, «l’arte non si può separare dalla vita», quali sono state le reazioni dei musei USA?

Partiamo con l’Art Institute of Chicago che solo lo scorso 4 maggio, dopo un lungo silenzio, ha dichiarato che «Il museo non può separarsi dalla lotta. Siamo solidali con la comunità nera e riconosciamo – e ci impegniamo a riconoscere- l’enorme quantità di lavoro da fare per costruire la vera giustizia sociale e combattere il razzismo sistemico, sia nella nostra istituzione che nella nostra città».

Sabato, 30 maggio, il SFMOMA – San Francisco Museum of Modern Art ha pubblicato un’immagine della serigrafia dell’artista Glenn Ligon We’re Black and Strong (I), (1996). Alcuni utenti hanno però accusato il museo di non menzionare il movimento Black Lives Matter e George Floyd. Alla fine, il museo ha disabilitato del tutto i commenti e ha pubblicato un post di scuse con la frase «We can do better», potevamo fare di meglio.

A partire dallo scorso lunedì, la maggior parte dei musei della nazione ha utilizzato i mezzi social per dichiarare il sostegno al movimento Black Lives Matter.

Se alcune istituzioni come il MET – Metropolitan Museum of Art di New York hanno preferito pubblicare opere d’arte delle loro collezioni che trattano proprio della brutalità della polizia e del razzismo sistemico, altre non si sono schierate apertamente.

In una lettera pubblicata il primo giugno, il direttore esecutivo dell’Associazione dei direttori dei musei d’arte, Chris Anagnos, ha dichiarato: «Come comunità, non credo che i musei d’arte abbiano fatto abbastanza. Nel nostro posto di privilegio non vivremo mai all’altezza della dichiarazione che “i musei sono per tutti”, a meno che non iniziamo a confrontarci, esaminare e smantellare le varie strutture che ci hanno portato a questo punto». La lettera di Anagnos menzionava esplicitamente il Black Lives Matter e si concludeva con un invito all’azione da parte dei musei: «Non succede automaticamente o naturalmente. Ma si può fare, e penso che il nostro campo abbia l’obbligo di fare un lavoro migliore affrontando questi problemi».

La controversia è continuata martedì, poiché molti musei hanno preso parte al Blackout Tuesday, l’iniziativa di Instagram per cui un quadrato nero fungeva da dichiarazione di sostegno al Black Lives Matter. Molti hanno criticato l’iniziativa per aver reso difficile ottenere informazioni sulle proteste tramite i social media. Una griglia di quadrati neri è apparsa nella sezione #blacklivesmatter dell’app, perché alcuni utenti non hanno seguito il suggerimento di non utilizzare l’hashtag: il Met è stato tra quelli. Poco dopo aver pubblicato il suo Blackout Tuesday Instagram, il museo ha però rimosso l’hashtag dal post.

Il Nelson-Atkins Museum of Art in Kansas City – del quale ci eravamo occupati recentemente per aver organizzato un tour insolito all’interno delle sue sale – è stato invece accusato di favoreggiamento degli abusi da parte delle forze dell’ordine. In questi giorni, infatti, è stata segnalata la presenza di diverse vetture della polizia nel parcheggio del museo, con il benestare del personale. Il direttore del museo, Julián Zugazagoitia, ha affrontato la controversia dichiarando di non essere stato informato dei veicoli della polizia fino a sabato, dopo di che ha richiesto che lasciassero gli spazi.

 

Visualizza questo post su Instagram

 

#GeorgeFloyd #JusticeForGeorgeFloyd #BlackLivesMatter #Minneapolis

Un post condiviso da Walker Art Center (@walkerartcenter) in data:

Una risposta coerente e decisa agli abusi del dipartimento di polizia arriva dal Walker Art Center diretto dall’italiano Vincenzo De Bellis. Il centro d’arte contemporanea di Minneapolis non si avvarrà più dei servizi dell’MPD, il dipartimento di polizia di Minneapolis, per eventi speciali. In questo che rappresenta uno dei più solidi atti di supporto alle proteste in corso contro la brutalità della polizia anti-nera vista finora da un museo d’arte, il Walker ha annunciato che avrebbe smesso di lavorare con il MPD fino a quando «non avesse attuato cambiamenti significativi», tra cui «smilitarizzare i programmi di addestramento, ritenere gli ufficiali responsabili dell’uso di una forza eccessiva e trattare le comunità di colore con dignità e rispetto».

Controversa è poi l’iniziativa del sindaco di Washington DC, Muriel Bowser, che ha fatto realizzare, dai suoi dipendenti, un grande murales di 10 metri con la scritta BLACK LIVES MATTER, sulla 16th Street NW, a pochi isolati dalla Casa Bianca. Tuttavia, non tutti gli attivisti hanno gradito: «Questo gesto è una distrazione dalle nostre richieste di riduzione del budget per la polizia e di aumento di investimenti per la comunità», ha commentato la sezione di Washington DC del Black Lives Matter.

Rattrista non trovare eco delle iniziative dei musei statunitensi nelle pagine di altre grandi istituzioni, come il Louvre, per esempio. E nessuna iniziativa pare trapelare dalle pagine social dei più importanti musei italiani, fin a ora.

Convinti che l’arte sia veicolo di valori universali e convinti che la “bellezza salverà il mondo”, auspichiamo che anche i musei e le istituzioni culturali italiane esprimano il loro dissenso rispetto a simili episodi di razzismo e di violenza e rilascino dichiarazioni a sostegno del movimento Black Lives Matter.

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