20 luglio 2012

Oh, Madre!

 
Speriamo sia la volta buona: il museo napoletano riparte, con un rifinanziamento e il bando per un nuovo direttore. La parola a Pier Paolo Forte, Presidente della Fondazione Donnaregina, che gestisce il Madre. Per capire come sarà il nuovo assetto della struttura e come saranno utilizzati i nuovi fondi a disposizione. Con un pensiero particolare al Mezzogiorno dell'arte

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Mentre il 10 luglio, a Roma, Pier Paolo Forte annunciava il ritorno in pista del Madre, quasi in contemporanea arrivava una notizia che a una prima lettura sembrava uno sberleffo: “a Napoli nascerà una fondazione intitolata Fare Chiesa e Città”, su iniziativa della Curia. Quella stessa curia che nei mesi precedenti aveva contribuito a togliere l’ennesimo tassello dal corpo del museo Madre, riprendendo possesso della Chiesa di Santa Maria Donnaregina Vecchia, appendice della struttura culturale napoletana, ridata alla Curia dal Comune. Nel mentre sono arrivate anche le parole di Don Alfonso Russo, direttore del Museo Diocesano, che dirigerà l’annunciata fondazione, tutte “votate” a riprendere un dialogo con gli artisti contemporanei. Quelli che proprio il Madre si era impegnato a promuovere, in questi anni. Una superficie espositiva di oltre 7mila metri quadrati, inaugurata appena cinque anni fa e completata nel 2009, sulla base di un progetto dell’architetto Alvaro Siza, annunciato Leone d’oro alla carriera alla Biennale d’architettura di quest’anno. Anni che sono trascorsi con modalità piuttosto turbolente, dai mancati accordi di gestione di Pierreci e Mondadori Electa che nello scorso gennaio sembravano, a causa dei cospicui crediti che avanzavano dalla fondazione, intenzionati ad abbandonare a tutti gli effetti il museo.

Ma prima ancora c’era stata la guerra che la Regione Campania aveva intrapreso con il direttore Eduardo Cicelyn, conclusasi con il suo allontanamento, giudicato dallo stesso “ingiusto”. Poi il problema fondi, che per il 2012 si aggiravano intorno al milione di euro, una cifra che a malapena avrebbe coperto le spese del museo, elencate da Cicelyn in oltre tre milioni l’anno, comprendenti dalla guardiania al salario degli operatori, dalla manutenzione alla assicurazioni sulle opere. Opere che sono state a loro volta rimosse dagli artisti e dai collezionisti che le avevano concesse in comodato d’uso, quando Cicelyn e soprattutto il curatore Mario Codognato – figura di riferimento specie per i collezionisti – sono stati allontanati.

Ma proprio ora, a museo vuoto, si profila una sorta di rinascita. L’atteso sblocco del Madre, più volte annunciato, pare essere realtà. Il bando per un nuovo direttore, di cui già molto si è parlato (anche con un’inchiesta di Exibart) e lo stanziamento di alcuni milioni di fondi regionali, altrettanto reali. Che non saranno una gran cifra ma, se bene amministrati, dovrebbero bastare per riportare il Madre ad occupare un posto di riferimento per il contemporaneo in Italia. Ne abbiamo parlato in questa lunga intervista con il Presidente, Pier Paolo Forte.
Non è mai troppo facile “chiudere” e cambiare gestione di uno spazio senza subire conseguenze. Da quale parte si deve iniziare per ricostruire la vita e il futuro del MADRE?
«Mi lasci dire che, nonostante enormi difficoltà, non abbiamo mai chiuso, e che stiamo lavorando a rendere questa Fondazione un’istituzione, dunque una organizzazione stabile, duratura, continuativa. Ci sono, e ci saranno profondi rivolgimenti, non rinunciando agli aspetti positivi della breve storia del Madre: i primi passi sono stati di sistemazione delle tante anomalie che abbiamo trovato, tra antichi debiti, confusioni patrimoniali ed amministrative, opere in fuga, e di risanamento economico e finanziario, ed ora partiremo dal nuovo direttore e dal nuovo comitato scientifico, per avviare l’attuazione degli indirizzi strategici di cui ci siamo dotati già dallo scorso gennaio».

Le varie vicende del MADRE possono aver incrinato la “fiducia” del pubblico nell’istituzione? Quanto è importante per un museo questo fattore?
«È un rischio di cui sono consapevole. Accanto ad altri fattori, l’affidabilità e l’autorevolezza sono decisive, e lavoreremo per consolidarle».

Ora che i fondi regionali sono stanziati e si può ripartire, quali saranno le strategie della Fondazione per raccogliere ulteriori proventi anche da privati o aziende?
A proposito, a quanto ammontano i fondi?
«Possiamo contare su più di due milioni per la gestione annua, e su quasi sei milioni nel triennio per gli investimenti e le produzioni. Nulla se paragonate alle cifre del passato, ma sapremo far fruttare bene queste disponibilità, consapevoli che, in questo momento storico, non è stato facile per il nostro Fondatore stanziarle. A mio avviso questo aspetto va colto: la Regione Campania ha testimoniato così un importante indirizzo politico, continuare a puntare sulla cultura, nonostante la crisi, che da queste parti è terribile. La continuità dell’impegno sull’arte, al di là dei colori politici, è perciò a mio avviso la vera buona notizia.
Quanto a noi della Fondazione, abbiamo mire ambiziose: ricostruire il museo con una identità riconoscibile ed interessante, lavorare molto sul pubblico, produrre in tutta la Regione, proporci come riferimento per iniziative di qualità nel Mezzogiorno, e, nel medio periodo, anche all’estero, sostenere il dibattito sulla contemporaneità anche oltre le arti visive. Su tutto ciò, e sulla serietà e professionalità dei nostri comportamenti, punteremo per proporre il Madre a chi fosse interessato a sostenerlo, e a farsi coinvolgere nelle sue attività».

 
Parliamo di opere: è possibile un ritorno dei pezzi ritirati negli scorsi mesi da parte degli artisti? Vi saranno collezionisti coinvolti in “comodati” per le attività espositive del museo?
«Sono tutte valutazioni che spetteranno al nuovo direttore, in sintonia con il comitato scientifico. A loro chiederemo di dare una identità al Museo, e di rendere tutta la nostra attività interessante, stimolante, collaborativa. Le grandi collezioni sono oggetti di lavoro  usale per musei come il nostro, e suppongo che lo saranno anche per il Madre. Ma stiamo già lavorando in grande sintonia con tante realtà del mondo culturale internazionale».
 

Nuova direzione: come dovrà essere la figura che guiderà le attività del museo in futuro? Che criteri di selezione avrà il bando?

«Il bando non prevederà uno skill troppo preciso, lascerà molto spazio agli intenti dei candidati, che saranno valutati dal Comitato scientifico più che da noi; intendiamo procedere ad una selezione molto seria, vera e pulita, con un solo requisito essenziale: si può candidare chi ha già esperienze di direzione museale, oltre che curatoriale. Mi lasci dire che ci piacerebbe avere l’imbarazzo della scelta, per il livello delle candidature: al nuovo direttore non spetterà solo la direzione di uno dei maggiori soggetti del contemporaneo del nostro Paese, ma anche il compito di consolidare un Museo, a partire da un nucleo già esistente. Un’occasione, credo, stimolante e non certo frequente».

Perché il MADRE ha subito le note traversie? Qual è il pericolo che incombe sul contemporaneo in Italia? Come si può tutelare l’attività di una fondazione museale, anche alla luce degli ulteriori tagli annunciati con la “spending review”?
«Sono molte domande in una, che richiederebbero ben altro tempo per risposte consapevoli. La crisi sta colpendo, è evidente, tutti i segmenti culturali, il Madre ne è una delle tante vittime, con in più alcune anomalie proprie e peculiari, che ne hanno aggravato lo stato e che stiamo correggendo. Gli interventi della “spending review” vanno esaminati con molta attenzione tecnica, spero che non incidano sul sostegno ai soggetti che, in Italia, rappresentano un investimento, non una spesa, e svolgono attività in favore dei cittadini e degli ospiti del nostro Paese, concorrendo al patrimonio culturale dell’umanità».

Durante il convegno intorno agli spazi dedicati al contemporaneo al Complesso di San Michele a Ripa di Roma è uscita la problematica di una “questione meridionale dell’arte”. Ci vuole spiegare cosa intende di preciso? Ci sono margini per arginare questo fenomeno o, ormai, si può lavorare solamente sulla “malattia cronica” dello stato dell’arte nel Mezzogiorno?
«Mi sono riferito ad una osservazione evidente: il bacino finanziario da cui le organizzazioni culturali traggono le proprie energie economiche ha, in breve, quattro grandi fonti: i propri ricavi, mai sufficienti a coprire i costi e gli importanti e continui investimenti necessari; la finanza privata, proveniente prevalentemente dalle imprese, quella delle istituzioni pubbliche e quella dei grandi patrimoni mecenatisti. Ebbene, ciascuna di queste fonti è minore nel Sud, se non quasi assente (si pensi alle fondazioni bancarie) e ciò rende ogni progetto serio più difficile se localizzato nel Mezzogiorno. Ma non significa che progetti seri non vi siano, per fortuna, per le grandi energie e la passione di alcuni attori locali, ai quali intendiamo prestare tutta l’attenzione che ci potremo permettere».

Un’ultima domanda: sarà la volta buona per il MADRE? Diventerà davvero un museo capofila del contemporaneo in Italia?
«Non siamo interessati a divenire capofila di alcuno, ma siamo impegnati per essere un punto di riferimento anzitutto per il nostro territorio, e se lo meriteremo per il resto del Mezzogiorno. Siamo molto attenti alle scelte delle altre istituzioni, italiane ed estere, con le quali confidiamo di collaborare apportando e ricevendo, in relazioni di reciproca utilità e crescita. Abbiamo molto da fare, perché il nostro fuoco non vuole essere di paglia, fugace per quanto luminoso. Museo e fondazione vorranno essere giudicati per ciò che otterranno nel tempo, e per la sostanza delle loro proposte: continuità, assiduità, qualità e futuro, insomma».

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