14 gennaio 2013

L’arte che fa la tv

 
Non solo pay-per-view, ma anche digitale terrestre. Per ora gli esempi non sono molti, ma alcuni programmi dedicati all'arte nascono, o tornano, sul piccolo schermo. Con una nuova concezione rispetto al grigio approccio documentaristico, più vicini al quotidiano. Anche degli artisti. Per sgombrare il campo dall'idea che arte e televisione siano destinate a non incontrarsi mai

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Nuovi orizzonti televisivi per l’arte. Nel Paese che ormai sembra muoversi solo al cospetto di uno show-coocking a dir poco becero, o che poltrisce davanti al piagnisteo in diretta, qualcosa sotto la luce dello schermo, in fatto di trasmissioni legate all’arte e alla cultura, sembra cambiare. Merito della pay-per-view, ma prima ancora  del digitale terrestre che, complice l’esubero di canali, ha cercato di piazzare sul video tutto quello che è considerato “tempo libero”. Talvolta azzeccando le scelte e riuscendo a conquistare una fetta di pubblico “colto”, quella sottile schiera di umanità televisiva decisa a non farsi strappare via il cervello da macchiette che insegnano come vestirsi, pianificatori di matrimoni, pasticceri da galera e agenti immobiliari talmente finti da risultare quasi credibili nel delirio di vendite milionarie negli anni peggiori dei mercati. 
Ed è così che stanno nascendo esperimenti che possono, talvolta, anche riscrivere il modo di fare televisione, con direzione artistica e autori dalla forte presenza proprio sul campo dell’arte contemporanea. Stiamo parlando in questo caso della nuova trasmissione di Sky Arte HD che debutta oggi, 14 gennaio, alle 21. Si intitola “Il posto delle fragole” e al timone, come autore, c’è il gallerista milanese Riccardo Crespi, che ha concepito un format dove gli artisti diventano presentatori del proprio genius loci, della loro città d’appartenenza o di ispirazione, per tracciare una prospettiva inedita anche nel racconto sia del territorio che nell’approccio, spesso eccessivamente documentaristico, che si riserva alle “copertine” dedicate ai capoluoghi. 

Una striscia di mezz’ora, che culminerà con la visione vera e propria del “posto delle fragole” attraverso un corto d’artista, girato dagli stessi invitati. Spiega Crespi: «Il programma delinea un cammino artistico e antropologico che tocca anche l’architettura, il costume e la cultura in generale; ci conduce nella dimensione privata dell’artista che racconta come nasce il suo lavoro, le sue passioni e sensibilità. Un viaggio nei suoi luoghi, a volte sconosciuti, altri noti a tutti, ma osservati da un punto di vista personale con il loro carico di storia e valori, che dà una chiave di lettura dell’arte e anche del mondo attraverso gli occhi del protagonista».
Un appuntamento in qualche modo “pubblico”, che contribuirà anche a far uscire dalla “galleria” l’identità di Jannis Kounellis e Cesare Pietroiusti, che racconteranno la loro Città eterna, Maria Morganti e Serse, il cui sguardo sarà a Venezia e Trieste, Michelangelo Pistoletto e Marzia Migliora, con gli occhi puntati sulla piccola Biella e su Torino mentre Milano avrà le tensioni scoperte di Adrian Paci e Letizia Cariello.
Insieme a Riccardo Crespi il comitato scientifico che ha selezionato gli artisti è composto da Arabella Natalini, Gabi Scardi, Adelina Von Furstenberg, Antonio Somaini e Carlo Bach. Esatto, il direttore artistico di Illycaffè, che ha contribuito al lancio di quello che Crespi definisce «uno studio visit televisivo», dove a entrare in contatto con l’artista non saranno solo curatori e critici ma un target molto più vasto anche se, aggiungiamo noi, sempre di appassionati appartenenti ad una certa cultura dell’arte. E Bach, per definire la partnership con il programma tira in ballo la Illy Collection, da anni in grado di portare il visivo degli artisti più famosi del mondo in un gesto quotidiano come quello del rito del caffè. «Con “Il Posto delle Fragole” facciamo un ulteriore passo, portando lo spettatore nel quotidiano dell’artista, nei luoghi e nelle abitudini da cui nasce la sua opera, per comprendere appieno la genesi dell’atto artistico», spiega il direttore. 

Torna invece, nella sua terza edizione, a partire dal prossimo sabato, “CoolTour Arte”, di nuovo  su Rai5. Nel caso non siate abbonati alla pay-per-view il programma condotto da Michela Moro, questa settimana vi porterà nella mostra più chiacchierata dell’inverno milanese, quella di Alberto Garutti al PAC. E sarà lo stesso artista, insieme al curatore Hans Ulbricht Obrist ad illustrare la sua personale, così come Rachel Feinstein, racconterà di Roma proprio a partire dalla sua mostra da Gagosian. Qualcosa cambia dentro il piccolo schermo insomma, e chissà che non possa essere il principio di una nuova “educazione artistica”, all’indomani del taglio di “Passepartout” di Philippe Daverio. 
Contro la chiusura della trasmissione, andata in onda dal 2000 all’inverno del 2011 si schierò anche Francesco Giro, ex ghost writer di Silvio Berlusconi ed ex Sottosegretario ai Beni e alle Attività Culturali. Oggi Passpartout è visibile in replica perenne su Rai5, dove fa quasi tenerezza vedere i resoconti di Biennali vecchie anche di tre edizioni, o della Documenta del 2007. 

Per gli integralisti della televisione pubblica, ammesso ve ne siano ancora, dal 2006 ricordiamo che è attivo, sotto la sigla di Rai Educational, l’appuntamento settimanale con “Artnews”, in onda su Rai1 e Rai3, che si propone come una sorta di “Passepartout” ampliato, con autori vari ed eventuali che raccontano, di volta in volta, temi dal mondo, approfondimenti su questioni inerenti anche alla cronaca (gli speciali dedicati alla situazione di Pompei nel 2012) o che parlano delle vite e le carriere di artisti contemporanei, entrando nei loro studi, visitando le loro mostre, intervistandoli dal vivo, come in poche occasioni era accaduto davanti alle telecamere prima dell’avvento del programma. 
Il rapporto tra arte e televisione resta comunque, da sempre, piuttosto controverso: o c’erano i documentari, con i templi greci e le armature medioevali, gli sceneggiati su Caravaggio o nulla, a parte la tv dei primi anni dove lavoravano personaggi come Umberto Eco ed Emilio Garroni che in trasmissioni dal titolo ben poco accattivante (L’Approdo, L’Alamanacco) intervistavano artisti, scrittori, critici e altri intellettuali. Pare difficile raccontare un Concetto Spaziale di Fontana in televisione, troppo complicato spendere parole su argomenti tipo la Body Art, a volte questioni spinose perfino per gli stessi addetti ai lavori, figuriamoci per un conduttore. Così negli anni si è fatto largo ai “Misteri” e ad Alberto Angela, che ha riempito le prime serate di animali preistorici e mummificazioni, ma poco o nulla si è sentito o visto, se non in tempi recenti, dell’arte del secolo breve.

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