05 marzo 2024

Quanto sappiamo dei nostri musei? Museocity raccontato dalla sua general manager

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L’esperienza di Museocity a Milano dimostra che i luoghi della cultura possono essere continuamente rimessi in discussione e raccontati attraverso approcci differenti. Ce ne parla Silvia Adler, in questa intervista

Nuova Galleria Morone, installation view, MuseoCity 2024, ©Filippo Romano

MuseoCity è un’Associazione ETS senza scopo di lucro che opera per la promozione e la valorizzazione del patrimonio museale milanese e nazionale attiva dal 2016. L’ottava edizione – estesa per la prima volta da tre a cinque giorni – unisce all’interno della sua rete 109 partecipanti sotto il tema di “Mondi a Milano”, un omaggio alle caratteristiche distintive della città: la sua sensibilità nell’accogliere stimoli culturali diversi e la capacità di interconnetterli per dare vita a una cultura propria. Tra le novità di questa edizione, due progetti speciali: “MuseoCity in Galleria” e “MuseoCity in Vetrina”, che puntano a creare nuove narrazioni attraverso espedienti espositivi che connettono musei, archivi, gallerie e flagship store, mondo dell’arte e quello delle aziende. Ne abbiamo parlato con Silvia Adler, General Manager dell’Associazione.

Atlas Concorde, installation view, MuseoCity 2024, ©Filippo Romano

Proprio mentre stiamo parlando si sta svolgendo Milano MuseoCity con la sua ottava edizione che, dopo il successo degli anni scorsi, dura due giorni in più iniziando l’1 e terminando il 5 marzo. Il titolo che avete proposto quest’anno è “Mondi a Milano”. Ci racconti la motivazione dietro questa scelta?

«Per MuseoCity è tradizione proporre ogni anno un tema diverso che possa essere interpretato dalle istituzioni che aderiscono al progetto. Quest’anno abbiamo pensato “Mondi a Milano” riferendoci alla propensione della nostra città di accogliere stimoli culturali e creativi disparati, per esempio di artisti e movimenti artistici che hanno trovato a Milano un terreno fertile per sviluppare la propria pratica. Penso anche agli anni ‘60 e ’70 nei quali sono avvenute interessantissime contaminazioni e collaborazioni tra diversi settori. Ci sono stati infatti architetti, designer e artisti che hanno dialogato con il mondo dell’industria. È proprio questo il binomio e il connubio che abbiamo voluto evidenziare quest’anno».

Le differenze dalle edizioni precedenti non sono solo riguardo la durata del programma e il tema scelto, avete infatti aggiunto due iniziative nuove: “MuseoCity in Galleria” e “MuseoCity in Vetrina”, abbracciando una grande trasversalità di discipline che spaziano dal design, all’arte contemporanea e moderna fino alla bigiotteria e all’artigianato. Iniziamo da “MuseoCity in Galleria”. Con questo progetto nasce un’idea di scambio culturale tra istituzioni, musei, archivi e alcune gallerie di Milano. In cosa consiste questo inedito dialogo artistico? 

«Ti faccio un esempio, per la precisione quello che ha visto come protagonisti Cardi Gallery e il MAS – Museo d’Arte e Scienza. In questo caso ci siamo concentrati su più aspetti, uno è quello della matericità delle opere esposte che, infatti, sono tutte in legno e vedono da un lato le sculture monumentali di Ceroli e dall’altro una scultura di un Buddha birmano del 1700. All’interno della galleria una sagoma di Ceroli con sabbia e legno bruciato è posta davanti al Buddha, creando un forte impatto visivo e concettuale. Negli spazi di Cardi Gallery è, quindi, analizzato il confronto tra passato e presente, tra diverse culture e lavorazioni del legno: le 8 monumentali opere di Ceroli, della serie Discorsi platonici sulla geometria, rievocano il mito di Atlante, condannato a sostenere la volta celeste per aver osato ribellarsi agli dei. Buddha, invece, ha abbandonato un certo tipo di vita per farsi portatore di un messaggio salvifico e alleviare le sofferenze degli uomini. Come puoi vedere sono tutti contrasti e dialoghi molto interessanti».

Cardi Gallery, installation view, MuseoCity 2024, ©Filippo Romano

L’intento di questa nuova iniziativa è quindi far conoscere culture, tradizioni e tipologie artistiche diverse a contatto con alcune delle gallerie attive sul territorio milanese. Avete riscontrato delle difficoltà nello sviluppo del progetto?

«Pensavo sarebbe stato molto più complesso il progetto con le vetrine rispetto a quello con le gallerie, invece, ci siamo rese conto che lo spazio delle gallerie è più complesso da gestire, anche per una serie di vincoli burocratici. Ad esempio, non sempre un artista rappresentato da una galleria può essere esposto in altri spazi. Nel caso della Nuova Galleria Morone, però, abbiamo fortunatamente riscontrato disponibilità da parte della Fondazione Piero Manzoni, che lavora con una galleria internazionale quale Hauser and Wirth. Della Fondazione la galleria ospita Linea perfettamente inserita nella mostra Una giornata dove sono esposte opere di otto artisti italiani e internazionali, legate al concetto della creazione artistica nell’arco di una giornata e della transitorietà. Il dialogo che si è creato in questo caso con l’opera di Manzoni è stato così tanto efficace da far sì che l’opera non fosse esposta solo nei cinque giorni di Milano MuseoCity ma rimarrà visibile per tutta la durata della mostra.

L’altra difficoltà riscontrata con le gallerie è che avevano già in corso, o già programmato, esposizioni che comportano vincoli e limiti allestitivi concettuali oltre che spaziali».

Torniamo all’altra novità di quest’anno: “MuseoCity in Vetrina”. In che modo si trasformano le vetrine di alcuni dei negozi più rinomati della città meneghina? Penso per esempio, fra gli altri, ad Atlas Concorde, De Padova, Cassina, Poltrona Frau o Alessi.

«L’idea di “MuseoCity in Vetrina” è quella di coinvolgere alcuni dei negozi milanesi dando loro l’occasione di attirare l’attenzione in un momento di passaggio, e quindi più tranquillo, tra la fashion week e la design week. È stata anche questa una bellissima sfida, con risultati che non avrei mai immaginato».

De Padova, installation view, MuseoCity 2024, ©Filippo Romano

Perché credevi che questa iniziativa sarebbe stata complessa da gestire?

«Credevo fosse estremamente complicato come progetto, invece, prendendo come esempio il progetto presentato da Atlas Concorde, siamo riusciti a creare in vetrina un’installazione molto scenografica dove convivono colori pastello delicati, simbolo di libertà e creatività, e il rigore proprio dell’industria ceramica di Atlas Concorde. Con questa collaborazione è stato quindi materializzato il fatto che il passaggio dalla morbidezza all’industrializzazione è metafora di un incontro significativo tra designer e industria, libertà e produzione seriale.

Molto originale è anche l’omaggio di Molteni&C a Gio Ponti, che promuove al contempo il nuovo allestimento del Museo d’impresa di Giussano.

Tornando alla tua domanda, temevo anche che coinvolgere diversi medium all’interno di questa iniziativa avrebbe potuto essere un grande ostacolo e, invece, abbiamo assistito a esiti finali stupefacenti come nella sinergia fra De Padova e Veronica Gaido. Nello store sono infatti esposte una serie di fotografie, anche di grandi dimensioni, capaci di creare una connessione fra i prodotti di interni di De Padova e la dimensione intima delle fotografie della Gaid».

Pensiamo anche a Poltrona Frau: un’esposizione che racconta l’alchimia di un incontro tra il brand, Gio Ponti e la città di Milano incentrandosi sulla poltrona Dezza. La poltrona è esposta con un tessuto scoperto grazie al contributo dell’Archivio Gio Ponti e la forma della gamba si ispira alla sezione del grattacielo Pirelli di Milano. All’interno del negozio sono allestite anche delle vetrinette di natura museale che espongono materiali storici e di archivio realizzate anche grazie alla collaborazione con l’Archivio Gio Ponti e la Fondazione Pirelli».

Potremmo quindi dire che in “MuseoCity in Vetrina” la relazione fra la vetrina, il pubblico e l’oggetto esposto crea dei musei effimeri e diffusi che condividono insight che altrimenti sarebbero rimasti sconosciuti ai più. Mi sorge quindi spontanea una domanda: come si trasforma l’esposizione di un pezzo di design o di un’opera d’arte sfruttando la vetrina di uno spazio commerciale?

«Penso che la trasformazione avvenga nel rendere tutto un po’ più pop, non nell’accezione negativa del termine, quanto nel suo significato legato all’accessibilità e all’inclusività. Quello su cui MuseoCity sta lavorando è superare un certo senso di inadeguatezza e di intimorimento che il pubblico, soprattutto i più giovani, può provare nell’accedere a una istituzione, ma anche alle gallerie d’arte. Concretizzando questo tipo di operazione vogliamo comunicare un forte messaggio: la cultura è per tutti e di tutti e per farlo valorizziamo anche dettagli inediti e meno noti di oggetti ed opere d’arte già celebri e conosciuti».

Marazzi, installation view, MuseoCity 2024, ©Filippo Romano

Quest’attenzione di cui parli nei confronti di aspetti inediti e innovativi la ritroviamo anche in un altro vostro progetto già presentato in passato: il Museo Segreto.

«Esatto, grazie al tema dell’anno proponiamo alle istituzioni che partecipano a Milano MuseoCity di mostrare pezzi di archivio o delle loro collezioni mai esposti, raccontati in una chiave di lettura nuova e differente, offrendo un’occasione di scoperta per il pubblico e allo stesso tempo un’azione di fidelizzazione che spinge a tornare a visitare determinate realtà».

In che modo sarebbe possibile secondo te espandere l’accessibilità ai luoghi della cultura anche al di fuori dei cinque giorni di Milano MuseoCity?

«Sicuramente costruendo ancora più connessioni e scambi durante l’anno. È proprio quello che stiamo consigliando alle istituzioni del circuito, ben 109. Suggerire nuovi luoghi, segnalare altre realtà interessanti è senz’altro un modo molto efficace per aumentarne l’interesse e il numero dei visitatori. Anche in termini geografici: segnalare nelle vicinanze altre visite possibili consente di creare rapporti ulteriori e permette al pubblico di scoprire posti in cui tornare anche durante l’anno. Il passaparola è certamente molto efficace: segnaliamo molteplici iniziative anche sul nostro sito e tramite le nostre mappe. Allo stesso tempo è fondamentale che le persone capiscano che sì, in alcuni casi è un’occasione unica accedere a questi luoghi, ma in altri no. Le iniziative che stiamo proponendo, pensiamo anche a “MuseoCity in Vetrina”, permettono di raggiungere un pubblico vasto non composto unicamente da chi è già appassionato di arte o design. L’idea è di raccontare Milano da un altro punto di vista, presentandola anche come città d’arte e non unicamente come un’eccellenza per la moda e il design».

Basandoti sulla tua esperienza, come si può effettivamente coinvolgere e attivare sempre di più il pubblico nei confronti del mondo dell’arte? Qual è il problema principale da affrontare e come MuseoCity cerca di risolverlo? 

«Parte del problema è che c’è poca risonanza riguardo a quanto si può scoprire nel mondo dell’arte. Noi stiamo cercando di sensibilizzare le persone a tale riguardo, lavorando su più distretti, zone e quartieri della città per creare e consolidare le connessioni di cui parlavo prima. Per esempio, a Città Studi e Acquabella ho scoperto una ricchezza di istituzioni inaspettata e quindi ci stiamo concentrando sul coordinamento delle aperture e delle inaugurazioni così da facilitare gli spostamenti dei visitatori. A volte è proprio una questione di logistica, che però non è da sottovalutare in quanto influisce molto sulla resa finale. Sicuramente anche la stampa ha un ruolo fondamentale a riguardo, per esempio parlando non solo delle istituzioni più note in città ma anche di quelle più piccole e meno conosciute e rispettandone la “sacralità” e le esigenze senza renderle mere mete turistiche».

Poltrona Frau, installation view, MuseoCity 2024, ©Filippo Romano

Come accennavo all’inizio, questo è l’ottavo incontro tra il capoluogo lombardo e MuseoCity, avete quindi alle spalle un archivio consistente che arricchisce ogni nuova edizione. Quali sono i traguardi che avete raggiunto in questo arco temporale? 

«Uno dei traguardi è stato valorizzare e far dialogare l’anima culturale della città con la sua essenza industriale. Per esempio con Marazzi MuseoCity ha trasformato la sua “The Green & Blue Tea Room” di ACPV Architects in una preziosa Wunderkammer che espone libri d’artista, piccole sculture, multipli di grandi artisti quali Getulio Alviani, Mercedes Pardo, Man Ray, Fausta Squatriti, Joe Tylson e molti altri, intervallate dalle sculture di Emilio Tadini. Questa collaborazione è stata molto importante in quanto dimostra come possano convivere settori diversi ma anche molto affini e complementari. Un altro successo è che finalmente Milano MuseoCity, dopo otto anni, è entrata a tutti gli effetti nella programmazione milanese. Ogni anno riusciamo a coinvolgere sempre più istituzioni, che ci contattano spinte da un forte entusiasmo. Siamo riusciti a dimostrare quanto la cultura faccia parte del nostro DNA e anche del tessuto urbano. Abbiamo, inoltre, incuriosito il pubblico coinvolgendo anche i più giovani e i bambini. Abbiamo lavorato sulla fascia dei più piccoli proponendo dei laboratori nuovi in collaborazione con Alchemilla. I bambini sono coinvolti a tutti gli effetti in progetti partecipativi dando loro la libertà di interpretare delle opere d’arte e di registrare i propri pensieri che diventano poi didascalie parlanti per le istituzioni».

Quali sono, invece, i prossimi obiettivi di MuseoCity?

«Intessere reti connesse e significative fra i vari settori e le varie realtà artistiche che si occupano di discipline differenti è sicuramente uno dei nostri obiettivi primari. Così come proporre collaborazioni tra grandi istituzioni e luoghi d’arte più piccoli e di nicchia, cercando anche di lavorare su una programmazione con più appuntamenti durante l’anno puntando anche a un ampliamento nel territorio lombardo. Un altro passo che faremo in futuro è riproporre temi che abbiamo già proposto negli anni passati per rinnovarli e rileggerli in chiave nuova. Vogliamo che ci sia uno sviluppo continuo e che un progetto, una volta concluso, non rimanga solamente nel passato ma possa protrarsi anche nel presente e avere continuità, coinvolgendo anche una community diversa e un target più variegato».

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