13 novembre 2019

Intervista a Ian Williams dei Battles durante Club To Club 2019

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Abbiamo incontrato Ian Williams, chitarrista e fondatore dei Battles, per un'intervista sulla nuova formazione, l'ultimo album e la musica indipendente

Battles (courtesy Battles)
Battles (courtesy Battles)

I Battles rappresentano uno dei sinonimi del math rock degli ultimi vent’anni. Il loro uso smodato di effettistica e computer a fianco dei loro strumenti ha da sempre connotato il loro suono con iniezioni elettroniche che hanno portato i loro loop ipnotici e labirintici su palchi molto disparati, fra i quali quello del Club To Club. Nati come quartetto ma divenuti ad oggi un duo, i Battles hanno da poco presentato un nuovo album, Juice B Crypts, ricco di collaborazioni piuttosto variegate, da John Anderson degli Yes alla brillante Xenia Rubinos. Abbiamo incontrato Ian Williams, chitarrista-tastierista e fondatore del gruppo, per fargli qualche domanda sulla nuova formazione, sul loro ultimo lavoro e la musica indipendente.

Ian Williams sul palco del Club To Club 2019 (courtesy Andrea Macchia)
Ian Williams sul palco del Club To Club 2019 (courtesy Ilaria Ieie)

Come vi trovate a suonare ad un festival come il Club To Club?

È grande, è gestito piuttosto bene, suoniamo di fronte ad un pubblico che probabilmente ascolta cose un po’ diverse da noi ma che può comunque capirci. Ci sta. Alla fine siamo quel tipo di band che si presta ad esibirsi di fronte a diversi tipi di pubblico, possiamo facilmente trovarci sul palco di festival di elettronica così come un palco di un festival rock.

Pensi che sia un contesto coerente rispetto alla vostra musica?

No, direi che si scosti un po’ ma d’altra parte non credo che ci sia un festival “perfetto” per la nostra musica. Quest’estate suonavamo in un festival prog rock in Inghilterra, dove si sono esibite anche band metal e la questione era la stessa. Penso che la nostra prerogativa sia proprio di poter cambiare palco e pubblico senza snaturare la nostra proposta musicale.

Quando avete iniziato circa 17 anni fa, la vostra formula di equilibrio tra musica meccanica e musica umana era avanguardia, mentre oggi è sempre più popolare e diffusa. Che cosa considereresti avanguardia in musica, di questi tempi?

[lungo silenzio] Già… è difficile, vero? In effetti oggi è tutto avanguardia, onestamente non avrei una risposta!

Tu cosa stai ascoltando in questo periodo?

Ultimamente sto ascoltando i Guerilla Toss, gruppo art rock con base a NY e con cui suoneremo in tour, e un gruppo di Philadelphia che si chiama Palm.

Anche il concetto di musica indipendente è molto cambiato rispetto ai primi 2000. Cosa pensi che sia la musica indipendente oggi?

Anche qui non ho risposte, al momento ho solo domande. È una questione intricata… forse sei indipendente quando fai musica e non hai un’etichetta? Ma se ottieni un’etichetta smetti di esserlo? Se non hai un etichetta ma i tuoi concerti vengono sponsorizzati da un superbrand sei ancora indipendente? Non lo so, davvero non so.

A proposito di etichetta, far parte della Warp Records da diverso tempo ha influito sulla vostra musica?

Direi che in modo circostanziale abbia avuto una certa influenza, si. Intendo che se ci troviamo qui o in altri grandi festival di elettronica è principalmente perchè siamo parte di Warp e trovarci in circostanze di questo tipo può effettivamente influenzare il nostro modo di suonare.

Quindi considereresti la possibilità di fare un album di musica completamente elettronica?

Direi mai dire mai…

Passiamo al vostro nuovo Juice B Crypts. Com’è stato lavorare in duo con varie collaborazioni?

Diciamo che si possono settare le regole del gioco in modo diverso. Si può partire da un pezzo come They Played It Twice, con un cantato soul molto sentito ed espressivo per poi scivolare dentro Sugar Foot, che ha un’attitude completamente diversa, molto più prog… è figo poter fare transizioni del genere, normalmente per una band è molto più difficile permetterselo. Penso comunque che il tutto suoni ancora Battles, siamo ancora noi. Nonostante questa nuova “pelle” che abbiamo apposto al nostro suono, che lascia pensare ad una nuova identità, la struttura è ancora puramente Battles e credo che questo si senta.

Ti sei sentito più libero in termini di creatività e composizione?

Personalmente ho sempre sentito di essere un po’ il camaleonte in questa band. Ho sempre cercato di fare cosa sentivo che fosse necessario, adattandomi a ruoli diversi. Il suono di John è piuttosto stabile e ora che siamo in due il mio cambiare ruoli determina in modo completo le differenze dei brani, che sono in effetti piuttosto diversi. Quindi in certi aspetti sono più libero ma dato che le mie trasformazioni incidono molto di più devo anche stare più attento.

Juice B Crypts potrebbe essere il primo capitolo di un percorso in duo dei Battles?

Può essere, non abbiamo ancora considerato l’idea di riestendere la band.

Com’è nato quest’album?

John ed io abbiamo avuto un nuovo studio a disposizione per un anno a New York, cambiamento interessante per noi perchè abbiamo sempre provato fuori città, nello stato di Rhode Island. È stato diverso lavorare andando da casa allo studio nella stessa città, è stato tutto più radicato e più rilassante… Juice B Crypts è un po’ il riflesso di questo anno di vita e musica a New York.

Ultima domanda, avevate un obiettivo?

Condensare i suoni giusti in un taglio da 3 minuti e mezzo, insomma creare canzoni con un sound accessibile in un formato digeribile… e poi rendere ognuno di questi bocconcini il più estremo possibile, come dei piccoli tabloid iper-patinati all’eccesso.

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