14 maggio 2004

fino al 18.VII.2004 Pino Pascali Napoli, Castel Sant’Elmo

 
A Castel Sant’Elmo un’antologica celebra Pino Pascali. Artista geniale e irriverente che, nel breve spazio di una carriera folgorante, anticipò le più importanti tendenze dell’ultimo ‘900. Un percorso composito ed esaustivo, che trova negli spazi una dimensione ideale…

di

Quattro anni. Tanti bastarono a Pino Pascali (Bari, 1935 – Roma, 1968) per portare scompiglio nel mondo dell’arte. Mentre i coetanei facevano ancora fatica ad assimilare le novità d’importazione, il promettente pugliese, con intuito finissimo, lavorava nella tv e nella pubblicità, rifiutandosi di uscire allo scoperto fino al 1965. Da quel momento, la sua carriera fu un vertiginoso susseguirsi di invenzioni sempre più ardite, irriverenti, provocatorie. In una parola: geniali.
Perché Pino Pascali faceva sempre prima. In anticipo rispetto ai suoi quasi-coetanei Angeli, Schifano e Festa, approdò a quella serie di soluzioni modernamente abbinabili alla parola “Arte” o alla sua gemella anglofona (Povera, Concettuale, Land, Body, Minimal), con una facoltà divinatoria che nella sua generazione condivise, forse, solo con Piero Manzoni che però, da nobile “lumbard” sofisticato e rarefatto, era ben dissimile dal meridionale Pascali, il quale con i suoi “giocattoloni” e le sue porzioni di finto mare s’impossessava golosamente dello spazio, con un spirito ludico intriso di solarità mediterranea. Pino Pascali - Pelo - 1968 Galleria Nazionale dArte Moderna
Insomma, Pino era un moto perpetuo.
Adesso, ad acchiapparlo ci provano gli “Annali dell’Arte” campani che, dopo lo scivolone di Serra al Museo Archeologico Nazionale, riprendono quota grazie a questo vulcanico protagonista del dopoguerra internazionale. Merito non solo del team di curatori formato da Achille Bonito Oliva, Livia Velani e dalla “padrona di casa” Angela Tecce, ma anche di Castel Sant’Elmo, che con la sua nuda e severa maestosità riesce a dialogare con il contemporaneo in modo eccellente: le volte grezze, il mattonato a spina di pesce e il parquet ne fanno un contenitore versatile e non invadente, in cui l’ottimo Lucio Turchetta impagina senza strafare. Il godimento, così, è assicurato (e, se i contributi video venissero proiettati sull’apposito telo, sarebbe completo).
I coloratissimi “Bachi da setola” assemblati con scovoli acrilici fanno da ciambellani, prima di addentrarsi tra le teche di frutta incerottata e i “Ruderi romani”, il cannone “Bella Ciao” e il sepolcro di Corradino di Svevia -reliquia di una ben più articolata e dissacrante performance-, gli intrecci del ponte sospeso sulle “Confluenze” fluviali, i morbidi peluche del castello di carte e della gigantesca “Vedova blu”, i mastodontici animali preistorici decapitati e i trofei di caccia in tela centinata appesi alle pareti, la terra grezza e il fieno accanto al cemento dei “Lavori in corso”. La galleria di disegni e bozzetti sbocca nell’ingannevole tripudio della materia reinventata, in cui l’unica tautologica concessione alla natura-natura è costituita dagli attrezzi agricoli in legno grezzo. Così le pagliette di ferro servono per comporre lunghissime liane che penzolano dall’alto, e la lana d’acciaio per rivestire l’arco di Ulisse e il cavalletto dall’aria tribale ricoperto da un ciuffo di raffia. Ancora, sempre, l’acqua, con lo zigzagante “Fiume con foce tripla” e i “32mq di mare”, cui le splendide gradazioni d’azzurro conferiscono una così immota lucentezza da sembrare una superficie smaltata.
Segni forti scaturiti da materiali effimeri, fragili come l’esistenza che la sorte gli aveva riservato.
Pino Pascali - Ruderi sul prato - 1964 Galleria Nazionale dArte ModernaPino Pascali se ne andò a trentatré anni, mentre la Biennale di Venezia gli consacrava un’intera sala. Era il 1968 e il mondo era ormai incendiato dalla contestazione giovanile, ma il ragazzo venuto dal Sud le sue rivoluzioni le aveva già attuate. Di fronte alla tragedia improvvisa, scatta automaticamente la ressa delle congetture: Se fosse vissuto più a lungo, Se fosse ancora qui. Se, se, se, se. I soliti saggi dicono che la storia non si fa con i “se”. E, soprattutto, una mostra non è un epicedio. Lui non avrebbe gradito.

anita pepe
mostra visitata il 6 maggio 2004


Pino Pascali
Castel Sant’Elmo – Via Tito Angelini 20
Orario: tutti i giorni ore 10 – 19 ; lunedì chiuso. La biglietteria chiude un’ora prima.
Biglietto: 3€; Informazioni e prenotazioni: 848800288; dai cellulari 0639967050; per le scuole 0817410067
catalogo: realizzato dalla Regione Campania, distribuito da Electa Napoli
ufficio stampa: Soprintendenza, Simona Golia Tel. 081 2294478 fax 081 2294498; e-mail polomusna.uffstampa@arti.beniculturali.it
Civita, Barbara Izzo Tel. 06 692050220 fax 06 69942202 e-mail izzo@civita.it
curatori: Achille Bonito Oliva, Angela Tecce, Livia Velani


[exibart]


5 Commenti

  1. “Insomma, Pino era un moto perpetuo”. Ma stiamo scherzando,questa è una recensione?!? Scritta in questo modo? Allora su Exibart possono scrivere veramente tutti…

  2. Sono d’accordo con l’articolo
    ben scritto che descrive con entusiasmo una delle figure più straordinarie della nostra arte, finalmente una mostra che raccoglie e permette di vedere tutte le opere… solo in parte esposte in una precedente mostra alla Galleria d’arte moderna di Roma:. Purtroppo non è vero che Castel Sant’Elmo è il contenitore ideale per le opere d’arte contemporanea. E’ uno spazio prevaricante con cui le opere riescono a volte a interagire altre no! In questo caso, le opere sono talmente forti, assolute che sarebbero state bene ovunque, anche se credo che un “contenitore” più “neutro” le avrebbe senz’altro gratificate.Non posso dare un giudizio sul catalogo.. perchè alle ore 20.00
    l’ufficio stampa era già chiuso!

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