19 settembre 1999

Atmosfere domestiche

 
Ritorno all'ordine
È questo l'imperativo (anche estetico) in voga nel Ventennio. Risultato: la famiglia in primo piano; e poi gli affetti, le piccole cose, I valori tradizionali, l'universo privato degli affetti. L'arte diventa informale, privilegiando atmosfere rarefatte, ambientazioni consuete. E vanno forti le nature morte….

di

Morlotti, nudoI ritratti informali di Semeghini e Guidi, con le protagoniste sedute su una seggiola di cucina o nei pressi di un tavolo apparecchiato (Semeghini, Ragazza con la mela, 1940; Virgilio Guidi, Donna solitaria, ante 1939), si alternano alle intrusioni voyeuristiche di Arturo Martini e Roberto Melli che raffigurano il risveglio mattutuino (Martini, Risveglio; Melli, Risveglio estivo, 1938). Alla sensualità espressa dal nudo femminile nell’alcova dipinto da Martini, si contrappone la quieta rappresentazione della scena ideata da Roberto Melli, nella quale il vecchio pavimento a mattonelle esagonali o il doppio materasso di lana e vegetale suscitano la nostalgia per un mondo ormai lontano e hanno il sopravvento su qualunque curiosità morbosa.
La maternità, celebrata dalla politica e dalla retorica fascista, è spesso illustrata dai pittori italiani dell’epoca che talvolta conferiscono al tema la sacralità di un’icona oppure, come nel dipinto di Emilio Vedova (Maternità, 1942), riescono con pochi tratti a restituire tutta l’intensa spontaneità dell’amore fra madre e figlio. E i ritratti materni si moltiplicano, come dimostrano quelli eseguiti da Cassinari (1942) e Birolli (1940) esposti nel museo fiorentino e i due ritratti della madre di Alberto Della Ragione realizzati rispettivamente in scultura e su tela da Antonietta Raphael (1945 c.) e da Renato Birolli (1954).
Evocano l’intimità domestica e una tranquilla e malinconica quotidianità le numerose nature morte presenti nella collezione, genere pittorico riscoperto dai maestri italiani dopo aver conosciuto e ammirato le straordinarie composizioni di Cezanne nella mostra retrospettiva dedicata all’artista francese alla Biennale di Venezia nel 1920. Per Giorgio Morandi, la natura morta divenne ben presto il tema preferito, come testimoniano i due splendidi dipinti eseguiti rispettivamente nel 1926 e nel 1938 conservati nella raccolta Della Ragione. La luce, il colore, lo stato d’animo del pittore trasformano queste composizioni, fatte sempre delle stesse bottiglie e dello stesso vasellame, in opere ogni volta diverse ed originali, specchio fedele dell’evoluzione emotiva dell’artista bolognese.
Le raffigurazioni di interni tornano spesso anche nelle opere di Felice Casorati, le cui composizione dalle atmosfere immote e rarefatte, ricche di suggestioni neo-rinascimentali, incontrarono ben presto il gusto del pubblico e della critica, determinandone la fama e il successo. Risale al 1922 il Nudo femminile eseguito come studio preparatorio per il “Meriggio”, opera che si conserva oggi nel Museo Revoltella a Trieste e che segna uno dei massimi raggiungimenti dell’artista torinese. La verità fotografica dell’immagine si contrappone alla perfezione accademica del nudo, dando vita ad un accattivante connubio fra realtà e idealismo noto come “Realismo magico”. Il mecenatismo del collezionista torinese Riccardo Gualino, come pure le richieste del mercato, indirizzarono Casorati verso soggetti cari al mondo borghese, come la ritrattistica (Studio per ritratto, 1919; Ragazza in azzurro, 1933) e le nature morte (Cestino con uova e rape, 1942), generi tuttavia rivisitati attraverso l’aulica lezione del Quattrocento italiano.
Atmosfere incantate, familiari e allo stesso tempo lontane e inquietanti, comprensibili agli occhi ma non alla mente, caratterizzano anche i cortili alberati di Donghi (Piazzale alberato, 1925), le vedute di Paresce (La statua e la scala, 1931; La donna alla finestra, 1931), i bagni marini di De Chirico (Les Bains mysterieux, 1929), i corpi stesi al sole di Martini (La pisana, 1929; Corpi al sole, 1932), questi ultimi quasi una traduzione scultorea dei nudi perfetti di Casorati.
Ben altra concretezza e realismo sembrano avere i corpi delle modelle effigiate in studio da Guttuso (Nudo disteso, 1937, Nudo con la forbice, 1939), Mafai (Nudo sulla poltrona blu, 1942), Morlotti (Nudo, 1939), caratterizzati da una pittura densa, fatta di colori brillanti e contrastanti, che conferisce consistenza materica ai corpi modellati dalla luce. I nudi femminili sono anche i protagonisti delle vedute, non rare, degli interni dei bordelli, raccontati con crudo realismo da Maccari, Santmaso e ancora da Guttuso (Santomaso, Donne sedute, 1941; Guttuso, Donne discinte, 1941; Maccari, Donna e soldato, 1942). L’intento espressivo e la rottura violenta con la realtà edulcorata dei pittori del “ritorno all’ordine” è resa evidente dai segni incisivi e grossolani che costruiscono le figure, come pure dai contrasti tonali della gamma cromatica accesa e stridente, che tradisce la drammaticità del momento storico vissuto.

Daniela Parenti

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