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Architetta, designer, scenografa, artista e critica italiana, naturalizzata brasiliana, sarà attribuito a Lina Bo Bardi il Leone d’Oro speciale alla memoria, nell’ambito della 17ma Mostra Internazionale di Architettura della Biennale di Venezia, che aprirà al pubblico sabato, 22 maggio 2021. A proporre il riconoscimento è stato Hashim Sarkis, curatore della Biennale Architettura 2021, successivamente accolto dal Consiglio di Amministrazione della Biennale di Venezia, che ha dato l’annuncio nella Giornata internazionale dei diritti della donna.
«Se esiste un architetto che meglio di ogni altro rappresenta il tema della Biennale Architettura 2021 questa è Lina Bo Bardi», ha spiegato Sarkis. «La sua carriera di progettista, editor, curatrice e attivista ci ricorda il ruolo dell’architetto come coordinatore (convener) nonché, aspetto importante, come creatore di visioni collettive. Lina Bo Bardi incarna inoltre la tenacia dell’architetto in tempi difficili, siano essi caratterizzati da guerre, conflitti politici o immigrazione, e la sua capacità di conservare creatività, generosità e ottimismo in ogni circostanza», ha continuato Sarkis. «Il Leone d’oro speciale alla memoria a Lina Bo Bardi rappresenta il riconoscimento, dovuto ormai da tempo, di una prestigiosa carriera sviluppatasi tra Italia e Brasile e di un contributo volto a riconsiderare il ruolo dell’architetto come facilitatore della socialità. Rappresenta infine il tributo a una donna che rappresenta semplicemente l’architetto nella sua migliore accezione».
Il riconoscimento a Lina Bo Bardi sarà celebrato sabato 22 maggio 2021 nel corso della cerimonia di inaugurazione della Biennale d’Architettura di Venezia.
Ha da poco chiuso al MAXXI di Roma “Lina Bo Bardi – Un meraviglioso groviglio“, mostra immersiva e multicanale, a cura del film maker Isaac Julien, in omaggio ai lavori più iconici della madrina del movimento modernista sudamericano.
Lina Bo Bardi: tra gli oceani e la guerra, la pioniera del Modernismo
Achillina Bo, detta Lina, nacque a Roma nel 1914. Dopo la laurea in architettura nel 1939, si trasferì a Milano e qui incontrò Gio Ponti, iniziando la carriera nel suo studio. Successivamente ne aprì uno suo, che però fu distrutto durante la Seconda Guerra Mondiale. Nel 1944 è co-direttore di Domus con Carlo Pagani e con il sostegno di Bruno Zevi creò il settimanale A – Attualità, Architettura, Abitazione, Arte.
Dopo la guerra, sposò Pietro Maria Bardi con il quale, nel 1947, si trasferì in Brasile. Divenne cittadina brasiliana nel 1951 e nello stesso anno completò il suo primo edificio come architetta, la Casa de Vidro, la Casa di Vetro, inizialmente costruita per essere abitata da Lina e suo marito, nel nuovo quartiere di Morumbi, su una collina immersa nella foresta tropicale.
Tra il 1957 e il 1969 realizza il MASP – Museu de Arte de São Paulo, museo di cui il marito fu il curatore. La sua struttura, un grande parallelepipedo di calcestruzzo e vetro, sarebbe diventata una delle più iconiche dell’architettura paulista brasiliana e del modernismo. «Nelle sue mani l’architettura diviene effettivamente una forma di arte sociale capace di favorire l’incontro», ancora nelle parole di Sarkis. «L’esempio più alto di questa attitudine è il progetto del Museo di San Paolo, emblematico per la sua capacità di creare uno spazio pubblico per l’intera città, di realizzare spazi interni flessibili e di essere adatto a ospitare esposizioni sperimentali e inclusive, come quelle della stessa Bo Bardi. I titoli delle mostre che vi si sono svolte (“The House as Soul”, “The Dignity of Architecture”, “The Hand of the Brazilian People”) valgono da soli a illustrare molto efficacemente la capacità dell’architettura di unire le persone».
Tra il 1977 e il 1986 realizzò il SESC – Fábrica da Pompéia, gigantesco centro sociale, ricreativo, culturale e sportivo. Tra il 1980 e 1994 lavorò al Teatro Oficina sovvertendo le gerarchie spaziali del teatro borghese. Quella di Lina Bo Bardi è stata l’architettura dell’impegno civile, intesa come servizio collettivo, libera dai dettami di una scuola di pensiero. Un’architettura moderna e antica allo stesso tempo, popolare, vernacolare e colta, artigianale e non industriale, rispettosa delle tradizioni ma anche innovativa. Dopo la sua morte, avvenuta il 20 marzo 1992, il ricordo e il riconoscimento della sua attività è affidato alle cure dell’Instituto Bardi di San Paolo del Brasile.
«Ringraziamo La Biennale di Venezia per la sua visione nel riconoscere oggi una donna generosa e poliedrica che ha raggiunto in vita così tante persone e continuerà a essere di ispirazione per molte generazioni a venire», così l’Instituto Bardi ha commentato la nomina. «Ci auguriamo che l’edizione 2021 della Biennale Architettura – piuttosto che accrescere la popolarità di Lina Bo Bardi come icona dell’architettura – contribuisca a contestualizzare e comunicare ancora meglio la profondità della sua visione critica del mondo: prendersi sempre cura di coloro culturalmente meno rappresentati, sempre consapevole dell’importanza della diversità nell’arte e nell’architettura e impegnata in un approccio multidisciplinare a un’architettura che tiene insieme persone di ogni ceto sociale».
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