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Addio a Marta Czok, l’arte come testimonianza della condizione umana
Personaggi
di redazione
Giovedì, 6 febbraio, mentre era ancora immersa nel lavoro sulla sua ultima tela, si è spenta all’improvviso Marta Czok, artista che ha dedicato la sua esistenza alla pittura come strumento di riflessione critica e come linguaggio per esprimere le sfumature dell’umanità. La notizia è stata confermata dalla Fondazione a lei dedicata.
Nata a Beirut, nel 1947, da una famiglia polacca, Czok ha vissuto sulla propria pelle il destino della diaspora, attraversando l’Egitto prima di stabilirsi a Londra, dove studiò alla St Martins School of Art, venendo selezionata ripetutamente per la Royal Academy Summer Exhibition. Dagli anni Settanta, l’Italia è diventata il suo punto di riferimento, non solo biograficamente – con il matrimonio con Valter Scarso – ma anche artisticamente. Con una cifra stilistica capace di unire ironia, profondità storica e un’intensa indagine sulla condizione umana, le sue opere, esposte in tutto il mondo, ritraggono in maniera acuta le contraddizioni della società contemporanea. La critica alle istituzioni, la denuncia delle ingiustizie, il dramma della guerra e della migrazione si alternano a immagini di quotidianità, scene domestiche e momenti di convivialità, sottolineando il valore della resilienza e della speranza.

La sua carriera è stata costellata di collaborazioni con importanti istituzioni: dalle ambasciate francesi e polacche a Roma all’Istituto Italiano di Cultura di Varsavia, dal museo Macro e il Museo Carlo Bilotti a Roma fino al Centrum Spotkania Kultur di Lublino. Nel 2008, la televisione nazionale polacca TV Polonia le ha dedicato un documentario, evidenziando il legame profondo tra la sua opera e la memoria della Seconda Guerra Mondiale.

Fino alla fine, Czok ha continuato a progettare nuove esposizioni tra Italia, Polonia e Regno Unito, esplorando anche l’integrazione tra arte e realtà virtuale. La sua eredità sarà portata avanti dalla Fondazione Marta Czok che, con sedi a Roma e a Venezia, negli ultimi anni ha intensificato la sua missione per la promozione della cultura e dell’arte in Italia e all’estero, organizzando retrospettive come URBE a Palazzo Montecitorio, DE INNOCENTIA al Complesso di Vicolo Valdina e EX_PATRIA a Venezia. In questo momento, le sue opere si possono visitare a Venezia con la mostra THE WINDOW e a Castel Gandolfo, dove la Fondazione Marta Czok ha creato la sede della sua Collezione Permanente.

«La guerra, che, essendo nata nel 1947, non ho vissuto personalmente, ha però condizionato ogni giorno della mia vita», ci raccontava in una nostra intervista. «Sono addirittura nata apolide. Il Libano, dove ho visto la luce per la prima volta, non rilasciava certificati di nascita a coloro che vi transitavano come rifugiati temporanei, nonostante tutta la generosità dei Libanesi, per la quale sono davvero grata. A causa della guerra, la mia stessa “patria”, la Polonia, fu assegnata all’Unione Sovietica, i suoi confini ulteriormente spostati. Concetti del 19° secolo in cui la vita del piccolo popolo era di scarso valore, continuarono ad essere messi in pratica nel 20° secolo, e, sicuramente, lo sono ancora adesso. La mitologia della patria continua a essere promossa per giustificare gli orrori dei conflitti bellici: ma non esiste gloria in nessuna guerra, quindi la dipingo per quello che veramente è».