27 febbraio 2001

Eredità Zeri: l’ultima schermaglia

 
di Alfredo Sigolo

Febbraio 2001: si riaccende, furiosa, la polemica sul legato e l’eredità di Zeri. Riviste, quotidiani e radio riportano l'attenzione su una vicenda che non riesce a trovare vie d'uscita. E all'orizzonte, con la prospettiva delle prossime elezioni, sembra anche allungarsi la mano lunga della politica...

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A 2 anni dalla morte di uno dei più grandi storici e critici dell’arte dello scorso secolo si rinnova compatto l’appello all’Università di Bologna, alla quale per legato sono stati affidati villa, fototeca e biblioteca, affinché vengano chiarite le intenzioni circa il trattamento dell’immenso patrimonio, a cominciare dal lavoro di catalogazione e schedatura dell’archivio fotografico.
Il Giornale dell’Arte è sempre stato in prima linea nella vicenda, riproponendo con regolarità aggiornamenti e resoconti, con l’intento preciso di impedire che la donazione di Zeri subisca il destino di altri archivi, dimenticati nei depositi.
Su queste pagine abbiamo già avuto occasione di segnalare gli appelli del Giornale, dunque ci correva l’obbligo di rendere conto del nuovo e circostanziato articolo dal titolo “Chi ha paura di Zeri?”, apparso sul numero di febbraio. La curatrice Ksenija Rozman, ha rilanciato le questioni già note, e non risolte, relative alla improrogabilità dell’inizio dell’opera di catalogazione della sterminata fototeca (400.000 pezzi tra i quali importanti raccolte tematiche, come quella sulla natura morta o l’arte riminese) e della biblioteca (ca. 80.000 tra volumi e cataloghi), all’opportunità della scelta dell’Ateneo Felsineo di trasferire la fototeca a Bologna per predisporre l’opera di schedatura e digitalizzazione, contravvenendo di fatto alla volontà di Zeri che avrebbe voluto che tutto rimanesse nella sua villa di Mentana, destinata a divenire un centro di studi e ricerche.
Villa di Federico Zeri
Ma, nell’occasione specifica, la Rozman ha alzato il tiro, proponendo nuove problematiche finora per nulla considerate: la conservazione della villa e del giardino, i rischi di dispersione e smembramento di materiale legati ai difficili rapporti che intercorrono tra l’Università e l’erede universale, il dott. Malgeri, cui sono andate le suppellettili, i mobili, alcune opere d’arte, l’archivio cartaceo e la parte non professionale (sic) della biblioteca (volumi di politica, economia, sociologia, religione ecc., oltre alla straordinaria collezione di gialli). Giustamente l’autrice ha sottolineato quanto sia importante mantenere gli strumenti di ricerca e gli archivi che Zeri utilizzava intatti e collocati nell’unico luogo dove egli stesso li avrebbe voluti, la villa di Mentana appunto.
Fin qui Il Giornale dell’Arte, ma questa volta la prestigiosa testata ha trovato un autorevole alleato. L’11.02.2001, infatti, l’inserto domenicale de Il Sole 24 Ore riempiva la prima pagina con un intervento di Alvar Gonzàles-Palacios, dal titolo “Dov’è il tesoro di Zeri?” (curioso che anche questo articolo riporti un titolo con un punto interrogativo, quasi a significare l’estrema incertezza e la poca chiarezza che circondano tutta la vicenda) ed un contributo di Marco Carminati.
Nella sostanza anche il servizio del Sole ha chiesto ragione delle poche e sconcertanti iniziative finora intraprese dall’Università di Bologna, e ha rincarato la dose sottolineando come Zeri bene avrebbe fatto a seguire la sua indole, che lo volle sempre contrario al mondo universitario.
Detto che risulta quanto mai strano che 2 testate del calibro de Il Giornale dell’Arte e de Il Sole 24 Ore escano contemporaneamente con articoli dello stesso tenore e del medesimo rilievo dedicati alla vicenda di Zeri, in un momento in cui non si registravano novità di rilievo, l’operazione non ha tardato a dare i suoi frutti.
All’indomani dell’articolo sul Sole, sulle pagine de Il Resto del Carlino, Carlo Donati, in un’intervista dal titolo “Zeri tradito? No, salvato” (di nuovo il punto interrogativo), chiedeva all’ex rettore Roversi Monaco, che aveva gestito la vicenda dell’eredità Zeri, un commento a quanto affermato da Palacios e Carminati. Il prof. Roversi Monaco ha negato che i lavori si trovino in una situazione di stallo, ricordando di aver egli stesso promosso, prima di cedere il posto al nuovo rettore Calzolari, la nomina di un comitato scientifico di provata capacità e competenza per gestire l’inizio dei lavori. Circa la questione della fototeca, l’ex rettore ha provveduto a far finalmente chiarezza, dichiarando che essa è stata trasferita al terzo piano di Villa Guastavillani, sui colli bolognesi (numerose voci la davano a Ravenna), e che la decisione del temporaneo trasloco dalla villa di Mentana è stata presa per meri motivi di sicurezza e di conservazione. Sul futuro il prof. Roversi Monaco ha ipotizzato l’inizio dell’opera di catalogazione e digitalizzazione dell’intero lascito, rimandando, per ogni altra questione, allo statuto della fondazione Mentana e alle decisioni del nuovo responsabile e rettore, il prof. Calzolari.

Nello stesso giorno, quasi evocato da quest’ultima intervista, lo stesso Calzolari rilasciava un comunicato in cui manifestava il proprio sconcerto per l’attacco del Sole, accusato di leggerezza, e rendeva conto delle cattive condizioni della villa di Zeri che avrebbero determinato il trasferimento della fototeca. A questo il rettore ha aggiunto che l’intenzione è quella di riportare il patrimonio nella sua sede originaria, una volta provveduto alla sua catalogazione e ai necessari restauri della dimora di Zeri. A questi fini sarebbe imminente la definitiva nomina dei membri del comitato scientifico (di cui sopra).
Il 13.02 (il giorno dopo) Il Sole 24 Ore pubblicava le dichiarazioni di Pier Ugo Calzolari ma rilanciava anche la questione, chiedendosi se la villa di Mentana si trovi veramente in condizioni così disastrate, insistendo sulla perplessità che vi siano le reali intenzioni di riportare la fototeca a Mentana e mettendo in dubbio i famosi criteri scientifici con cui ci sarebbe l’intenzione di lavorare.
Nello stesso giorno la questione, con le dichiarazioni del rettore, veniva ripresa sulle pagine de Il Domani, del Carlino di Bologna e sul bollettino di UniBo Alma 2000.
Nella sostanza si è consumata una battaglia di stampa in piena regola in cui Il Sole e Il Giornale dell’Arte hanno fatto fronte compatto, non mancando di mettere in dubbio le capacità gestionali e scientifiche dell’Alma Mater che pur risulta un ateneo di grande prestigio e di provate qualità in campo scientifico. Francamente a noi questo accanimento è parso non solo strano ma sono apparse inconsistenti anche alcune critiche. Si è per esempio invocato l’intervento di storici dell’arte che curino la catalogazione del materiale fotografico. Ma chi garantisce che gli storici dell’arte abbiano le competenze necessarie? Di fatto qui occorrono piuttosto catalogatori di professione, archivisti, esperti di standard catalografici e di banche dati digitali; agli storici dell’arte spetta semmai di affiancarli per una importante opera di consulenza. In ogni caso l’Università di Bologna ha dato prova di svolgere un’importante opera di formazione e aggiornamento in tutti questi campi disciplinari, all’avanguardia per l’Italia e per l’Europa, e perciò risultano inspiegabili argomentazioni di questo genere.
Piuttosto ciò che esce con maggior chiarezza dalla polemica in corso è che tutta la vicenda della gestione del patrimonio di Zeri si sta svolgendo in un clima di estrema incertezza e poca trasparenza che rendono improrogabile la stesura di un progetto concreto che stabilisca modalità e scadenze dei lavori da intraprendere, ed è inoltre auspicabile che la fondazione, di cui il rettore è presidente nel consiglio direttivo, si esprima con chiarezza sui destini di villa Mentana.
Ma c’è un altro fatto che corre parallelo a tutto questo bailamme. Il 19 settembre 2000 il Consigliere Alessio D’Amato, presentava per il Gruppo Comunisti del Lazio un’interrogazione urgente al Presidente della Giunta Regionale Francesco Storace (AN), nella quale si chiedeva come il Presidente e l’Assessore per le politiche della cultura intendessero intervenire per recuperare e conservare il patrimonio artistico e culturale lasciato da Zeri nel Comune di Mentana e come pensassero di favorire la costituzione della scuola d’arte e della fondazione presso la villa.
La risposta di Francesco Storace è giunta con un comunicato stampa del 12.02.2001 (!), all’indomani del famoso articolo del Sole. Secondo il comunicato la Regione Lazio avrebbe chiesto ufficialmente di partecipare alla Fondazione Federico Zeri: scontata la soddisfazione del capogruppo dei Comunisti Italiani, Alessio D’Amato ha auspicato che questo nuovo avvenimento serva a garantire un ritorno della fototeca a Mentana e il rispetto delle volontà del grande critico.
Ora, ci chiediamo: perché la risposta di Storace è giunta proprio il 12.02, a distanza di quasi 5 mesi dall’interrogazione, contemporaneamente al riaccendersi della querelle sul legato Zeri? Una coincidenza? Forse, ma la preoccupazione è che i ritardi, quali ne siano le responsabilità (UniBo, l’erede dott. Malgari o altri), stiano per condurre il futuro della fondazione sui binari della politica, con i rischi di strumentalizzazione che questo comporta.

Articoli correlati:
Un articolo di Exibart sulla vicenda
La donazione Zeri in mostra a Bergamo
Approfondimenti:
La rassegna stampa (11, 12 e 13 febbraio 2001) sul sito di UniBo
Le dichiarazioni del rettore
l’articolo su Alma 2000
L’interrogazione di Comunisti italiani
Il comunicato stampa con le dichiarazioni di Storace


Alfredo Sigolo






[exibart]

6 Commenti

  1. Che gli storici dell’arte non possano parteciapre se non come “fiancheggiatori” al riordino di una fototeca d’arte mi sembra ridicolo. Semmai è vero il contrario: sono cioè gli archivisti a dover affiancare gli storici dell’arte (allmeno in questo caso).

  2. Caro Alessandro, non mi trovo d’accordo con te.
    Il progetto generale è chiaro, schedare e digitalizzare le immagini. Sul riordino si vedrà, perché pare che la fototeca abbia già un “ordine originario” (stabilito da Zeri) ed è tutto da vedere se sia giusto sconvolgere tale ordine.
    Per quanto concerne la schedatura, la catalogazione e la digitalizzazione del materiale, lo dicono le azioni stesse che è necessario coinvolgere esperti nel settore. Occorre gente che abbia svolto studi specifici, non solo sulla catalogazione di diversi tipi di materiale, ma anche sul trattamento elettronico dei dati. Si dovrà chiarire quale utilizzo si vorrà fare della banca dati digitale (collocata in remoto per essere accessibile sul web o in locale?) e quali standard adottare per la catalogazione e l’acquisizione delle immagini (si useranno i nuovi standard ICCD adottati per le foto o altri?).
    Si potrebbe andare avanti a discutere sulla questione, per intanto basti questo. Le nuove tecnolgie in campo catalografico (siano essi libri, documenti o immagini) e loro trattamento e accesso (via web o meno) richiedono competenze specifiche. Lo dimostrano, se non altro, gli studi condotti dal Ministère Culture Comunication francese (www.culture.fr) che, nell’ambito dell’opera di catalogazione (in atto, tra molte polemiche, anche in Italia), ha provveduto ad organizzare comitati scientifici appositi, come il Comitée scientifique documentation informatisée et multimédia con competenze specifiche in materia. Agli storici dell’arte potrà spettare lo studio storico del materiale, la loro consulenza potrà servire a comprendere le ragioni di un dato ordinamento predisposto da Zeri, e tuttavia ti renderai conto anche tu che, per definizione, uno storico dell’arte è uno storico dell’arte; non è necessariamente vero che abbia anche le competenze necessarie per progettare e realizzare questo lavoro. Se c’è da schedare, catalogare, fare banche dati e digitalizzare immagini occorrono innanzitutto esperti in questo settore, anche qui per definizione.

  3. Anch’io, come Alessandro, non vedo perché (come sostiene l’autore dell’articolo) uno storico dell’arte non debba avere le competenze necessarie per sovraintendere all’archiviazione; tanto più che in questo caso c’era la possibilità di rivolgersi agli ultimi allievi di Zeri (ad esempio Andrea de Marchi) che naturalmente conoscono benissimo il suo metodo di lavoro e di ordinamento delle foto (il quale, come è noto, era molto personale): perché non sono stati neppure consultati? Quanto al sospetto di una “concertazione” tra Sole e Giornale dell’Arte, e se anche fosse? La situazione non può essere dimenticata. Si sta parlando di un archivio che non ha eguali, dal valore anche economico inestimabile, che viene silenziosamente spostato da una parte all’altra dell’Italia; con quali garanzie di sicurezza (smarrimenti, furti, ecc.), visto che non è neppure catalogato? Perché la Villa di Mentana non era considerata più sicura (le foto ci sono state trent’anni)? E’ certo che variazioni del microclima non siano dannose per stampe risalenti anche a cento anni fa? L’Università di Bologna non può comportarsi come se tutto fosse una sua proprietà privata. E’ un bene della nazione, ed ogni anno che passa è un danno per tutti gli studiosi che non possono accedervi, e che da Zeri ricevevano spesso fotografie di inediti dipinti e suggerimenti preziosi per i loro lavori. Non dimentichiamo che Bologna possiede dal 1984 l’archivio Volpe, certo meno importante di quello di Zeri, ma anch’esso da allora invisibile, senza che nessuno ne abbia mai dato una spiegazione; perché non si dovrebbe essere preoccupati?

  4. A Gabriele: ringraziando te e tutti gli altri per il vs. contributo non posso far altro che confermare la mia opinione, nonostante sia, evidentemente, difforme dalla vostra. Ribadisco che, a parer mio, gli esperti nella ricerca storica non garantiscono a priori medesime qualità in materia di catalogazione informatizzata, creazione di banche dati e gestione di immagini digitalizzate (e ciò non vuol dire che si possa aver sviluppato competenze in entrambi i campi, sia ben chiaro). Invece concordo pienamente sull’archivio di Volpe, una macchia che ho evitato di tirar fuori solo perché avrei ripetuto un concetto già espresso pochi mesi or sono su queste stesse pagine. Presto spero invece di darvi buone notizie sull’archivio di Giuseppe Marchiori. Sarebbe bello un giorno metterci insieme e censire quali archivi di critici e storici dell’arte sono ordinati e aperti al pubblico in Italia.

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