16 novembre 2001

Il non plagio di Zak Manzi

 
Un artista fuori dal tempo e dallo spazio, eppure onnipresente...Entrato di buon grado nel novero ormai nutritissimo degli artisti inesistenti, celato in un anonimato che traduce una volontà di spersonalizzazione, Zak Manzi si è reso ultimamente protagonista...

di

Come scrive Tonelli (direttore di Exibart) nel suo articolo dedicato al nuovo numero di Flash Art : “da non perdere la storia del falso Oliviero Toscani”.
Molto interessante, infatti, l’articolo in questione e, naturalmente, l’operazione del Toscani (quello dei sigari) o di Oliviero il Toscani o l’Olivier (che, in realtà, firmandosi in questo modo, praticamente afferma di non essere Oliviero Toscani).
Un ragazzo in gamba costui, tanto che Politi (direttore di FlashArt) lo invita, nell’articolo, a prendere il suo posto.
Ma chi l’ha fatto, tralascia volutamente il Politi, c’è già stato.
Si tratta di Zak Manzi che, dal 15 al 30 giugno 2001 ha esposto 1200 copie di Flash Art incellophanati, imballati o incorazzati, in una parola “celati”, nella galleria T293 a Napoli. Ognuno di quei Flash Art, frutto del genio di Zak Manzi (e/o Angelo Rossi), ha il valore commerciale di 120.000 lire, ed è il primo numero delle stagioni fredde di quest’anno (autunno 2000 – inverno 2001).
Impossessarsi di un primo numero incellophanato e firmato (sul cellophan) dall’artista, non vuol dire semplicemente conservare un’opera d’arte, ma un pezzo da collezione.
Aprendolo è una rivista molto interessante ma, chiuso, non è affatto una semplice copia, ma un opera e una rarità. Una “non copia” (costa persino 10 volte in più all’originale) … uno strano inedito.Zak Manzi, gift293
All’interno si parla di e sono annunciate mostre inedite di artisti esistenti.
Inedite nel senso che, se non le avete mai viste, forse non le vedrete mai, perché molte di queste mostre sono solo immaginate per gli artisti o sognate dagli stessi e pubblicate da Angelo e Zak; altre sono vere; altre già passate.
Questo stesso Flash Art è una sorta di falso inedito di Zak, perché a realizzarlo è stato Angelo Rossi.
Una cosa del genere è avvenuta anche in una mostra organizzata da quest’ultimo e da Riccardo Battaglia nell’ex caserma De Martino a Casagiove (Caserta), nel 1999, dove una serie di artisti hanno realizzato inediti di altri artisti famosi contemporanei e non, quali Liechtenstein, Man Ray, Matisse, Mark Dion, Shirin Neshat, ecc.(“Gia’ fatto!?”, ex caserma de Martino; Casagiove; Caserta; dal 26 settembre al primo ottobre 1999; catalogo: Melting Pot speciale; settembre 1999; n°31; anno V).
Anche partecipare a mostre via e-mail, Zak l’ho ha “già fatto”. In maniera diversa rispetto ad Olivier, naturalmente.
Ha fatto credere a molti giornalisti di aver perso una mostra interessante il cui comunicato, arrivato in ritardo (apparente), parla di un evento ormai finito. Quello che si scopre poi è che la mostra non c’è mai stata.
La mostra che si è svolta fuori dal tempo, però, non si è svolta in un non luogo. E’ questo forse ad infastidire i galleristi che lo rimproverano per questo suo gesto. Emi Fontana, di Milano, è stata la galleria scelta a caso.
Angelo Rossi ha fatto della sua produzione, l’opera di Zak, proprio come l’Olivier, che ha donato le sue idee al Toscani, per renderle visibili. E lo stesso avviene nel Flash Art: Politi è stato donatore involontario della sua rivista, come tramite per brillanti idee.
E, a sua volta, Zak, a differenza degli inconsapevoli Oliviero Toscani e Giancarlo Politi, si offre volontariamente come tramite per rendere visibili le idee degli altri, essendo il suo nome ormai famoso.
L’opera che Angelo-Zak ha pensato recentemente di fare era incendiare una galleria (col consenso del gallerista), poi ha scoperto che qualcosa del genere era avvenuta a Venezia, ma per finta: eppure le foto delle torri gemelle distrutte sembrano fotomontaggi, ma sono vere.
E’ la realtà: una realtà dolorosissima. E’ questa l’immagine che Zak ha pensato di utilizzare e che appare nella rassegna stampa e che ha suscitato enorme fastidio.
Zak è un’artista profondo, irriverente ma, soprattutto, davvero promettente.

Articoli correlati:
Flash Art n.230
Flash Art di Zak Manzi

Genny Capitelli


Di Zak Manzi:
Franz Iandolo e Zak Manzi; “Tempo liquido”; Melting Pot Edizioni; 1999; lire 12000.
Zak Manzi; “Flash Art”; Anno 1; n°1; autunno 2000 – inverno 2001; Zak Manzi Edizioni; lire 120.000; galleria T293, t293@libero.it, Napoli


[exibart]

109 Commenti

  1. Trovo inaudito il comportamento di Politi che ha ignorato Zak, pur conoscendo sicuramente le sue opere, dato che non è la prima volta che sento parlare di lui. Trovo molto interessanti le sue opere e penso anch’io che si distingua da tutti gli altri “artisti inesistenti”. Leggendo l’articolo è evidente il fatto che esiste e come: la sua opera lascia il segno!

  2. caro zak manzi, perchè nn ti fai una camminata dalle mie parti???
    insieme ad alcuni amici stiamo lavorando ad un progetto che potrebbe interessarti, nn preoccuparti, lavoriamo nell’invisibile!!!
    fammi sapere, un abbraccio IGOR

  3. Non trovo nulla di originale in questo
    “tentativo” di plagio-copia, concetture inutilmente e forzatamente volute, ma che non arrivano a nulla di positivo. Perchè invece di demolire ed abolire, l’artista in questione non propone cose nuove? BASTA non ne possiamo più di arrampicamenti distruttivi rivolti al sistema dell’arte. E’questo tipo di cultura, se proprio si vuole utilizzare questo termine, che ha ridotto l’arte contemporanea al vuoto togliendole ogni spessore ed ogni qualità. Allontaniamo questo parassita da quel poco di buono che ormai ci resta:L’ARTE

  4. Dà quel che è santo ai cani, getta le tue perle ai porci:
    quel che conta è dare.
    frammenti di un vangelo apocrifo

    La pretenziosa e prolissa jenny capitelli (?) sentenzia che “jak lo ha già fatto”, lui c’era arrivato prima di Oliver…
    Ma mia cara, nel 2001 la questione non è più chi arriva prima, nessuno può arrogarsi il diritto di averlo già fatto dopo che un tipo come Thomas Carlyle, verso il 1830 e spiccioli, simulò nel suo Sartor Resartus che un certo professore tedesco aveva dato alle stampe un dotto volume intorno alla filosofia degli abiti, traducendolo parzialmente e commentandolo non senza qualche riserva critica.
    Cara Jenny , non so se ne vale la pena ma mi chiedo come si può anche solo pensare di essere i primi e gli unici se prima di noi illustri predecessori neanche tanto sconosciuti hanno tracciato sentieri indelebili nella storia delle false attribuzioni e della finzione:
    forse dovresti scrivere meno e leggere di più, magari le Cronache di Bustos Domecq sarebbero per te una buona cura intellettuale.
    Poi per quanto riguarda le attribuzioni, l’individualità e il suo riconoscimento che è anche rivendicazione, posso con serenità riportare il convincente parere di Leon Bloy il quale scrisse:
    “ Non c’è sulla terra essere umano capace di dire chi egli sia: nessuno sa cosa è venuto a fare in questo mondo, di che cosa fan parte i suoi atti , i suoi sentimenti , le sue idee, nè qual è il suo
    nome vero, il suo imperituro Nome nel registro della Luce…”
    Penetrare nella personalità di un individuo che immagina di sapere con chi ha che fare ma in realtà è all’oscuro di tutto, costruire attorno a questo individuo un mondo di pura invenzione dai contorni così ben delineati da sembrare vero, non ha nessuna relazione con le operazioni di tipografia fasulla e tantomeno ne può avere con le fredde e impersonali news di false mostre perdute “già fatte”.
    Ti saluto ricordandoti che esiste depositata in procura una denuncia vera fatta dal vero Oliver contro ignoti.
    Il Complotto di Tirana non è una mostra e la sua vendita all’asta è già stata rifiutata per il suo valore incommensurabile.

    Seguono alcuni ragguagli.

    A proposito del Nome: …Il selvaggio nasconde il suo nome perchè esso non sia sottoposto a operazioni magiche , che potrebbero ucciderlo, renderlo pazzo o ridurlo in schiavitù…
    Nei concetti di calunnia e di ingiuria perdura questa superstizione o la sua ombra; noi non tolleriamo che al suono del nostro nome si leghino certe parole…
    JLB Storia degli Echi di un Nome

    A proposito dell’identità : …Per molti anni la doppia identità di Bustos Domecq non fu mai rivelata. Quando finalmente lo fu, dal momento che Bustos era uno scherzo, la gente pensò che i suoi scritti non potevano essere presi sul serio. Dopo una lunga eclissi durata più di ventanni, Bustos riprese in mano la penna e nel 1967 dette alle stampe le sue Cronache . Sono articoli su moderni e stravaganti artisti immaginari – architetti, scultori, pittori, grandi cuochi, poeti, romanzieri, creatori di mode e modi – scritti da un critico fanaticamente moderno.

    … Ho persino segretamente desiderato di scrivere , sotto pseudonimo, una spietata diatriba contro di me. Ah, le semplici verità che nascondo!

    … Nella mia Storia Universale dell’Infamia non volevo ripetere quello che Marcel Schwob aveva già fatto nelle sue Vite immaginarie. Lui aveva inventato delle biografie di uomini veri di cui si sa poco o nulla.
    JLB Abbozzo di autobiografia

  5. A me invece pare che ti sbagli di grosso, perchè questo artista dà la possibilità a molti altri di parlare attraverso se stesso e non sempre agli stessi. Fà sì che l’arte non si atrofizzi e, attraverso quella che sembra una copia, possiamo ascoltare voci e tendenze nuovissime. Informati meglio!

  6. Ciao Marco,
    ho letto il tuo commento… sarò prolissa, ma anche tu non scherzi…
    Politi ha cercato di celare l’opera di Zak: per questo motivo ho scritto che Zak aveva già fatto quello che Giancarlo chiede ad Oliver (di prendere il suo posto). Lo chiede ad Oliver perchè è consapevole che non lo farà. Teme, invece, chi lo ha fatto o è capace di farlo.
    Ritengo ovvio ciò che mi hai scritto e ti ringrazio per avermi fatto notare ancora una volta quanto è semplice essere fraintesi.
    Pretenziosa perchè? Non ti costringo a tenere in considerazione solo le mie osservazioni. Ho solo la possibilità di renderle visibili, ma come chiunque altro, compreso te.
    Mi pare stupido consigliare di leggere di più a chiunque, sia per l’esistenza della qualità, sia per l’infinità varietà di testi ai quali ci si può riferire (nonchè avvenimenti ed esperienze).
    Un sorriso per te,
    Genny.

  7. la storia di tirana andrebbe ripresa almeno come ha fatto il senaldi; già questa genny la mette sul personale quando una storia di questo tipo fa venire meno tutte le definizioni possibili di identità ed è questa la sua grandezza e il suo nulla godereccio; quindi consiglio di lasciar perdere le scemenze che dice questa ragazzina che sponsorizza un poveraccio, per ripartire almeno dopo ….taricone…
    Io (Io?) penso che il grande problema sia che si voglia nascondere quello che è successo o far sì che sia la magistratura ad interessarsene.
    Toscani anziché parlare del suo incidente sul montebianco perché non ha occupato lo stesso spazio sui giornali e le tv con questa storiaccia da cui esce altrettanto vivo ma molto peggio ????
    Perché quello zoticone del politi ne ha scritto sull’edizione italiana ma non su quella internazionale del suo giornale dove si sarebbe sputtanato molto ma molto di più ???

  8. Ma insomma cos’è successo a Tirana?
    Che Zak Manzi non sia il primo nè l’unico a fare certe cose lo si sa, o comunque lo si può intuire e giustamente il Signor Senaldi fa notare che non è questo il punto.
    Che però venga definito un poveraccio non è accettabile, o meglio, allora sono tutti dei poveracci quelli che scelgono questa strada, il Politi, il Senaldi, lo Szèmann, l’Olivier e così via. Era un poveraccio il Piero Manzoni, lui se lo diceva sempre ecc. ecc. Ognuno fa come può e quel che può, sapendo già cosa va incontro, però lo deve fare, non c’è via d’uscita: esiste solo se riesce a fare. Lo sa anche la “ragazzina” che ha scritto, lo ha fatto e si espone, e andarle a dire che dice scemenze è veramente da tariconi.
    Comunque, bando alle ciance ritorno alla mia curiosità: qualcuno ci dirà tutto per filo e per segno su questo imbroglio di Tirana?

  9. Caro Dario,
    a me pare sia tu a metterla sul personale. Non ho i mezzi nè l’intenzione di sponsorizzare artisti. Zak Manzi è conosciuto e stimato da artisti e galleristi e non sarà certo questo articolo a cambiargli la vita: ne è capace da solo.
    “Ragazzina” mi piace come soprannome…
    Dal tono grave che caratterizza il tuo scritto, immagino tu sia un uomo adulto provato dal propagarsi della libertà d’espressione giovanile ottenuta con i mezzi più impensati.
    Cerca di guardare oltre lo stantio, sorriderai di piu’ e terrai lontana l’ulcera 😉

  10. Grazie per il sorriso. Prego per averti fatto notare che tu scrivi in un modo che si presta al malinteso.

    PS: Politi aveva chiesto a jak di prendere il suo posto oppure era jak che lo aveva chiesto a Politi? Quando ti sei chiarita le idee magari ne riparliamo. E poi chi può dire cosa ci riserva il futuro? Politi potrà anche essere consapevole ma tu non mi pare. Per quanto ne sappiamo Oliver potrebbe anche accettare la delirante proposta di Giancarlo. Invece, per quello che tu ritieni ovvio, io lo ritengo fondamentale: come dici tu stessa i testi sono vari e infiniti, come pure le opinioni su cosa sia ovvio e cosa non lo sia. Se avessi letto con puntiglio le mie parole avresti capito che io ho fatto dei riferimenti a testi precisi. Almeno leggiti quelli e se li hai già letti allora rileggili bene. Ti ho chiamato pretenziosa perchè non volevo esagerare con parole meno gentili…Se ti sei offesa scusami tanto. Per concludere mi è sembrato davvero inopportuno che tu nominassi Oliver come se fosse un optional di jak, nella tua non leggo una equa distribuzione dei meriti tra i due.
    Tutto quel tuo parlare di jak che l’ha già fatto mi fa pensare che tu o forse jak siete un pò gelosi dell’amore che è nato a tirana tra Oliver e Politi. A ognuno il suo è il mio motto.

  11. cari amici , non sono d’accordo con quanto dicono questa capitelli ma nemmeno con il bencivenga; cosi come mi ha colpito che di tutto questo se ne posssa occupare un disonesto come cusani che come tutti sanno le cronache i giornali se ne sono occupate per tutto il resto; non mi convince la zito che purtoppo non conosco così come non mi piacciono le parole che vanvera e gengiva; non è invece senaldi anziché cattelan o rocco il mostro di tirana?

  12. i libri sono: il meraviglioso “altre inquisizioni” di Jorge Luis Borges e “cronache di Bustos Domeqc” di Borges/Bioy Casares”..

    consiglio a tutti voi la lettura..indipendentemente dalla polemica soprestante ciaooooo

  13. Caro Marco,
    Politi ha semplicemente visto il Flash Art e ritenuto opportuno non farne alcun cenno. Si rifiuta di parlarne con coloro che gli propongono l’argomento (io non gliel’ho proposto per niente, dato che non propagando -vedi sotto- : scrivo solo la mia e mi informo di ciò che mi interessa).
    Se Oliver accettasse, Politi non cederebbe la poltrona. Dovrebbe replicare, con Politi ancora al lavoro, ma non credo che Oliver investirà il suo denaro per fare un nuovo numero di Flash Art. Immagino… potrebbe anche darsi… potrebbe anche collaborare con Zak: chi può dirlo?
    Certo che ho letto con attenzione il tuo commento! La qualità dei testi che citi potrebbe essere considerevole, ma non sono convinta che siano attinenti. Non mi conosci… non conosci ancora bene il lavoro di Zak…
    Sto ancora col sorriso sulle labbra immaginando le parole che avresti voluto utilizzare al posto di pretenziosa…Hi hi hi….
    Noooo, Olivier un optional! Che dici: mi ha semplicemente fatto venire in mente Zak.
    Il mio parlare di Zak è dovuto al fatto che l’articolo è su Zak, non su Oliver.
    Se ripeto “già fatto” è semplicemente un rimando al nome della mostra a Caserta, poco importa chi si è mosso per primo.
    Bè, se a ognuno il suo, Zak è fortunato, dato che sono carina e simpatica…
    Politi non lo conosco: se a Oliver piace, fortunato anche lui.
    Piccola spinta amichevole sulla spalla destra a mò di pacca con sorriso.
    Ho provato a scriverti all’indirizzo che mostri in questo spazio, ma le e-mail tornano indietro.

  14. Carina, nei testi che tu non trovi attinenti, c’è la spiegazione di tutto quello che fanno Oliver e il tuo Jak fortunato. Ammetto che non so chi sei ma anche tu non hai la minima idea di chi sono io. Prova adesso a scrivermi e vedrai che va. Con amore, Marco

  15. Ci mancava pure “lei non sa chi sono iiio!”, o “Badi a come parla, signorinella”.
    Allora poi arriva Alida Valli diciottenne bellissima e racconta finalmente cos’è successo a Tirana…

  16. Dei testi con le spiegazioni…. Come mai non si chiamano “manuale delle istruzioni per la corretta comprensione delle opere di Zak Manzi e Oliver”.
    E’ divertente il fatto che continui a chiamare Zak Jak.
    Mi fa piacere che adesso mi scrivi con amore.
    Sorrisi.
    Genny.

  17. Sei comunque riuscito ad incuriosirmi… li leggerò. Alcune tue osservazioni sono interessanti. Meriti questa attenzione.

    Ringrazio Alida per aver riportato l’articolo.

  18. a marco senaldi,

    c’è un racconto che – nonostante sia stato citato, interpretato, discusso e rigirato oltremisura – forse vale la pena di ricordare.

    il titolo è “pierre menard, autore del chisciotte” e sta in “finzioni” di – guarda un po’! – jorge luis borges

    (ho una “minima idea di chi sei” e sono contenta di aver trovato il tuoi commenti su exibart)

    a presto,

  19. ciao genny,

    se ti incuriosiscono i libri citati da marco senaldi precipitati a leggerli…

    ma quando scrivi, continua a raccontarci mostre, artisti opere (e non) con quel tono divertito che (penso) ti appartiene davvero.
    la leggerezza sta diventando qualità rara.

    con un sorriso,
    kikka

  20. Grazie kikka: lo farò di certo!
    Vorrei che i lettori sapessero che alcuni interventi non sono ancora giunti sotto la notizia, ma si trovano al tasto commenti, come quello di Alida, citata negli interventi in questa pagina.

  21. “voi siete usi a disputare su tutto, ma perchè disputate anche su ciò che non conoscete? Dio conosce cose che voi non conoscete.”

    III sura, versetto 66

  22. come sei acida, Micaela… invidia eh?
    Sì, Kikka è la più grande critica letteraria del mondo. E, oltre a essere brava, è anche molto bella.
    Kikka sei bravissima…

  23. Smettetela di scrivere cose cattive su Maria Cristina…
    Ragazzi, è ingiustificato – e stupido – attaccare Kikka, poiché la sua scrittura è davvero magnifica; il mio non è un complimento ma una semplice constatazione. Qualunque persona con un minimo di predisposizione per la buona letteratura critica si accorgerebbe del grande talento di Kikka.

  24. Trovo doveroso informare i lettori che i testi consigliati da Marco non sono utili a comprendere Zak e Oliver.
    Sono testi significativi per Costui, per cui potrete avvicinarvi alla comprensione del suo modo di essere e non, ripeto, ‘non’ a quello di Zak e Oliver.

    A Marco:
    ti ritengo un individuo interessante.

    Ad Alida:
    a quanto pare il tuo intervento è andato perduto. Ti sarei grata se lo rinviassi.

    A Gianluca:
    mi piace l’idea che un tuo intervento possa essere indelebile. Mi piacerebbe trovarne almeno uno.

  25. Ringrazio anch’io la splendida Alida per il resoconto.
    Non sarà che l’Oliver incriminato sia intervenuto anche qui stavolta nei panni del Senaldi, a voler uletriormente delegittimizzare il lavoro dello Zak e a cercare di distribuire insicurezze alla “ragazzina” che ha scritto l’articolo?
    Un comportamento da frequentator di curie vescovili, un gesuita, della peggior specie però, forse un camaleontico bibliotecario che spulcia negli archivi.
    Che gli hackers si divertano con le banche e l’fbi e i ministeri, a me non da nessun fastidio, ma che si credano artisti perchè hanno qualche ideuzza ruffiana rivolta all’ego di narcisissimi direttori di riviste sì che mi provoca delusione.
    Perchè c’è così bisogno del significato nell’opera d’arte? Del gesto intellettuale? Della trovata?
    Perché giocare con il lavoro di un altro? Perchè a questo punto, mi sento completamente dalla parte della “ragazzina” e del “poveraccio” Zak.(anche se i miei gusti sono rivolti ad altre espressioni artistiche)
    E Oliver Senaldi Micaela è una povera e furbastra imitazione di zelig. Se è anche Alida, solo per aver riportato l’articolo, non aggiungo altri epiteti.
    Oliver sei un ladro sfruttatore!

  26. Beffa firmata Toscani

    Un articolo dai toni enfatici sulla «Biennale di Tirana», nel senso di Tirana capitale dell’Albania. Un articolo che in modo altrettanto enfatico tesse le lodi, fra gli altri, di un artista arabo, tale Hamid Piccardo, che l’icona mondiale del terrorismo Osama Bin Laden avrebbe addirittura promosso a «portavoce della jihad nell’arte». L’articolo appare nel numero 229 del quotato bimestrale d’arte «Flash Art», che si autodefinisce «La prima rivista d’arte in Europa», numero di agosto-settembre. L’articolo ha una firma altrettanto quotata e autorevole: Oliviero Toscani.
    Olivero Toscani quell’articolo dai toni puttosto improbabili, non lo ha mai scritto. La sua firma, vera, è apposta su due denunce presentate alla Procura di Milano. Una depositata un mese fa, a smentire di aver mai curato per conto di Flash Art un catalogo sulla «Biennale di Tirana», l’altra, a smentire di avere mai scritto il colorito articolo, consegnata soltanto ieri al sostituto procuratore della Repubblica Elio Ramondini. Due denunce quindi che diplomaticamente, si direbbe, sono state fatte contro ignoti, come se il noto fotografo non volesse far carico dell’imbarazzante episodio al direttore repsonsabile e insieme editore della rivista Giancarlo Politi. Tuttavia la querela parla chiaro: nell’attribuire catalogo e articolo sulla «Biennale di Tirana» a Olivero Toscani, si è apposta una firma falsa, si è diffamata la persona di Toscani, si è operata conseguentemente una «sostituzione di persona» da perseguire penalmente.
    Ma chi si è sostituito al vero Toscani? La storia pare snodarsi come un piccolo film giallo, in cui un «tale» Oliviero Toscani si mette in contatto via e-mail con il direttore di Flash Art, in seguito a una classifica pubblicata dalla rivista che poneva il fotografo in una graduatoria non lusinghiera. Una e-mail di fuoco, firmata Toscani, che il direttore mette in conto come «normale», e dalla quale parte una corrispondenza informatica di ben 35 mail in cui il falso Toscani parla di arte e il vero direttore Politi ne apprezza la competenza e la genialità. Fino a chidergli di fare il curatore della mostra, fino a riceverne la segnalazione di quattro artisti, che si presume mai esistiti, fra i quali il Piccardo «figlio di Osama». Artisti duri, che sfiorano la pornografia e la pedofilia, presentati dal sedicente Toscani, e che alla Biennale di Tirana inaugurata il 14 settembre, non andranno mai.
    La faccenda dura un anno mezzo, alla fine arriva alle orecchie del vero Toscani: tra lui e il direttore Politi si svolge un colloquio chiarificatore. Toscani, assistitito dagli avvocati di Firenze Pier Matteo Lucibello e di Milano Luca D’Auria, denuncia un alias che si spaccia per lui ma che non sa chi sia. Politi, dal canto suo dà conto della cosa nel numero di Flash Art di ottobre-novembre e sintetizza la lunga relazione con il falso Toscani, attore di una «beffa geniale», che si è preso persino la briga di inviare opere cui Politi attribuisce un reale valore artistico, tanto da concludere «Fatti vivo, falso Toscani». Dimenticando, da uomo d’arte, che la sostituzione di persona è un reato che la legge punisce persino con un anno di carcere.
    di Marinella Rossi

  27. Ti ringrazio Anna. Avevo appena ripescato l’intervento tra i “commenti” per inserirlo sotto l’articolo.
    Mi fa piacere notare l’interesse e la collaborazione di tanti.

  28. “Un artista fuori dal tempo e dallo spazio, eppure onnipresente…”
    Questo era il mio Abstract ma, dato che dovrebbe essere di 200 battute, è stato integrato.

  29. a dire il vero credo non abbiate capito cio’ che è celato dietro questo ripetermi, altrimenti non sarebbe stato tale il Vostro intervento.

  30. Signor Senaldi,
    non so nulla del Libro, perciò non posso farne citazioni, sarà stato qualcun altro che ha usato il mio soprannome e che conosce, o meno, quel che ha scritto.
    Non ho usato il suo nome perchè mi basta il mio, non ho esigenza d’averne e poi non sono abile con internet tanto che non ho una mia casella di posta, né saprei costruirmene via via delle nuove a seconda dell’occasione, come fanno in tanti.

    La Sabbia che c’è dalle mie parti non va bene per le pratiche da lei suggerite e per l’igiene corporale uso dell’altro.
    Come uso altri libri o altre fonti.
    Sulla verità, per esempio, non è in tema, ma
    mi piace riportare alla sua attenzione le frasi di un artista contemporaneo, che a me piace molto, anche perché questo è un sito che ha a che fare con l’arte e perchè mi trovo meglio con le parole degli artisti, che non con quelle dei filosofi (anche se in fin dei conti, a volte, è una ricerca parallela), è un fatto di affinità e di frequentazione.

    Ritiro le cose che ho detto prima:
    perchè le ho scritte trascinato dal sospetto e dal fatto che non mi piace quando si impedisce la via di una ricerca ad un altro, spinti da non so quale ragione, e questo mi è sembrato di leggerlo nelle sue parole.

    Dov’è il vero e dove comincia il falso allora, in arte, come nella vita?

    …”sono consapevole di una mia eventuale bugia, attraverso una contaminazione. Noi, anche con tutta la nostra durezza, siamo deboli, distratti, inquinati quanto il nostro tempo”…

    …”la strada della verità non è mai pronta a farsi riconoscere, anche quando il nostro sguardo, lavorando ad una immagine, ci porta ad ascoltare l’immagine, a sentirla nei suoi umori, nella sua materia, a gustarne il contenuto come fosse un cibo. La nostra immaginazione si mette in moto, a volte guardando arrivi al tatto, tocchi. Anche uno sfioramento comprende tante cose, di cui l’amore è l’apice più forte, ma lo sfioramento è sul confine tra un tempo noto e l’altro tempo. Quando sei al confine tutto accade in un attimo, è un lampo da cogliere.” …

    Grazie

    Le stesse cose le chiedo a Zak Manzi, sempre se ha voglia di intervenire.
    Costantino te lo dico qui: sull’ironia hai proprio ragione

  31. Spesso, troppo spesso, ad essere imbecilli sono proprio coloro che dicono di non esserlo.
    Vedete, dal punto di vista antropologico, questo è un tema estremamente interessante, poiché è stimolo naturale, per gli altri esemplari della specie, a migliorarsi.
    Vorrei dire a tale Elisa Procaccini che se anche Lavinia Garulli fosse così sconosciuta da costituire la scoperta di una nuova specie biologica, questo non le impedirebbe di essere più competente, più attenta, più esteticamente sensibile e… diciamolo!… più intelligente e meno arrogante di te. O no?
    Immagino avrai almeno il pudore di riconoscere che esistono artisti, letterati e filosofi, musicisti e scienziati… di cui tu non conosci l’esistenza.
    Tuttavia, certamente conosci la frase: “Carneade? Chi era costui?”.
    Quanto al clamore che sta suscitando questa nuova rubrica, e che tu auspichi sia all’altezza dell’attenzione, devo invitarti a leggere più spesso exibart, qui il clamore è di casa.
    Pensa un po’, c’è posto anche per te. Ma abbiamo di meglio.
    Exibart, che ti piaccia o no (anzi, vedo che proprio non ti piace), è il più grande portale d’Arte, nonché il motore centripeto e centrifugo di un nuovo modo di concepire la presentazione dell’Arte in Italia.
    Certo, poi vi sono presenze ridondanti e pedanti come la Signora Genny Capitelli, che si parla addosso come fosse un uroburos.
    Ovviamente, in perfetto stile Politi-ZakManzi, che per dirla ermeneuticamente ci hanno fatto ormai girare i birilli in maniera olimpica.
    L’articolo, se mai possiamo chiamarlo così, è orribile, schizofrenico e tanto, tanto apologetico, agiografico…….
    ….. Mano alla fantasia, non certo delle migliori apologie.
    Niente di più lontano dal giornalismo, e non mi addentro nella sfera dell’arte, qui dell’arte si sente il puzzo, badate bene, non l’odore.
    Con energia sposo l’opinione che Marco Senaldi ha espresso nel suo primo intervento, non potrei dire di meglio.
    E’ disgustoso e appicicaticcio leggere gli scritti di Jenny Capitelli.
    Sembra una parrucchiera in fila all’ufficio postale di Calcutta.
    Maneggia citazioni e nomi di pseudo artisti-intellettuali come fosse l’oracolo di Apollo, e riempie lo schermo di tali “imperfezioni” (bontà mia), che mi fa davvero sentire idiota solo essere qui a parlarne.
    Di Zak Manzi ho già parlato in un mio passato intervento e non desidero ritornare su un argomento che non mi interessa, per il semplice fatto che non vi è nulla di interessante.
    Di Politi anche.
    Desidero dire due parole a proposito della polemica che ha avuto per oggetto la Signora Maria Pezzica.
    Qualche bontempone si è persino domandato se Maria Pezzica esiste davvero, o se per qualche alchimia araldica fosse la bis (o tris?) nonna di Massimiliano Tonelli.
    Ebbene, l’interrogazione in fondo è anche lecita.
    Sono millenni che ci domandiamo se Dio esiste, possiamo domandarcelo anche per Maria Pezzica.
    Questo, in quanto dubbio, corrobora cartesianamente le nostre certezze: l’idiozia c’è!
    Gradiremmo, tuttavia, che diradaste la parusìa.
    Ciao, Biz.

  32. biz, io trovo genny brillante, ironica, chiara ed estremamente solare. Il tuo intervento mi è parso, invece, buio e triste come quello di un uomo frustrato.
    ce ne fosse un numero maggiore di persone come lei, almeno a scrivere in questo sito!

  33. A me il vostro caro Biz sembra solo molto confuso. Critica il pezzo di Jennifer Capitelli, dopo aver scritto che questo e’ il piu’ grande portale d’arte d’Italia? Un attimo! Sto sbagliando io. Grande non significa migliore. Per quanto mi riguarda, le posso dire che non sono gelosa. Ho detto la mia. Un parere rimane un parere e va rispettato. Poi, mi sembra di aver trovato molti consensi. Mi ha dato ragione pure una persona che scrive su questo portale: “Annamaria S.”. O si tratta di semplice omonimia? Scusate. Anche questo e’ un parere. Se vi da’ fastidio sentire campane diverse dalle vostre, me ne vado.

  34. Spero proprio che l’Annamaria S. non corrisponda alla signorina Sigalotti, mi dispiacerebbe un po’, non perchè bisogna per forza andare tutti d’accordo, ma perchè un rispetto tra colleghi, almeno nell’espressione del proprio giudizio, anche negativo, dovrebbe venir fuori.
    Signora Procaccini per parte mia resti pure o se ne vada, nessuno la vuole obbligare in un senso o nell’altro (almeno io no). A volte è il tono dei messaggi che infastidisce, vi si legge in alcuni dell’acrimonia, della pignoleria o tentativi di bersagliare persone che non si conoscono neppure, fondati su idiosincrasie sclerotiche(come per esempio fa la noiosissima Jessika che ha sviluppato una zanzaresca monomania nei confronti della signora Pezzica)

    Personalmente a me da fastidio quando chi critica non propone o non motiva le sue affermazioni, ma questo è solo il mio tic.

    Adesso mi contraddico, ma spero che non se ne andrà, signora Procaccini.

  35. Signor Biz, scusi non avevo finito. La Capitelli a me sembra una logorroica pazza, ma è tanto tanto divertente. Lei, invece, piace solo alla signora Franca.

  36. Mi riconosco più nella logorroica pazza che nella parrucchiera, soprattutto perchè non sono molto brava a curarmi le acconciature.
    Ma il flash art in questione lo avete visto in mostra o sfogliato?
    Se sì, scrivete qualche pensiero in merito?
    Ciao censurone.
    A volte ho paura: credo che intorno ai quarant’anni morirò dalle risate!

  37. Signora Procaccini,
    devo subito farle una confessione: non sono affatto confuso, anzi, ammetto di avere le idee molto chiare.
    Così chiare da riuscire a cogliere nelle sue risposte un’assoluta mancanza di argomentazioni e la forte presenza, come dire, di quella confusione che attribuisce agli altri.
    Si passa dal piagnisteo (me ne vado? – non me ne vado?) alla disperata ricerca di consensi, felice di averne trovati “molti” (ah si?).
    E in questo tragitto non si dimentica di indirizzare offese personali dando della pazza logorroica a qualcuno, e offese all’intelletto affermando che la lode ha valore solo se riversata all’intero.
    Dal canto mio, mi ripeto, non provo alcun fremito nel vedere che qualcuno è d’accordo con me, anzi, è quando qualcuno è d’accordo con me che comincio a preoccuparmi di avere torto.
    Non sono alla ricerca di consensi, questo sport lo lascio volentieri a lei.
    Felice di essere diversi.
    Aggiungo: che lei rimanga o se ne vada è una questione, per me, assolutamente irrilevante.
    Ciao, Biz.

  38. Caro Zak,
    intendiamoci subito su una cosa:
    ciò che critico è il risultato del tuo lavoro, non il tuo lavoro in quanto tale, che è assolutamente degno di rispetto e di attenzione.
    La passione va premiata oltre ogni considerazione, e tu di passione ne hai molta.
    Tuttavia hai fatto una scelta: fermarti alla superficie.
    E’ il risultato della ricerca del consenso.
    E’ vero, spesso hanno preso in giro Mario, e qualcuno l’hanno pure arso vivo.
    Sono quelli che ancora oggi leggiamo come pilastri della nostra civiltà, o gli artisti che suggeriscono emozioni universali.
    Il nome mario non ti si addice, e sono certo che di salute stai benissimo.
    Ciao, Biz.

  39. a me pare che Zak si riferisca alla similitudine tra Mario e Genny. Mi pare anche che chi e’ intervenuto nei commenti non abbia visto neppure una mostra di Zak, escludendo me e la giornalista.

  40. Cara Gemma T.,
    molte persone hanno la pessima abitudine di attribuire i propri comportamenti agli altri.
    Se è tua abitudine disquisire su argomenti di cui non sai nulla, non vedo perché pensi che questa tua virtù debba essere così diffusa.
    Che poi tu e la giornalista siate le uniche depositarie della verità… beh… sono felice per voi.
    Ciao, Biz.

  41. la tua quella del calcare depositatosi su. dai solo fastidio e non sai far altro che offendere. non esponi le tue idee in merito alle opere con la consapevolezza di uno che conosce l’argomento e mi chiedo perchè ti ostini a continuare scrivere.

  42. Cara Anna,
    Mario non ha mai firmato un suo articolo se non col suo nome. Scrive da 32 anni sui più disparati argomenti e sulle più disparate riviste. In genere tratta arte, cultura, politica, scienze, letteratura. Raramente scrive in rubriche. E’ di un’ironia brillante e pungente. A volte il suo nome sotto l’articolo non appare. Le redazioni ti informano però, se chiedi, che a scrivere è stato Mario.

  43. Marco Senaldi, invece, nato a Gallarate nel 1960, è critico e teorico d’arte. Si è occupato di epistemologia ed estetica nel XVII secolo e ha curato l’edizione italiana di Gilles Deleuze, Spinosa – Filosofia pratica (Milano, 1991). Collabora a diverse riviste di arte contemporanea e di filosofia (Juliet, Flash Art, Fenomenologia e società).
    Ha pubblicato: “Question Mark” in: AAVV, Ecosistemi dell’arte, Milano 1988; “In the loop: nel luogo dell’indecibilità” (con F.Carmagnola) in: AAVV, Art & Business, Milano 1993; “Extravaganze” in: AAVV, Aperto ’93, Milano 1993; “Innocenza Colposa” in: AAVV, Aperto ’95, Milano 1995; “Diorama – tre ipotesi sull’arte” in: AAVV, Marchio di Fabbrica, (atti del convegno), Bari – Tecnopolis, 1993; “Punti, virgole e qualchecosa” in: AAVV, Naufragi – nella filosofia e nell’arte, (atti del convegno), Ravenna 1994.
    Ha tenuto seminari e conferenze sull’arte e l’estetica contemporanee in diversi centri culturali, accademie e luoghi di formazione (Circolo Cultuale B.Brecht, Milano; Ass. Artistica Cantoni, Legnano; Ass. Cult. Paolo Borsa, Monza; Domus Accademy, Milano; Manager’s Course Uniliver, Milano; Videotime Formazione, Milano; Teatro Donizzetti, per il Comune di Bergamo; Ass. Artistica Viafarini, Milano; Palazzo Dugnani, per il Progetto Giovani, Comune di Milano). Dal 1994 è curatore con R.Pinto di “La generazione delle immagini” serie annuale di incontri con artisti e critici internazionali sotto il patrocinio del Comune di Milano alla Triennale.
    E’ docente di Anatomia Artistica/Videoarte all’Accademia Carrara di Bergamo. Collabora come consulente per i programmi artistici e culturali di Canale 5.
    E’stato lui ad avvertirmi che c’era qualcuno che scriveva a suo nome on-line. Il Senaldi che ha scritto in questo spazio si occupa, purtroppo, di pornografia.

  44. Grazie Signora Gemma,
    ma, tanto perché oltre ignorante sono pigra e confusionaria, il giornalista Mario è d’accordo o no con l’Olivier amato dal Politi, oppure oltre a quello di Zak Manzi è stato messo a tacere anche il lavoro di Mario?
    O come dice il signor Senaldi qui c’è qualcuno che si sta facendo beffe di tutti?
    Non mi da fastidio essere presa in giro, a volte è pure divertente.
    E’ molto difficile per me riuscire a capire qualcosa di questa intricata vicenda.
    Oppure il Mario è anche, o soprattutto un artista, che scrive per dare un’ ulteriore visione della realtà o di ciò che sta dietro ad essa?
    Ci sono scrittori, che per vari motivi e in certe occasioni, si sono celati dietro l’anonimato, sarà un bel lavoro poi per i giovani che vorranno fare tesi su di loro, ricostruirne la produzione.
    Ma Zak Manzi e il giornalista Mario li odiano proprio gli studenti, che si divertono in questo modo?
    (era una battuta, non voglio offendere)

    P.s. mario è il nome o il cognome? E se volessi leggere un suo scritto, qualcuno mi può fornire indicazioni bibliografiche per farlo?

    Grazie ancora. Un caro saluto.

  45. La Marianna!
    Abbiamo letto e scritto ad un pornographe, beh non è male.
    Ma è lo stesso delle citazioni dal fantomatico Libro?
    Un po’ discordante…oppure no, chissà.
    Un personaggio interessante.
    E poi perchè purtroppo (a meno che non usi bambini)? Apollinaire era un pornografo convinto e geniale.
    Hard Exibart : mi piace pure per questo!
    mmmmm

  46. Cara amica Anna Lavagnino,
    intanto ti saluto e ti abbraccio 🙂
    Nel frattempo, ma estemporaneamente, ti illumino sul fatto che la nostra Gemma T, la quale crede di sapere tutto ma in fondo è tutto quello che sa, profonde il risultato delle sue effimere ricerche nell’illusorio tentativo di passare per esperta, ahilei, non riuscendovi affatto.
    Quanto hai letto su Marco Senaldi, infatti, è il frutto di una sua fatica piccola piccola, che nulla ha a che vedere con la conoscenza.
    Prova a visitare questo sito http://www.giramondo.com/fia/critici/senald_c.htm , vi troverai miracolosamente il messaggio lasciato da Gemma T.
    Ovviamente non è stato un lavoro elefantiaco. E’ il primo sito che appare se sul motore di ricerca di digiti Deleuze e Senaldi.
    Cara Gemma, mi hai chiesto perchè insisto nello scrivere?
    Ora lo sai, forse.
    Ciao, Biz.

  47. Biz,
    quello che hai trovato nel sito l’ho scritto io.
    Anna,
    Mario non ha trattato l’argomento Oliver, che io sappia.
    “Mario” credo proprio sia il suo nome.
    Non ho mai archiviato i suoi interventi, ma li troverai sicuramente su molte riviste: non ha smesso di scrivere.
    C’è un abisso tra la “pornografia” di Apollinaire e quella di questo probabile omonimo di Marco Senaldi.
    Ho scritto “purtroppo” perchè potrebbe occuparsi d’altro: probabilmente raggiungerebbe risultati qualitativamente più alti.

  48. Signora Gemma T. ho approfittato troppo della sua disponibilità: grazie ancora per le informazioni che ci ha dato e mi scusi se l’ho in qualche modo annoiata, rubandole del tempo.
    Se è come dice lei riguardo lo pseudo-Senaldi, posso solo aggiungere: che peccato!

    A Biz un caro saluto

    A Franca: ma allora tu lo hai letto Mario? Se hai voglia in un mio intervento c’è il mio indirizzo e-mail così mi dici dove posso trovare uno dei suoi ultimi articoli. Grazie e ciao.

  49. Ciao Anna. Se leggi tutti gli interventi, ti accorgi che pare che Biz abbia creduto che Mario fosse un artista. Per questo gli ho chiesto a quale Mario si riferisce. Io comunque non conosco nessuno dei due Mario.

  50. Se fossi ancora in vita…Il mio studio sarebbe pieno…Follia allo stato puro, sesso, problemi d’identità…Per fortuna ora sono morto e me ne sto tranquillo “nel mio cantuccio d’ombra romita”…Ai cloni umani non c’ero proprio abituato…Ma poi saranno cloni?…Devo anche dire che non ho capito assolutamente nulla, ma proprio nulla. Sembra che tutti vi parliate addosso…E abbiate segreti da nascondere…

  51. Complimenti vivissimi a Biz per la definizione di Gemma T.. Intendo quella della “serpentina della lavastoviglie”. Sembri essere entrato appieno nella psiche di questo essere che crede d’essere un gran furbastro.

  52. A che m’invochi, effimero?
    (Socrate – Le Nuvole, Aristofane).

    Gemma,
    ammesso anche per iperbolica ipotesi che tu abbia scritto quella cosa orribile che poi hai appiccicato in questo commentario, la tua posizione non migliora affatto.
    La confusione che ti caratterizza, o l’ignoranza, ti fanno chiamare il grande filosofo scomunicato dagli ebrei, il propugnatore del Panteismo, lo spersonalizzatore delle divinità, con alternanza usando i nomi “Spinosa” e “Spinoza”.
    Quindi, l’alternativa al fatto che non l’hai scritto tu… è che non sai nemmeno quello che hai scritto.
    Entrambi i casi sono assolutamente privi di fascino.
    Io, comunque, insisto sulla prima ipotesi, sebbene anche la seconda ti calzi a pennello.
    Non desidero proseguire oltre in questa polemica con te, prima eri divertente ed ora sei tragicamente noiosa e asfittica.
    Hai detto che informare (??) non ti annoia. Temo che la tua esperienza non sia simmetrica.

    A Franca invece, salutandola, dico che quando ho citato Mario non intendevo un personaggio distinto e preciso, ma una categoria.
    Credo, inoltre, che nessuno di coloro che hanno commentato fin’ora abbiano compreso a quale Mario si riferisse Zak Manzi.

    Un saluto particolare a Marco Senaldi col quale mi sono trovato subito d’accordo, non per merito ma nonostante Gemma, a Zak Manzi per il quale provo tenerezza, e a Minù, a cui dedico il 73° Sonetto di Shakespeare 🙂
    Ciao, Biz.

  53. In tutta questa confusione tra attribuzionni di identità Mario Marco Olivier Saro (il Sigmund Freud non ha tutti i torti) e così via, volevo dire che, per caso, in internet, ho scoperto che in questi commenti è intervenuto un artista, a meno non si tratti di un’ altra omonimia, Dario Cusani. Non è la prima volta che succede in Exibart, tanti artisti sono intervenuti. Io non lo conoscevo, ma alcune sue opere mi sono piaciute ( specialmente l’autoritratto). Vorrei sapere a quando la prossima mostra, o se ne ha in corso una. Se no, se c’è qualche gallerista, che si dia un po’ da fare (almeno io avessi una galleria gli farei una mostra come si deve).
    Se c’è qualcuno che non è d’accordo con i miei gusti, prego solo di non esternarlo se non altro in rispetto del lavoro altrui.

    Al signor Saro invece dico che non ho ricevuto notizia del suo Libro, ma che forse non sono adatta a quella lettura, perciò non v’è più richiesta da parte mia. E se Eta Beta aveva ragione sull’hackeraggio, lo prego di non disturbare il computer del quale mi servo perchè non è il mio.

  54. Credo che il commento di Minù sia opera tua. Non ho la tua stessa opinione su Gemma che non ha scritto il falso nè l’errato.

  55. Ho visto le opere di Cusani. Credo sia stato proprio lui a scrivere dato che, come ha notato Genny, le idee da lui espresse in questo spazio fanno pensare che a scrivere sia un uomo di una certa età con idee “stantie” (vedi anno di nascita in biografia). E le opere fanno pensare che abbia davvero l’ulcera.

  56. Marco Senaldi,
    non avevo minimamente immaginato che la sua illazione, del tutto infondata quanto puerile, fosse riferita a me.
    Le sua riga di commento, pregna di sacralità pagana senza recare il fascino del paganesimo, è sintomatica di alcune cose:
    La prima è la stessa che ebbi a scrivere a Gemma, ovvero che
    “molte persone hanno la pessima abitudine di attribuire i propri comportamenti agli altri” e, adattandola al caso,
    “Se è sua abitudine cantarsela e suonarsela, non vedo perché pensa che questa sua virtù debba essere così diffusa”.
    La spiegazione è probabilmente individuabile nelle Sue frequentazioni, Gemma in testa.
    Ammesso che, a questo punto, siate due persone distinte.
    Un’altra spiegazione è che mi conosce poco, mi legge poco, e mi comprende ancora meno.
    Ma la questione è assolutamente irrilevante.
    Sono uso, da sempre, affermare che non fremo di fronte alle lodi e non sono, per natura e per temperamento, alla ricerca di consensi.
    Questo sport disgustoso lo lascio a chi trasuda debolezza intellettuale, uno sport in cui Lei ha dimostrato di essere un campione.
    La mia storia in Exibart ne è la testomonianza più vivida.
    Quanto scrivono Anna Lavagnino e Maria Pezzica è assolutamente vero, non ho mai inviato un messaggio che non fosse firmato “Biz”.
    Il contenuto, il tono e lo stile dei miei messaggi, ripetomi, ne sono la testimonianza più vivida.
    Quanto agli errori che Gemma non avrebbe commesso, siamo ancora in attesa di conoscere se il filosofo in questione è “Spinoza” oppure “Spinosa”.
    Povero Baruch!

    Marco Senaldi, abbia un pochino più di umiltà, nonché più aderenza alla realtà, e si arrenda al fatto che Gemma, ed ora anche lei, non raccogliete tutto il consenso per cui vi sbracciavate nella vostra infantile ricerca.
    Anche se la cosa non mi fa vibrare non posso impedire a molti di essere d’accordo con me.
    In conclusione confermo la mia stima per lei e per le sue opere, ma potrei sempre cambiare idea, sono per l’evoluzione in meglio, io.
    Ciao, Biz.

  57. Ridicolo il tuo timore di non avere l’ultima parola ed il tuo affannarti nella ricerca di essere il più offensivo possibile. Ridicola la tua sofferenza quando noti di non esserlo stato abbastanza, di non aver colpito. Sii meno infantile e studia di più.

  58. Per il Signor Senaldi:

    Scusi, riesce a dire qualcosa di concreto ogni tanto?
    Forse gli scritti di Biz non sono sempre condivisibili, ma almeno lui dice qualcosa.
    E poi, è proprio sicuro che è Biz a voler l’ultima parola? A noi sembra sia lei ad essere un pò insofferente.
    Se scorriamo bene tutta la conversazione qui sotto non sarà difficile trovare il punto in cui è degradata.
    Scusate e arrivederci.

    Club Letterario Garofano Verde

  59. Ho letto in passato bellissimi articoli di Marco Senaldi su Flash Art. Bravo critico e giornalista. Meno citazionista di quello di queste note, ma forse è la stessa persona.

  60. Caro Gettulio,
    credo che il Marco Senaldi che ha scritto qui non sia affatto quello vero. Anzi la signora Gemma T. che afferma di conoscerlo, quello vero, più sotto ne dava conferma (anche se il messaggio è sparito). Ora lo scrivo qui, per poi non intasare più il libro dei commenti con questa storia, che invece di portare l’attenzione sull’articolo o su Zak Manzi la trascina in altre sfere: questo pseudo-Senaldi secondo me non è neppure un uomo bensì una donna, molto giocherellona, forse una bambinetta che non sa fare altro che additare le sue antipatie e punzecchiarle. Beh, è veramente noiosa(e se lo dico io che sono una super noiosa, vuol dire che è tremenda), giocare è bellissimo, rompere le scatole altrettanto, ripetersi invece è un po’ un dramma, e a volte i “ggiovani” sono molto più ripetitivi e spaccaballe dei vecchi.
    Per di più utilizzare il nome di una persona nota per scrivere sciocchezze o per usare comportamenti poco civili, è un’azione che potrebbe essere punita con sanzioni, se venga individuato il soggetto che le compie, e se la persona “usata” lo richieda (e ora non è difficile individuarli questi soggetti).
    Sigmund aiutaci tu! E sarebbe bello che arrivasse pure il commissario Ingravallo!
    Perchè ormai questo è un pasticciaccio.

  61. Sicuramente questo signor Senaldi frequenta il portale con troppa assiduità. Che sia qualcuno della redazione che cercava di avere un po’ di pubblicità??? Il dubbio c’è.

  62. L’intervento di Gemma, la collaboratrice del vero Senaldi, c’è ancora. Se non sei riuscita a trovarlo in “commenti”, lo trovi in questa pagina, più giù. Chiunque sia stato a scrivere al posto di M. S., ha zittito Biz: stupefacente!

  63. Teresa,
    l’unica cosa stupefacente è la dose che hai assunto tu.
    Hai la stessa capacità di analisi della serpentina di una lavastoviglie.
    Ti ricorda qualcosa?
    Vedi, per conversare occorre essere almeno in due ed io, ormai, parlavo da solo.

    Ciao, Biz.

  64. Ho letto i vostri interventi e come dice Madonna “Siete caldi” perché io dica la mia in questo interessante dibattito, esortato anche personalmente da simpatico e bravo Zak.
    Io credo che l’arte come la religione, per esistere ed essere sincera, ha bisogno di fede e la fede, come tutti sanno, non può esistere senza l’opera. Pertanto un’arte del nulla sembra spostarsi sempre più in là. Per i pittori cosiddetti d’accademia di fine ottocento, gli impressionisti ed espressionisti non erano artisti di valore, questi poi criticarono anche aspramente astrattisti e futuristi…e cosi via.
    Insomma in genere le avanguardie ormai affermate fiancheggiati dal loro entourage tende spesso a considerare poco importante le ricerche e le nuove forme d’arte a loro successive. Bisognerebbe cercare di non commettere gli stessi errori, ma purtroppo è questa una situazione che tuttora esiste e che in alcuni casi ho verificando personalmente nei confronti del mio lavoro.
    Pochi sono coloro che si preoccupano di conoscere concretamente determinate ricerche all’interno delle avanguardie. Questo perché il semplice fatto di non vedere e non capire l’immediata realizzazione formale dei progetti sperimentali, dove nel laboratorio del quotidiano prende forma una reale ricerca, blocca e devia tutti gli iniziali slanci d’interesse che nascono spontanei quando si toccano nuove verità come nel caso di Zak. Spesso non è capita l’importanza che risiede nel processo di realizzazione del progetto e nel messaggio che esso contiene prediligendo solo il risultato formale a quello contenutistico.
    Tutti i materiali assumono, invece, in questi casi un valore come elementi di passaggio per l’informazione e non come oggetto/i d’arte in quanto tale/i, o peggio ancora come merce. Trovo sbagliato che si debba pagare un prezzo in termini monetari per qualsiasi tipo di passaggio di informazione, ma quello richiesto in alcuni casi si può considerare accettabile come una ragionevole ricompensa per il lavoro fatto.
    Debbo comunque confessare, come ho già detto altre volte (vedi intervista su http://www.exibart.com/IDnotizia2895.htm), di avere una specie di rifiuto dell’opera in quanto tale ed avvertire una certa insofferenza nei confronti degli “oggetti d’arte”. Sento l’urgenza del superamento dell’opera, dove a fare da padrone sono le componenti estetiche formali.
    Pertanto pur considerando importanti e vicine alcune delle problematiche delle avanguardie, mi sento figlio dei situazionisti. Trovo che questi avessero ben compreso già allora molte delle istanze, esigenze e problematiche sociali oggi importanti più che mai. Condivido con essi molto del corpus ideologico e ritengo, come dicono loro, che l’artista debba essere colui che ha il compito di creare situazioni di libera gestione della quotidianità per la riappropriazione di una oggettività dell’ambiente collettivamente determinato. Concludendo con enfasi credo nella svalorizzazione dell’oggetto d’arte che dovrà rassegnarsi ad un declino ormai segnato, che lo porterà inevitabilmente ad avere sempre meno importanza, fino alla sua scomparsa totale dalla scena artistica. Questo non significherà né la fine né la morte dell’arte, ma semplicemente la nascita e l’inizio di qualcosa di altrettanto importante che probabilmente, come è già successo in passato, continuerà ancora a chiamarsi “Arte”.

    Un Situazionauta

  65. Perchè le avanguardie attuali sentono il bisogno di “seppellire” le altre forme d’espressione? Quel che non vedo nell’esperienza di Manzi, lo leggo nelle parole di Boresta. Che l’arte sia libera è cosa già appurata da tempo, anche da quando esistevano nomi, corpi, oggetti.
    La materia grigia azionava la materia bruta e grezza, i gesti concettuali esistevano già da quando Masaccio faceva i nudi di Adamo ed Eva e i loro volti. O Aldtorfer dipingeva le grandi battaglie.
    Da quando il maestro di Moissac scolpiva la Lussuria facendo vivere una metamorfosi alla e nella pietra, reinterpretando Ovidio o disponeva i ritratti dei monaci a dominare a piazza sulla quale si affaccia la chiesa.
    La pesantezza del concetto contro la leggerezza dell’oggetto.
    Gli oggetti e gli spunti quotidiani sono un’altra cosa: è bello il tentativo di farli vivere in un altro modo, ma secondo me, deve restare un dialogo nell’arte non una chiusura.

  66. Tutte stronzate le vostre ho capito finalmente chi è Mario, il nuovo fidanzato di Erica.
    Ho assistitito alla sua ultima performance pochi giorni fà al proramma “Porta a Porta”.
    Quando svelerà tutto….

  67. …e pensare che c’è stata un’Erika nella tua vita, proprio come per Mario. Il Caso si prende gioco di noi.
    Aceto, Zak, non si riferiva a quel Mario.

  68. La vita compreso l’uso che ne facciamo di essa viene indirizzata dalle nostre priorità. Fame, istinto sessuale e presunzione diceva Nietzsche, che volendo restare incompreso e parlante và interpretato con filtri non ancora prodotti dalla neurologia. L’amore è fame. Parlerò per immagini perchè l’immagine è droga (W. Burroughs R.I.P.). La fame è inquetudine, succhi gastrici che si ribellano e attaccano come locuste in cerca di nuovi raccolti. Se dovessi rappresentare l’inquetudine prenderei un guscio d’uovo e vi spalmerei sopra calcare e pece, Beuys sotto un tavolo o Todd Trainer al tempo, lasciando un piccolo cerchio immacolato, giusto la testa, e filmerei i primi due minuti del pulcino incastrato alla nascita. Pellicola che proietterei al contrario a donne di mezza età che hanno perso l’unico figlio durante il parto. Se me la dovessero rappresentare, sceglierei la sensazione di avere un settantenne ubriaco e obeso, il suo fiato pesante e una sua erezione, alle spalle, immergendo a fondo le mani nel secchio che mi farà districare da questa inquetudine, su un bus affollato, cinque minuti fà. Continuando, sono in strada, non me ne sono accorto, ma mi stà spingendo con i menischi verso una luce aliena. Era tra noi e non potevamo saperlo. Mi lascio andare nonostante le grida da Erinni delle reticenze perchè è LA LUCE e la raggiungo, sono felice, ma si rivela un tuffo a secco, una caduta per storpi in un trauma cranico.
    Non sò cosa si deve imparare dagli artisti, perchè quando guardo qualcosa immagino molto.

  69. La vita compreso l’uso che ne facciamo di essa viene indirizzata dalle nostre priorità. Fame, istinto sessuale e presunzione diceva Nietzsche, che volendo restare incompreso e parlante và interpretato con filtri non ancora prodotti dalla neurologia. L’amore è fame. Parlerò per immagini perchè l’immagine è droga (W. Burroughs R.I.P.). La fame è inquetudine, succhi gastrici che si ribellano e attaccano come locuste in cerca di nuovi raccolti. Se dovessi rappresentare l’inquetudine prenderei un guscio d’uovo e vi spalmerei sopra calcare e pece, Beuys sotto un tavolo o Todd Trainer al tempo, lasciando un piccolo cerchio immacolato, giusto la testa, e filmerei i primi due minuti del pulcino incastrato alla nascita. Pellicola che proietterei al contrario a donne di mezza età che hanno perso l’unico figlio durante il parto. Se me la dovessero rappresentare, sceglierei la sensazione di avere un settantenne ubriaco e obeso, il suo fiato pesante e una sua erezione, alle spalle, immergendo a fondo le mani nel secchio che mi farà districare da questa inquetudine, su un bus affollato, cinque minuti fà. Continuando, sono in strada, non me ne sono accorto, ma mi stà spingendo con i menischi verso una luce aliena. Era tra noi e non potevamo saperlo. Mi lascio andare nonostante le grida da Erinni delle reticenze perchè è LA LUCE e la raggiungo, sono felice, ma si rivela un tuffo a secco, una caduta per storpi in un trauma cranico. Non sò cosa si deve imparare dagli artisti, perchè quando guardo qualcosa immagino molto.

  70. IDENTITA’

    Niente mi riconduce a me stesso, mi guardo ogni giorno il viso, il corpo nel suo insieme, mai definito, ascolto la mia voce, ricerco sensi riconducibili, qualcosa, capisco i miei pensieri.

    Cambio me stesso, sottraggo al mondo tutte le mie sembianze e non mi bastano capelli vestiti peli espressioni parrucche occhiali parole, rendo mio ciò che è stato pensato, ciò che non è stato sequestrato, la poesia non legittimata, l’angoscia mai provata.

    Sono rosso, io, te, qualsiasi cosa, una costoletta di maiale, il sorriso stampato, l’ulcera, Salvatore, il basso pieno di effetti, il suono si allunga e si ripete, fuori il sole, il calore, dico bugie e non faccio a tempo. Apro la porta e per terra due scarpe vellutobordeaux trentasette trentotto.

    Apprezzo ciò che non è mio, i miei occhi vedono due grosse navi piene di carburante, di gente ammassata, di armi, inconsapevoli puttane, tutti senza libretto di istruzione, senza disegni-indicazioni-linee in evidenza, mi interessano i rapporti interpersonali, tra me e te, tra te e lui, tra lui e me, tra me e lei, tra lei e lui. Quando da solo attendo un treno mi commuovo se guardo i rapidi pendolini, treni veloci. Ogni parola, ogni espressione.

    Sono un’altra persona se mostro ed amo ciò che non ho fatto, ciò che non ho pensato? Chi sono se migliaia di persone al mondo muoiono di fame indipendentemente dalle mie intuizioni di artista?

    Mi interessa il potere economico e culturale dell’artista, il suo inserimento sociale, la sua identità fortificata dalla densità del vuoto circostante. L’identità dell’artista è un furto, un’invenzione in promozione, un gioco di potere finalizzato alla notorietà, l’artista non sei tu.

    L’artista si esprime, tu non ti esprimi.

    L’artista esprime ciò che tu non sai dire, tu non lo sai dire.

    L’artista ti conosce, tu non ti conosci.

    Osservo gli artisti che esprimono se stessi, la loro identità, osservo gli artisti di concetto, gli impiegati, la definizione standardizzata del collocamento rende un tipo di lavoratore indefinito, l’artista che pensa non pensa una cosa qualunque, perchè nel momento in cui la pensa ha attinto dalla sua autorevolezza. L’azione comune dell’artista.

    ORGANIZZAZIONE

    La realtà da sempre propone un’infinità di eventi indirizzati all’uomo affinchè quest’ultimo, per una serie di convergenze concettuali-emozionali, selezioni in termini di classificazione evento dopo evento, sollecitazione dopo sollecitazione .

    Quotidianamente ciascun individuo accetta di rientrare nella realtà. Per realtà si vuole intendere tutto quello che accade, tutto ciò che può accadere, tutto quello che qualcuno decide di farti accadere.

    La realtà produce documentazione, la notizia giunge alla collettività, la realtà viene distribuita e come ogni distribuzione che si rispetti non viene tralasciata la fase del “confezionamento”, la realtà confezionata cambia sembianza, formato, diventa immagine, ma quante immagini possiede la realtà confezionata? Qual è l’immagine artistica? Le immagini selezionate per la distribuzione sono quelle più vicine alla verità, perché non sempre la realtà, trasformata in sequenze, contiene il fascino della verità. La verità del “cittadino intero” è l’immagine più vicina alla vita, più vicina alla morte, è la visione stereotipata di ogni sentimento possibile, è la visione inequivocabile dell’organizzazione.

    Intero, come se esistessero da qualche parte uomini parziali, non assemblati, un errore, per puro errore mi perdo una miriade di componenti in attesa di accorpamento. L’uomo divide in due blocchi la realtà, o meglio divide la sua “reazione” ad essa in “reazione normale” e “reazione straordinaria”,funzione di merda, merda di vita. La normalità non richiede una “reazione straordinaria” perché ripropone eventi ordinari, già decodificati,la normalità non necessita urgenza, la normalità è ciò che conosciamo, ciò che è prevedibile, ciò che le multinazionali sottraggono alla libertà, la normalità utilizza una serie di elementi in modo prolungato, la normalità è un evento lungo lungo, è il tempo, infatti, che dà stabilità allo spirito, il benessere è l’esperienza fortificata di un evento prolungato, è una forma di organizzazione che non utilizza l’urgenza o che comunque non dà a quest’ultima il significato di emergenza.

    Ci sono momenti in cui avverto la brutalità di chi mi paga, la sua avidità, il ghigno, immagino l’esigenze, il potere supersonico, l’intima economia.

    Da sempre l’uomo ha tentato di prolungare il proprio stato di normalità, dalla pioggia alla vita, dall’eruzione all’infermità, dall’uragano alla morte, ha sempre tentato con ogni mezzo di scacciare l’ignoto, la non conoscenza, la disgrazia.

    Basti pensare all’evento morte, oggi quasi “ghettizzato”, ridotto alla minima visibilità. La persona che il medico crede al termine della sua vita viene spesso ospedalizzata, tolta dallo sguardo tanto sofferente quanto critico di parenti, amici, spesso accantonato dallo sguardo indiscreto dell’intera società, dell’umanità che non può, o meglio non vuole accettare l’idea della morte come evento naturale, quindi da reputare “normale”e avvicinabile senza problemi.

    La capacità diabolica di sorridere al momento giusto, la dialettica di chi mi odia.

    Odio chi mi odia, quando chiudo lo sportello se lo apro per scendere, quando timbro dal lato “entrata”, inspiro la sigaretta del collega vicino(mi sfiorano a volte le sue angosce), intervengo in tempo reale, all’interno di otto lunghe ore, adoro gli operai disinibiti, la tecnica impeccabile del professionista.

    L’idea di tornare indietro, di rivivere vecchie violenze.

    La conoscenza del cittadino si riduce all’assimilazione dell’informazione, una notizia non detta ipotizza una porzione di vita priva di importanza, l’informazione risparmia alla collettività il contatto diretto con la decomposizione, la morte non fa paura perché non sei tu a morire, tu non sei morto, la morte è notizia e tu come al solito non fai notizia. L’informazione segnala una verità distante da chiunque ma che in qualche modo ci appartiene, è una possibile implicazione collettiva.

    La non conoscenza non è l’evento mai accaduto(straordinario), indica piuttosto la rottura della normalità. Alla reazione normale viene accreditato uno stato di serenità, è infatti luogo comune pensare che laddove gli eventi si succedono senza creare necessità di interventi d’urgenza, vi sia una situazione di tranquillità e quindi di “felicità” . In realtà è l’organizzazione stessa che ha il compito di tutelare la felicità e se la felicità è uno stato prolungato di normalità è possibile pensare che quest’ultima sia per l’uomo una forma di incoscienza. La felicità dunque equivale all’incoscienza, al non comprendere la propria vulnerabilità, come se l’uomo felice fosse un disorganizzato, un elemento fragile, costantemente a rischio.

    L’organizzazione tutela o ripristina lo stato di felicità.

    La felicità dunque equivale alla normalità, alla prevedibilità? Sicuramente no, basti considerare come un evento inaspettato può dare gioia se contiene positività l’uomo non ha paura di uscire dalla normalità se l’elemento straordinario è veicolo di felicità. L’emergenza è la condizione estrema della felicità, fa i conti con l’evento straordinariamente pericoloso, cerca di salvare il “disorganizzato”.

    Ma la felicità può essere organizzata?

    Organizzare la felicità significa prevedere un tempo di infelicità, dove esiste uno stato di benessere, e creare i presupposti di felicità dove vige il disagio. Una delle prime forme di organizzazione è stato il lavoro, l’arte, invece ha la capacità di sovvertirla, l’arte è economia, l’opera d’arte è una risposta di tipo economico alla fame e al benessere. L’organizzazione si oppone alla violenza, utilizzando, per assurdo, le stesse modalità.

    La violenza si giustifica fra le cose, fra un respiro e l’altro, nessun materiale dura in eterno, adattarmi a tempi brevi, l’intermittenza della produzione, è assolutamente vietato rimuovere, eludere, utilizzare, apportare, eseguire, compiere, pensare. E’ assolutamente vietato sospettare che la mia vita non ha valore, bestemmie scritte in stampatello con funzione talismanica, miraggi di fede, vorrei essere altrove.

    La violenza infatti descrive l’irregolarità, modifica gli eventi, si perfeziona nella calma, nella meditazione, fornisce un linguaggio alternativo al concetto di benessere. La mente è il grande distributore del reale, la realtà unita all’intuizione produce uno scarto, un salto sul margine della volontà, l’intuizione modifica la conoscenza, ripristina il reale, ipotizza ogni azione. L’organizzazione ha coscienza del tempo in cui agire, vive l’attesa, discerne il flusso della vita, impone la felicità, i desideri, illude l’umanità. L’uomo che sfugge all’organizzazione è impensabile, la fuga rientra nell’archivio universale della sicurezza, la “rete” organizzativa trasforma il fuggitivo in dati fondamentali, e il mondo intero diviene terminale discendente. L’organizzazione desidera ristabilire lo stato di normalità nell’uomo, negli uomini, ascolta, comprende, dice ed esclude, esplica un’azione di controllo, impone una visione, vorrei essere altrove, labbra fresche al di là delle grate, ladri d’amore, messaggi segreti, primizie d’autunno, un percorso, inventa un tempo e mette tutti dentro, uno dietro l’altro, scadenza dopo scadenza.

    La folle ferocia di uno psicopatico fa scattare lo stato di allerta mentre alla fame nel mondo l’organizzazione risponde con l’informazione o meglio silvioinformazione, così da trasformare un’emergenza collettiva in morosi interessi internazionali. L’emergenza così come l’urgenza, è una invenzione paradossale, è un censimento, sono migliaia di parole scritte e recitate con sapiente drammaticità, è l’ultima immagine da ricordare. L’allarme indica che sei poco, sotto, fuori, che non rientri nel conteggio, hai usato male il tempo. Un intoppo, un rallentamento, il solito percorso, ammasso di procedimenti meccanici, mi guardo intorno, ogni nuova impronta è un bilancio inevitabile, una nuova fobia.

    Perché mi sento inutile se tutto quello che mi circonda è indispensabile? L’artista è un disorganizzato?

    L’ identità non ha più bisogno di un corpo, troppi corpi non hanno identità, i miei pensieri non si identificano in un solo corpo, sono inutilmente presente e scarto l’ipotesi di essere io.

    Identificare equivale a controllare, il controllo del potere, il potere psicopatico, l’identificazione occidentale della felicità, la creatività è un lusso. L’identificazione attuale della creatività, oscura la reale incapacità di milioni di uomini di riconoscersi nelle proprie capacità, l’autenticazione è un lusso.

    L’identità si svuota davanti alla miseria, alla morte di massa, all’organizzazione e rifiuta di autenticare ciò che ad essa appartiene: l’intuizione.

    Rifiuto di rilasciare una mia visione, forse perché non mi interessa, non interessa, o semplicemente perché non mi basta più. Odio gli artisti, odio la creatività, l’affermazione economica di essa, odio i divi isterici, le riviste specializzate, le classifiche, i contatti, i riconoscimenti, l’omosessualità legata alla credibilità, odio la sessualità, odio l’arte, il mio corpo, qualsiasi corpo, quelli esteticamente gradevoli, quelli meno, odio la rappresentazione didascalica dell’esperienza, odio sprecare la mia vita per un’idea, una sola idea, un’idea distrugge un poco alla volta, ti lascia solo e disperato, inutile.

    Rifiuto tutto quello che da bambino amavo, la capacità di trasmettere “misteriosamente” una visione, preferisco cambiare nome e usare il mio solo con le persone che amo.

    Amo le cose facili, le cose che non devo fare, le cose che non dovrò mai imparare, non leggo più le avvertenze, ho paura della decomposizione dei prodotti, della loro scadenza, ho paura del frigo, di cosa può nascondere, ho paura dei ripiani troppo pieni e con troppe cose da verificare.

    Pasto felicità, i soldi per un pasto, cibo inestetico, massa voluminosa di materiale commestibile misto a liquido, prassi del benessere, ogni volta che mangio, ogni volta che mangio tre volte al giorno, più volte al giorno, quando decido di farlo ogni volta mangio, porzioni per gatto, pasto per gatti, croccantini modulari dai sapori mediterranei, la cultura del mediterraneo, cucina mediterranea, tipo mediterraneo, mora culo tette bocca surgelato, pronto in cinque minuti l’equivalente di una sega, un organo fra le mani, a volte le mani diventano altro.

    Lo sperma rinchiuso in un recipiente si decompone, produce un odore nauseante, troppe cose e troppi uomini stanno per decomporsi.

    La decomposizione parte da prima, inizia fra gli scaffali, al momento della disposizione, del “taglio”, della presentazione commerciale, durante il percorso, la scadenza è una menzogna.

    Anoressia-sciopero-compassione, il prodotto confezionato è una visione, la visione è un virus.

    Non ho bisogno di un oggetto in particolare, per comprendere che la felicità è un premio, è il premio di ciò che ho prodotto. Non riesco a gestire le mie viscere, lo sguardo, l’odore, sono lontano anni luce da ciò che dovrei essere, sono più felice di una macchina.

    Se ho fame mi rifornisco di alimenti, mi infastidisce il reparto “fai da te”, sempre troppo vicino ad altri bisogni, ingegnere avvocato imprenditore chirurgo parlamentare … fai da te.

    Un operaio vale meno di ciò che produce, è uno scandalo senza visione, arrapa meno di un paio di tette-silico-vip. L’ingiustizia ha una forma perfetta, proprio come alcune tette.

    Tette da quarantenne ancora in buono stato.

    Stato apparente.

    Profumo profondo, pensiero persistente, pallore precoce, prostituta per piacere pensaci tu, fammi scordare che la mia vita è di merda, che lo è anche la tua, che non mi amerai mai, che mai ti amerò, ti pago prima di iniziare, nella stanza con non chalance appoggio la retta, fingi di non vedere.

    Puttana felice di vedermi, di augurarmi buon compleanno, di ascoltarmi per quasi tre ore ad un prezzo ragionevole, donna madre di viados, donna madre di operaio, donna madre di sogni, donna madre di soldi.

    Soldi di confine, segnano il territorio come gatti. La felicità conosce una strada.

  71. Da tempo alimentavo l’idea di azzerare la mia creatività, di non lasciare più documenti. Riuscire ad esistere senza lasciare traccia. Un segno che scompare invita a riflettere, un artista che aspira al minimo non può fare a meno di annullarsi, di lui non resta altro che una firma, l’esistenza dei segni passa anche attraverso la loro scomparsa, di un segno che si perde resta il pensiero.
    Il pensiero rallenta la realtà.
    Se un artista decide di non mettersi in rapporto con il mondo nel quale è incluso elabora una comunicazione inaccessibile, scarta la possibilità di lasciare un segno, espone l’invisibile, è l’autore dell’invisibile. L’assenza di creatività, può produrre arte: l’artista può essere creativo o non esserlo, l’artista creativo rinuncia ad essere autore, l’artista non creativo autentica l’opera senza autore. La firma non è altro che il simulacro di due autori scomparsi. L’artista non creativo deve unirsi a quello creativo se desidera documentare l’improduttività.
    Il 24 luglio 1999 Angelo Rossi rinuncia ad essere autore, la mia firma autentica la sua nuova produzione.
    Zak Manzi
    Lucca-Casalnuovo di Napoli 1999

  72. I remember the day when I put on glasses for the first time, I wasn’t too happy, that time must have been a special one because shortly after my parents decided about present me a bicycle, I never had it before, I just had tried tricycle and similar but an adult’s bycicle…never.

    my world vision changed by magic with those glasses and that bicycle, everything became deformed and set in moviment, I never more wasn’t me, I wasn’t that alchemy and so, in that state I was in, I felt my first love, sabrina, the same ward, in neighbouring buildings, I lived at the ground floor, she lived at the top one…

    how many times I looked up searching her shape, I cycled and looked up.

    I’m not me anymore

  73. La rivendicazione dei diritti d’autore,

    il fatto che “sempre” un artista deve

    firmare e nessun altro può utilizzare

    la sua immagine come propria, l’avarizia,

    il desiderio di riconoscimento del proprio

    operato, la detenzione, la possidenza

    di una forma, di un pensiero, sono i motivi

    che mi hanno spinto ad accettare la proposta

    di Zak: non essere autore a suo favore.

    Rinuncio a firmare le “mie“ opere:

    per consentire a Zak Manzi di fare arte

    senza far nulla, per consentirgli di non

    pensare da artista ma produrre,

    esporre e vendere ugualmente.

    Angelo Rossi 1999

  74. Fino al 14.X.2001
    galleria, Emi FontanaMilano, v.le Bligny 42
    tel&fax 02.5830.6865/3395002642
    emifontana@virgilio.it
    Terrorismo e arte si mescolano armonicamente nella nuova mostra “Clegg&Guttmann” di Zak Manzi

    giovedì 4 ottobre 2001

    ZAK MANZI

    Esistono idee che trovano nella ripetizione la loro forza e nella loro dichiarata falsità la loro verità, questa volta per reiterare la continua ripetizione, Zak Manzi mescola l’opera d’arte all’informazione televisiva, l’arte e l’informazione si ripetono vorticosamente fino all’assuefazione. La forza della ripetizione riduce la verità a menzogna.
    Di questo sembra essere assolutamente convinto Zak Manzi che sulla ripetizione (non sempre differente) ha basato il suo lavoro.

    “CLEGG&GUTTMANN” è la sua ultima installazione, composta da sei foto fatte rielaborare (l’ideatore e l’esecutore delle opere non è stato rivelato dall’artista) della celebre coppia, un’esposizione insolita e provocatoria per la galleria Emi Fontana.
    Le grosse gigantografie mescolano ambientazioni classiche di Clegg&guttmann a scioccanti sequenze terroristiche, mescolando l’atmosfera pacata delle opere originali alle ultime drammatiche scene di distruzione verificatesi negli USA. L’attacco al World Trade Center il volo 11 della American Airlines, che trasportava 81 passeggeri e 11 membri dell’equipaggio, in viaggio sulla rotta da Boston a Los Angeles, l’11 settembre 2001 si è schiantato contro la Torre Nord del World Trade Center, a Manhattan, poco prima delle 9 di mattina, circa 15 minuti più tardi, il volo 175 della United Airlines, che volava sulla stessa rotta Boston-Los Angeles, con 56 passeggeri e 9 membri dell’equipaggio a bordo, si è disintegrato contro la Torre Sud, è di questi fatti che ci parla Manzi attraverso improbabili ambientazioni.
    Pur sapendo che si tratta di un inganno seguiamo il percorso di Zak Manzi, un percorso che alla fine coincide con la nostra esperienza mediatica, l’unico vero intoppo alla visione sembra essere la presenza dell’opera d’arte, troppo vicina alla morte per non passare inosservata.
    Quella che fuoriesce è una tragedia muta, il silenzio dell’arte soffoca l’esplosione, l’accostamento arte-terrorismo lascia il fruitore attonito, quasi sprovvisto, sei foto come sei canali televisivi, le opere di Clegg&Guttmann revisionate, rendono indifferente una tragedia.
    ZakManzi si spinge al di là di un’illusione semplicemente spaziale, sostenendo che un ordine imposto (un qualsiasi sistema di credenze), una profondità apparente e l’illusione della realtà, generano in tutti i campi del sapere una falsa conoscenza, come ben esemplifica la selezione tematica delle sue foto: geometria, architettura, psicologia, linguistica, teoria, politica e religione, ovvero il nostro modo di percepire e costruire lo spazio, noi stessi, il nostro linguaggio, le azioni, le credenze.
    Una reiterata illusione.

    Elisa Lusso

  75. Essere menzionati all’interno di una rivista d’arte specializzata nel bene o nel male produce un effetto di notorietà. “Essere artisti non c’entra con la fama, quella cosa intangibile che ha bisogno di integrità. Penso però che sia necessario confessare di voler diventare famosi, altrimenti non si può essere artisti.”

    Copiare tema celeste

    Un’opera copiata copia la creatività, un’idea copiata copia un concetto, copiare significa mettere da parte le proprie “idee” e presentare un pensiero già pensato, un’immagine già realizzata. Un’opera copiata è un’opera d’arte. Far propria un’immagine celebre o un marchio prestigioso valorizza il proprio operato, per questo Angelo Rossi, dopo aver riprodotto un disegno murale di Sol Lewitt, la rivista Flash Art e un singolo di Carmen Consoli per Zak Manzi ha realizzato un plagio di tema celeste in scala.
    tema celeste pocket, di Zak Manzi, è un’opera d’arte dalla tiratura di 1000 copie. Oltre alle pubblicità, recensioni, articoli forniti da artisti, teorici e galleristi che hanno contribuito, sono incluse recensioni e pubblicità di eventi che chiamano in causa gallerie, artisti, corrispondenti all’oscuro del progetto. Affinché la rivista presenti un aspetto veritiero, sono rimaste immutate alcune caratteristiche editoriali: non mancano pertanto le “lettere al direttore”, gli sponsor, i corrispondenti, articoli riciclati da vecchi numeri e quant’altro renda la rivista riconducibile a quella originale.
    L’installazione in galleria prevede la sistemazione di una o più pile (incellophanate o chiuse in scatole di ferro) di tema celeste. L’esposizione può essere arricchita da stampe cibachrome o plotter 20×30 raffiguranti pagine interne alla rivista.

    Obiettivi generali

    Il progetto fin dall’inizio ha previsto il coinvolgimento di più soggetti, quasi a voler ricalcare le reali dinamiche esecutive che sono alla base della realizzazione di qualsiasi rivista.
    Non è uno strumento di giudizio nei confronti della rivista copiata, del direttore, degli artisti menzionati, degli sponsor e di tutti coloro che collaborano alla sua realizzazione. La copia di tale rivista ha come unico scopo la realizzazione di un oggetto d’arte.

    Soggetti coinvolti

    Il ruolo dei soggetti contattati è prevalentemente quello di recensore, hanno collaborato pertanto: critici d’arte, gruppi, filosofi, associazioni, artisti, istituzioni scolastiche, teorici, galleristi, curatori.
    – I critici, curatori e teorici che hanno aderito sono: Giuliana Videtta, Adachiara Zevi, Gianni Pozzi, Pier Luigi Tazzi, Riccardo Tabarrani, Simona Barucco, Erika Nardi.
    Gli artisti che hanno aderito sono: Vincenza Casaluce Geiger, Mariapia Saccone, Mario Franco, Giancarlo Mazzaro, Francesco Manzi, Cesare Pietroiusti, Pino Modica, Daniele Bacci, Bruno Donzelli, Andrea Cerini, Renè Bassani, Antonio De Luca, Eugenio Giliberti, Genny Capitelli, Stefano Bosco, Tony Corbo, Ezio Pierattini, Federico Belluomini, Angelo Sebastio, Gianluca Cupisti, Enrico Nardi, Donata Carlucci, Angelo Usai, Vanna Russo, Lido Marchetti, Bruno Pollacci, Monica Lugas, Roberto Cerbai, Manfred Linke.
    Le Gallerie che hanno aderito sono: T 293 (NA), Zonca e Zonca (MI), Vismara Arte (MI), Officina (LU), La Nuova Pesa (Roma), Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea (Rep. di S. Marino), Vera Vita Gioia (NA), Galleria Continua (SI), Galleria Base (FI).

  76. Siamo nel terzo millennio e vi assicuro che ancora oggi chi copia resta un asino!!!
    Chi poi,ancora oggi,cerca di rifilarci il mattone gonfiandolo a dismisura con citazioni in libertà da tutta quella letteratura ormai superata ma mai assimilata evidentemente dal riassemblatore,dimostra in pieno e senza ulteriori chiarimenti,la filosofia da “magliaretti”che sostiene questa squallida operazione da terroristi culturali mancati….
    Tempi duri si avvicinano per questo tipo di “arte”,credetemi.
    A proposito,non scordatevi mai che la “Verità” esiste per davvero e anche se non l’avete mai incontrata non smettete mai di cercarla!!!!
    Tanto è lei che vi verrà a prendere prima o poi,statene certi.
    By By

  77. Sarocaro da Punta Vagno, se ci sei batti un colpo (senza mandarmi virus nel computer, te ne prego): ti vorrei chiedere una cosa.

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