27 ottobre 2010

PIOVONO COMMENTI

 
di christian caliandro

I commenti - spesso anonimi - in calce alle notizie di Exibart? La prima lettura mattutina (e non solo) per migliaia di persone interessate al mondo dell’arte. Un modello che presenta dei meccanismi simili in modo preoccupante alla modalità delle assemblee degli anni ‘70: tutti pensano di poter dire la loro in maniera democratica, in realtà fanno solo casino...

di

Come si fa a parlare bene delle cose che tutti

si aspettano che tu ne parli bene? Mi metto

a ridire quello che dicono già tutti? Neanche

se m’ammazzi. E poi ragioniamo: ma se già lo

dicono tutti, che me lo chiedi a fare a me?

Se me lo chiedi a me – m’è disgraziatamente

capitato di pensare ogni volta che dava il tema –

è perché evidentemente vuoi un’opinione personale.

E io gliel’ho data.

Antonio Pennacchi, Il Fasciocomunista (2003)

Exibart è per molte ragioni un punto di osservazione
privilegiato, un’isola felice e indipendente nel panorama desertificato del
giornalismo italiano (specializzato e “generalista”). Non so se ve ne siete
accorti, ma qui possiamo parlare praticamente di qualsiasi cosa ci passi per la
testa, affrontare qualsiasi argomento e da qualsiasi punto di vista, il che, di
questi tempi, non è affatto poco.

Perciò, non è forse peregrino provare ad analizzare quel
fenomeno misterioso e affascinante che sono i commenti agli articoli che
vengono pubblicati sul sito di Exibart. Soprattutto perché sembrano riprodurre in scala
altri fenomeni più ampi, complessi e difficili da cogliere. Occorre partire da
una confessione personale: da quando leggo e scrivo per questa testata, i
commenti in calce alle news e ai pezzi più stuzzicanti sono la prima cosa in
assoluto che vado a guardare. E lo faccio più di una volta al giorno.

C’è di sicuro una componente preoccupante di voyeurismo in
questa pratica, che però so di condividere con alcune migliaia di lettori. Ma
da un po’ di tempo c’è anche qualcos’altro. È un aspetto da sempre presente
nello sviluppo dei commenti, ma che ultimamente si è fatto molto più evidente
e, per certi versi, illuminante. I commenti, infatti, partono quasi sempre –
ma, è bene sottolinearlo fin da subito, non sempre – dall’oggetto in discussione,
dalla notizia o dall’opinione, e poi… deviano, e sembrano andare alla deriva. Fateci caso anche voi.

Ho aspettato un bel po’ prima di scrivere questo articolo,
perché volevo essere innanzitutto sufficientemente sicuro del fenomeno prima di
rivolgere lo sguardo dal mondo esterno a quello interno della rivista (ma qui
la linea di confine tra realismo e introspezione tende a farsi confusa e
sfumata…). Questa sicurezza non è venuta – e già qui rilevo un ottimo spunto
per i commenti – ma l’articolo ho iniziato a scriverlo lo stesso.

Luca Rossi - Gagosian Project - 2009 - Gagosian Gallery, New York
Dunque, il fenomeno. Questa deriva è qualcosa che non si
verifica a ogni pie’ sospinto. Ci sono infatti articoli assolutamente degni di
nota che vengono bellamente ignorati dal tornado, e altri piuttosto
trascurabili che entrano inspiegabilmente nell’occhio del ciclone, per
rimanerci fino alla puntata successiva. Anzi, qui si può già rintracciare una
prima regola: normalmente gli articoli più importanti non hanno quasi nessun
commento, mentre quelli meno rilevanti ne hanno una caterva. E, da questa
regola, discende direttamente la seconda: gli articoli significativi e
non-commentati trattano di solito di cose significative, che hanno a che fare con la
realtà e con la nostra vita, mentre quelli iper-commentati trattano
generalmente, o quantomeno lambiscono, le beghe e le “baruffe chiozzotte” del
micromondo dell’arte, meglio se quello (micro-micro) italiano. Piccole guerre
di posizione, scaramucce finte, schioppettate da niente. Tutto nella migliore
tradizione nazionale: ignorare i problemi serissimi e prioritari per
concentrarsi sulle questioni più astratte, sulle dichiarazioni d’intenti, sui
sentimentalismi deviati e sui trionfalismi ingiustificati. Qualunque cosa, pur
di evitare accuratamente la realtà, l’analisi seria, lo studio attento e
disincantato.

Dicevamo della deriva. Se vi fermate a osservare un
momento la “lista” in fondo all’articolo (preferibilmente una di quelle lunghe,
tra i 20 e i 40 commenti), noterete che a un certo punto l’analisi (per quanto
rozza) dell’argomento sfuma e lascia il posto alle affermazioni perentorie, al
pro-e-contro, all’accusa e alla legittimazione (aprioristiche, ovviamente,
entrambe). Questa polarizzazione è un’illusione. Non solo non ha nulla a che fare
con la discussione o il dialogo, ma neanche con il monologo. Luca Rossi - I'm not Roberta - 2010 - Whitney Museum, New YorkQuesti statement sono piuttosto simili a “sassi”
(o sanpietrini che dir si voglia) lanciati nel corso di una manifestazione d’antan. Il sasso equivale a un messaggio
categorico e speranzoso, del tipo: “Io sono qui, adesso”. Meglio ancora: “Io esisto, qui e adesso (e ve lo
scrivo, dicendo la mia su tutto e costringendovi a prenderne atto. Avete
capito?)!
”.

Ancora più interessante è il fatto che queste affermazioni
letterali vengano espresse in forma anonima. Fatto che personalmente non
trovo per nulla contraddittorio: o meglio, la contraddizione e l’ambiguità
insite nel rapporto tra dichiarazione identitaria e anonimato non solo sono
perfettamente ammissibili, ma sono connaturate allo spirito di questo tempo, in
cui all’elisione continua del Sé corrisponde un desiderio smodato e
naturalmente etero-diretto di esposizione-esibizione.

Per cui, una volta stabilite le necessarie distanze e
differenze, è possibile davvero iniziare a riconoscere un’analogia
(preoccupante?) con i tardi anni ‘60 e soprattutto con gli anni ‘70. Il
processo che regola i commenti di Exibart – e di qualunque altro medium informativo 2.0 –
sembra infatti essere analogo a quello che regolava la mitica “assemblea” (è
significativo in proposito come sia tornato prepotentemente in auge il polveroso termine
“dibattito”…). L’illusione è che tutti possano esprimere la propria opinione
e discutere democraticamente (“presa della parola”), a un livello paritario e
antiautoritario. Il risultato è, però, un casino infernale.

christian caliandro


*articolo pubblicato su Exibart.onpaper
n. 68. Te l’eri perso?
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[exibart]

80 Commenti

  1. prima volta che commento su exibart.com.
    < >
    capitan ovvio colpisce ancora.

    chiedo scusa a capitan ovvio per averlo tirato in causa.

  2. Articolo meta-critico condivisibile. Però spesso è in dubbio che i commenti (apparte quando degenerano) vanno a fornire una versione di verità più completa; direi influenzata da una pratica “pop” più laterale e privata. Ieri ho letto sotto una notizia di Riello alcuni retroscena forse più interessanti della notizia. Leggendo il blog di Luca Rossi si parla oggi di una tendenza “pop” più raccolta e laterale, sintomatico che lo stesso Rossi sia il commentatore anonimo per eccelenza. Però attenzione: commentatori anonimi anche più taglienti di Rossi ci sono sempre stati. Luca Rossi spesso riesce a fornire e motivare delle piccole verità molto più profonde. Questo è quello che fa clamore. Quindi il contenuto del commento rimane comunque centrale e si fa fatica a generalizzare.

  3. un’analisi condivisibile in molti punti, a partire dalla pratica di andare subito a leggere i commenti alle notizie. e aggungerei anche altri due punti: i toni (spesso offensivi) accompagnati da frasi divenute, per alcuni versi, degli stereotipati cliché; la mancanza di volontà di un confronto serio: la testata dà la possibilità di parlare di arte, di conoscere punti di vista diversi, invece ci si limita a sentenze e offese.

  4. La testata, secondo me, dovrebbe per prima commentare la notizia, secondo chi recensisce la notizia (una mostra) dovrebbe cominciare a fare seriamente critica: seriae imparziale.

    Forse se cominciaste voi ad essere realmente critici, anche davanti l’evidenza di un artista “lanciato” e che oggettivamente può “fare” una brutta mostra, forse dico,tutta questa frustrazioneche vedo nei vostri cari e appassionati lettori non sfocerebbe in devianze pseudo culturali infamanti.

  5. Guardate che spesso i commenti sono solo prolissi. Io non ho mai letto insulti veri e propri. Semmai commenti e critiche all’opera o ad alcune dinamiche. Mi sono andato a guardare i commenti di tal luca rossi e mi sembrano quasi tutti molto condisivibili, tutti sicuramente opinabili, ma sempre ben motivati e mai volgari. Io non vedo questo clamore, ora anche nella Sacra Televisione vediamo il tele voto o i commenti degli internauti (vedi extra factor delle 18.45). Mi sembrano dinamiche il linea con i tempi.

  6. Non mi stupisco che molti lettori sono più affascinati ai commenti in calce che alle notizie di Exibart. Riflessioni e commenti che trovo, spesso interessanti. Sono informazioni meno sospette rispetto al coro monototono dei soliti e noti notabili addomesticati.

  7. Guardate che quelli che scrivono i commenti, sono persone preparate e non sprovvedute come qualcuno osa chiosare. E’ significativo che queste figure anonime siano oggi rivendicate e difese da tutti gli artisti fuori dal coro. Cioè proprio da coloro che non accettano dinamiche di potere che raccolgono consensi nella stretta cerchia degli addetti ai lavori. Al contrario di quello che si dice, glia anni settanta sono stati straordinari e innovati: c’era nell’ aria la volontà di cambiamento, soprattutto nel campo delle arti visivi. Quello che manca oggi.

  8. perchè si leggono i commenti? perchè (quando non sono offensivi ovviamente) sono una delle poche cose divertenti… se si deve approfondire si guarda altrove no?

  9. L’identico problema si verifica in ogni spazio di “commento” sui vari siti e blog inerenti l’arte contemporanea-
    Sfaccendati, facinorosi, invidiosi e pure-programmatici sistemisti sparano a zero, insultano o parassitano ogni topic per poter rendere immanente non, un loro pensiero, ma una loro prova di esistenza in vita-
    Di fatto: rendere condivisa la loro, altrimenti, inosservata ed insoluta, volontà di emergere.

    Io personalmente, come artista e come direttore e fondatore di CARS e MARS ho ricevuto sequele di INSULTI-
    vai a lavorare! trovati un uomo che ti sc..! mostra con cani e porci! che schifo… opere come al dopo scuola dell’asilo! sei vecchia! sei solo la fidanzata di Trevisani… (a suo tempo) etc etc-

    Nessuna critica costruttiva seppure nell’eventuale dissenso- di fatto NESSUNA critica- solo, come detto, INSULTI- spesso di matrice maschilista e denigratoria verso la mia vita privata. Evidentemente destrutturare il mio lavoro era esageratametne impegnativo per i commentatori che si son subito slanciati nello sproloquio.

    Questo detto: come deteminare il minimo storico di potabilità dei commenti? La franchigia dell’onestà nelle intenzioni?

    Impossibile senza assurgere ad una posizione autoritaria censoria. Cosa di fatto poco auspicabile.

    Il vero problema però è che: lo starnazzare- azzera ogni possibilità di confronto e annichilisce anche gli interventi intelligenti/motivati che si perdono nel fracasso.
    Questa situazione è OVVIAMENTE alimentata dalla possibilità di pubblicare post anonimi, o non verificabili o filtrati da verifica automatica dell’indirizzo mail.
    Altrove ho già espresso la mia idea dell’improprietà dell’anonimato- dicendo che:

    se ragioni storico/politiche lo hanno reso necessario in condizioni specifiche-

    la ns situazione e il contesto- lo rendono solo maschera ideale per le peggiori intenzioni.

    ricordo che: la tradizione della lettera/commento anonima ha favorito- la delazione anti-semita, la fenomenologia della caccia alle streghe- il Maccartismo – le epurazioni siberiane… etc etc.

    senza contare l’ovvia inutilità di lasciare spazio a “parassitismi” di chi cerca in ogni modo di ricondurre ogni topic a propri intendimenti e dirottare l’attenzione dei lettori ai propri siti- anch’essi anonimi.

    Di fatto se i link dei commentatori sono reali e nominali, l’opportunità di visitarli è pure utilissima per considerare le affermazioni dei post alla luce dei contenuti tangibili. Diciamo contestualizzando “storicamente” l’opinione.

    Adesso seguirà un filotto di post a tema “eversivo” firmati dal solito…
    get ready to ignore.
    ORMAI è l’unica risposta possibile al cretinismo più radicato.

  10. @Lorenza: per quel commento che hai ricevuto ti esprimo la mia solidarietà. Sfido chiunque a trovare nei miei commenti o nei mie post cose di tal genere. Non ci sono miei scritti offensivi, perchè non mi interessa per nulla offendere.

    Ultimamente sto commentando con altri nomi, sempre diversi. Questo perchè dopo una prima fase mi sembra interessante che sia solo il contenuto del commento a prevalere. Luca Rossi può anche morire, il verbo rimane.

    In una prima fase, con Whitehouse, ho voluto definire una serie di dinamiche sistemiche che, nel piccolissimo contesto italiano, alla lunga, vanno ad incidere su i contenuti. La politica del sistema diventa contenuto alla lunga. E i risultati sono sotto gli occhi di tutti: “assenza di artisti italiani nel circuito internazionale che conta” (cit. Pier Luigi Sacco, Flash Art) e linguaggi proposti assolutamente standardizzati.

  11. Lorenza, non si lamenti se ha subito offese da parte di qualche anonimo energumeno. Fa parte della vita. Invece di arrabbiarsi, cerca di apprezzare ciò che di positivo ci offre EXIBART. Trovo questa rivista, per qualità di notizie e commenti di lettori, tra le più interessanti in Italia.

  12. Non possiamo parlare della rilevanza dei commenti se prima non partiamo dallo stato di “silenzio colto” in cui eravamo. Il migliore sistema dell’arte contemporanea italiano, quello nato attorno alla galleria massimo de carlo, ha sempre insegnato il “silenzio colto”. Di fronte alle critiche, di fronte alle richieste di entrata nel sistema, il silenzio colto è fondamentale. Per questi motivi i commenti, il poter scrivere pubblicamente tutto, tutte le verità, mettono tanto in difficoltà il sistema. E Luca Rossi più di tutti perchè si pone a metà tra il pubblico, il migliore sistema dell’arte (de carlo e co), il peggiore sistema (padiglione italia 2009 e co) e l’orda italiana di aspiranti artisti. I commenti di Rossi vengono seguiti da tutti ed evidenziano piccole verità nascoste. Rossi è destinato a piacere solo a persone veramente libere e fuori da certi meccanismi del consenso.

  13. Cara anna… scusi ma temo lei non abbia letto il mio commento attentamente

    io non sostengo la censura- che mi è odiosa
    ma detesto i cecchini e gli autori di lettere/post anonimi vettori di volgari lesioni rivolte a me o ad altri.

    L’anonimato del Pamphlet ci ha traghettati nella modernità- adesso, in tempi di libertà espressiva, è solo la maschera di pochi sfaccendati o di tanti furbi animati dalle peggiori intenzioni.

    Rispondo anche al sig. di Genova che mi invita “a non arrabbiarmi…” scusi:

    Ma francamente, la sua famiglia, i suoi amici, il suo lavoro se lei foste oggetto di questo genere di cretinate non sarebbe scocciato?

    farsi blasè con le situazioni altrui è piuttosto superficiale, oltretutto, io non sono entrata nel merito di un giudizio su exibart- non riesco a capire il motivo per cui lei mi stimoli a godermi la lettura della rivista – lo faccio regolarmente a fini informativi ogni giorno- come ho detto, sono un’artista professionista e direttore di due spazi di arte contemporanea.

    Leggere exibart è attivamente parte del mio lavoro.

  14. scusa cara boisi ma tu per anonimi intendi chi non ha una mail o un sito raggiungibile collegato al nome o semplicemente chi non ha un nome che tu conosci (e quindi dal tuo punto di vista probabilmente inadatto a sostenere un giudizio sul tuo conto) non è ben chiara la questione, rivolgo la domanda a te come avrei potuta rivolgerla ad altri, ho notato che in giro c’è chi parla di calunnie tutto indispettito, per chiacchierare è necessario il distintivo? gli insulti gratuiti non sono mai giusti solo che non penso farebbe molta differenza se arrivassero da un nome e una mail loggata al sito no? penso che forse alla fine rosicheresti in ogni caso o no?

  15. Siete stati bravi, come me all’inizio avete cercato di tradurre nella pratica tutta la teoria che c’è nell’articolo! 🙂

  16. Gli insulti- insultano soprattutto chi li esprima. Denotando la sua bassezza.
    Come fa notare l’articolo:
    insulti e chiacchiere da bar, gratuite o mirate a lesioni personali- inficiano l’opportunità di uno scambio reale-
    CMQ finora- insulti da persone riconoscibili non ne ho mai ricevuti-
    questa è l’ovvia dimostrazione che nessuno insulta/insuslterebbe firmandosi…
    MA mi pare qui di dover evidenziare una banalità.
    l’aggressione anonima è come bucare le gomme di notte ad una persona che non ti piace- il “bucatore” conosce il proprietario dell’auto, ma lui, che subisce un danno, non conoscendo l’identità del suo autore, non può, nè difendersi, nè contestualizzare il tuo gesto.
    HM tu sei un fantasma- io sono una persona- mi dispiace ma questa è la mia ultima risposta a commenti anonimi.
    Mi hai provocata ed insultata varie volte… ma me ne frego delle tue idiozie, noto solo che hai del gran tempo.
    Io ho una vita ed una storia ascrivibili a fatti- e come si sa invece: VERBA VOLANT.
    e poi… Io ai fantasmi- NON ci CREDO.

  17. buongiorno Lorenza, questo aspetto del suo discorso è chiaro e mi trova d’accordo.
    Ovvio che un certo tipo di insulto è fine a se’ stesso e non porta da nessuna parte.

    ma le critiche, anche pesanti, ad un artista o ad una opera, dovrebbero essere lecite.
    Se ammettiamo chi dice “è bellissimo” dobbiamo anche dare spazio a chi dice “è orrendo”.

  18. Roberto ha proprio ragione, quando il “magutt” del commento ininterrotto Lucarossi si esprime è il miglior artista italico.Cuore e polmoni si aprono a dismisura ed è veramente diventato indispensabile quotidianamente.Si vocifera, però, che la sua fama abbia oltrepassato confini vari e sia entrato nelle mire di Exibart o simili dei paesi più evoluti.

    Si vocifera anche che Londra e Berlino siano le favorite, ma che pure Dublino-dove oltretutto ci sono un sacco di dublinesi-lo accoglierebbe
    con grande entusiasmo tanto da pensare di fargli la festa.
    E noi indifferenti a tanto?Non ci bastano i tanti campione di ramo vario che se ne sono andati? Ragazzi mettiamoci in moto-non la mocicletta!-per far qualcosa.
    Che non sia mai che si è fatto tardi!
    giuliano perezzani

  19. Rispondo ad Anna,

    non so se siano utili considerazioni quali Bello o Orrendo- io ho subito ben altro genere di insulti- rivolti alla mia vita personale.

    Le considerazioni sul mio lavoro le lascio a chi le voglia fare secondo la coloritura delle sue espressioni, sperando che anche in negativo mi possano aiutare a migliorarmi.

    Purtroppo invece- l’utilità di un confronto spesso decade nell’insulto che con l’opera o il lavoro dell’artista non ha nulla a che fare.

    Colpisce, o vorrebbe colpire- la persona nel suo privato e a volte nei suoi affetti, nemmeno per la sua professionalità… soprattutto io ho ricevuto insulti di impronta maschilista:

    tra qusti anche: sei una VECCHIA! come se essere una donna di 38 anni sia sintomatico di povertà intellettuale o altro che non riesco ad immaginare.

    attenzione che LR e HM sono ad esempio due delle persone che mi hanno spesso insultato in modo derisorio o offensivo… NON troverete credo nel marasma dei tanti post di LR le offese.. le avrà cancellate come fa sempre rimestando il suo calderone… ma non mi interessa entrare nel merito- non me ne occupo.

    Se ancora vogliamo dire che questa sia critica… Amen.

  20. @boisi
    EH?? stai sbroccando pesantemente fuoriluogo boisi, io non ti ho mai insultato nel modo più assoluto, non sapevo manco chi fossi fino a 10 righe fa, e nemmeno lucarossi visto che finora ho letto tutto quello che ha scritto sul suo blog e posso permettermi di dirlo, non ti ha mai insultato lucarossi (al massimo ha scritto trevisanisaggio al tuo ragazzo per le sue fantastiche citazioni anni’50) e tantomeno io che ho saputo qualche riga fa dalle tue parole che fossi insieme a trevisani nonchè la responsabile di sars (sindrome acuta respiratoria severa che ti ha condotto alla sbroccata), peraltro non me ne può sbattere di meno né di te né di lui scusa la finezza ma mi sembra che tu sia tutta agitata e stia facendo la figura dell’attention whore che agita nervosamente la borsetta sul ciglio della strada in cerca di attenzioni. ho del gran tempo perchè dormo meno di te, ah poi non sono un fantasma sono un ologramma come avrai notato dal mio splinder, capisci la differenza? l’ologramma è un fantasma più evoluto, visibile a occhio nudo e se non credi a ciò che vedi mi verrebbe anche da pensare che sei un po’ limitata, tra l’altro colta da un eccesso di vittimismo acuto ruotaborsetta non hai risposto alla precedente questione che ti avevo posto su cosa significasse per te l’anonimato su un forum della rete, probabilmente non ce la puoi fare non so cosa dirti

  21. Lorenza tu sogni, io non ti ho mai offeso e non saprei neanche cosa dirti per offenderti. Io penso che tu sia un po’ megalomane. Aggiungo che non ho mai visto commenti offensivi verso di te. Quindi tutta questa polemica mi sembra ridicola. Purtroppo si preferisce mettere in mezzo queste polemiche inesistenti per evitare i contenuti. Ma ci sono quà io per ricordarteli.

    Io ho scritto che la tua operazione di MARS/CARS è assolutamente lodevole ed utile e reagisce ad uno stato di apatia e stagnazione. Ciò nonostante si basa necessariamente sull’autoreferenzialità di pochi addetti ai lavori che spesso curano, partecipano e sono anche pubblico delle mostre. Si tratta di una versione meno esorbitata di Whitehouse. Lo stesso spazio no profit propone un format e un contenuto che spesso va a mimetizzarsi e perdersi. Queste operazioni sono certamente positive ma spesso c’è il rischio di nascondersi dietro una certa “retorica del fare”: faccio, lavoro, mi spendo e quindi va sempre tutto bene. Dagli anni 60-70 ,e forse anche prima con Duchamp, vediamo artisti che mettono in piedi spazi no profit. Io credo che in questa fase storica bisogna porsi altri interrogativi: per i figli di Pier Luigi Celli (mi riferisco ad una famosa lettera di Celli ai figli) non c’è un problema di strumenti (lo spazio no profit) quanto di contenuti (format e linguaggio).

    Inoltre c’è il sospetto che queste iniziative servano soprattutto per creare interesse intorno ad un gruppo di addetti ai lavori. Anche su questo niente di male. Ma io credo che ci voglia massima consapevolezza, anche per evitare di crogiolarsi sugli allori.

  22. Mai letto articolo più stupidamente inutile: non è possibile, e mai lo sarà, voler veicolare a proprio piacimento internet!

    La signora Lorenza è davvero confusa!
    1 non capisce che i cafoni ci saranno sempre e che non c’entrano niente con internet!

    2 disdegna l’anonimato a favore di un’identità aperta, per poi finiere lei stessa in un evidente ibridamento della sua persona con quel suo ‘parolare’ d’antan.
    http://www.apogeonline.com/webzine/2009/02/23/legalita-su-internet-il-ddl-carlucci

    3. certamente la Lorenza è felice con se stessa di non appartenere al genere dei cafoni ma se continua di questo passo, rischia piuttosto di rientrare nella categoria dei ‘cafonal’ !
    http://www.dagospia.com/

    Ma è tutto normale ed è giusto che sia così allorquando, ribadisco, si voglia manipolare i contenuti on line.
    W INTERNET LIBERA!

  23. Davvero non ce la posso fare con voi due- o meglio con te- che ti pensi il nuovo Riddler della comunicazione…

    sei/siete quello che vostro malgrado dimostrate di essere…

    entrambi i post non necessitano di alcun mio commento- sono piuttosto esaustivi in sè.

    (HM- anche se mi dai della Whore etc… e non della puttana… le persone capiscono ugualmente- la bassezza delle tue considerazioni per la scarsa immaginazione che denota la libreria delle tue metafore)

    una cosa sola- non solo respiro perfettamente:
    ma posso nuotare almeno 4 km in acque libere anche senza allenamento.

    segno di straordinaria salute, autodisciplina, tenacia, controllo delle proprie risorse e grande esperienza. potrei sempre annegare… ma finora di traversate ne ho fatte moltissime…

    e il nuoto… diversamente dal marciapiede… è una grande metafora della vita.

    buona respirazione a tutti.
    e qui io chiudo definitivamente ogni comunicazione- trovate/trova altri soggetti a cui rivolgervi/ti.

    Esther Williams.

  24. @Lucarossi: il linguaggio è uno strumento che, a volte, può essere anche il contenuto (nei casi di metalinguistica); ma è anzitutto uno strumento.

    Lucarossi tu ti impegni senz’altro, mi sembri anche una persona intelligente, ma ti mancano proprio le basi intellettuali per affrontare certe questioni – fai persino confusione tra strumento e contenuto.
    Se permetti un consiglio: fai più letture, soprattutto di teoria dell’arte e di estetica filosofica. L’unico scritto che, da quando seguo questo sito (ivi compresi i commenti alle notizie), ti ho visto citare (ripetutamente, peraltro) è “Che cos’è il contemporaneo” di Agamben. Un testo superficiale e frettoloso (una decina di pagine, figuriamoci) e di contenuto banale* per la questione che intende affrontare; a cui tu, tuttavia, fai riferimento come fosse la Bibbia dell’arte. Frequenza della citazione, enfasi nel proporla e, soprattutto, mancanza di alternative sono segni evidenti della tua scarsa cultura in ambito teorico; lacuna che, a mio avviso, andrebbe colmata allorché s’intendesse parlare di arte come fai tu.

    *Che per poter descrivere il proprio tempo si debba viverlo ma non appartenergli completamente – la “sfasatura” di cui parla Agamben e che tu citi – è un concetto ovvio. Ciò che l’occhio vede, può vederlo intanto in quanto non coincide con l’occhio stesso – non è l’occhio -; mentre l’occhio, non rientrando nel proprio campo visivo, non può vedere se stesso perché non può, appunto, porre alcuna distanza (=sfazatura) tra sé e sé.
    Quando si parla di “contemporaneo” la sfasatura necessaria alla comprensione del proprio presente è cosa evidente, più interessante sarebbe riflettere sul significato di “presente”; e dunque, più in generale, di “tempo”. Per fare ciò, tuttavia, serve ben altro impegno, non solo quantitativamente (ben più di dieci paginette), ma anche qualitativamente rispetto al libercolo di Agamben.

    PS: il mio, ripeto, è solo un consiglio; consiglio che, tuttosommato, puoi anche non seguire se – per quanto riguarda l’arte – intendi limitare il tuo bacino d’interlocuzione ai commentatori di questo sito. Commentatori che, mediamente, si dimostrano, effettivamente, ancor meno preparati di te da un punto di vista teorico.

  25. cara lorenza, sull’altro genere di “critiche” condivido con te sul loro rasentare l’insulto gratuito. grazie per la risposta, buona serata e buon lavoro

  26. Cara Boisi quanto ad offese lascia perdere..io mi ricordo ancora le tue su Exibart per la prima edizione della Biennale del Piemonte a Verbania

  27. lavi, ma cosa sta dicendo? ho cliccato sul link, c’erano due o tre mail firmate ‘lorenza’, critiche (giustamente..) ma tutt’altro che offensive, con tanto di indirizzo linkabile: più di così, che cosa si vorrebbe, il numero di cellulare forse? o magari il codice fiscale? in questi forum si vedono spesso all’opera tante macchinine del fango, fanno veramente pena, non è nemmeno il caso di arrabbiarsi.
    “touché”.. ma vada, vada che è meglio.

  28. x roberto: tu e luca rossi non avete neanche ancora capito cos’è l’arte. figurati come puoi parlare di miglior artista del momento.

  29. @boisy
    dai boisy non puoi continuare a far la vittima e rosicare in questo modo spropositato, attention whore per tua informazione è un epitato gergale nato su internet proprio nei forum per indicare una persona (inizialmente donna ma ora si usa indifferentemente al maschile o femminile) che cerca in tutti i modi di spostare l’attenzione su di sé e farsi notare spesso fuori contesto.
    da google: -Most commonly found on the Internets, an Attention Whore is almost invariably a sixteen year old girl who desperately craves attention in any form. The majority of Attention Whores are completely insane and most still attend high school. Massive attention whores have Histrionic Personality Disorder. –
    ora come scritto in precedenza il termine si è evoluto e si usa indifferentemente per qualsiasi persona che cerca disperatamente attenzioni su un forum pubblico, è una parola completamente staccata dal significato classico di puttana, allo stesso modo del termine poser che si usa per definire una persona che finge di essere quello che non è, non si dice certo a qualcuno che è un poser per definirlo modello. il ruotare la borsetta sul ciglio della strada ovviamente era figurato, siamo su internet e io non sono un apologeta della streetlife, quindi cara boisy evolviti e aggiornati per capire la libreria delle mie metafore. oltretutto dovrei essere io a sentirmi offeso per essere stato calunniato ingiustamente da te e dalle tue affermazioni false e viscide, invece mi fai semplicemente ridere. il mr riddle lo prendo come un complimento. forse è proprio meglio che tu vada a fare una bella nuotata per rilassarti e ritemprarti, magari anche un po’ di snorkeling alle seychelles con vascellari.

  30. Mi pare che qui si intendano confondere situazione differenti:

    i miei commenti di anni orsono alla piuttosto maldestra configurazione del BAM- acronimo di BIENNALE DI ARTE MODERNA- dove suppongo per arte Moderna si intendesse: arte Contemporanea- di cui mi domando se qualcuno in questo post sia stato visitatore…erano motivati da una verace indignazione soprattutto per le condizioni mostrative e la selezione degli artisti- che come detto, parevano essere importati in blocco da alcune realtà specifiche torinesi- da torino arrivava tutto il pubblico e in quell’occasione gli artisti locali furono confinati tutti in un unico locale e a loro- SOLO a loro- imposto un formato di opera-

    i miei post non implicavano lesioni a persone specifiche, la situazione della mostra a cui mi riferivo era francamente molto lontana da una potabilità di livello professionale- per via dell’allestimento- della selezione degli artisti- del troppo troppo pieno- e forse anche dalla superflua ambizione di pre-destinarla ad essere BIENNALE, una definizione che sappiamo ormai, imperversa e si fa vettore di senso e non solo di scadenza cronologica.

    Con un necessario minimo storico di onesto realismo: il sig. di Mauro dovrebbe riconoscere che come MAI prima della mostra stessa tentai di contattarlo, non cercai in alcun modo di farlo durante o dopo la stessa- di fatto, come scrissi allora- ignoravo assolutamente la sua attività- e tuttora, certamente a mio discapito, non la seguo, nè lui immagino segua me e il mio lavoro o le attività che dirigo.

    I circuiti artistici sono fortunatamente molteplici e il mio percorso non si è mai intersecato con quello del sig. di Mauro-
    Salvo per lo scambio di post che avete citato- che come detto non erano affatto anonimi anzi hanno permesso al sig. di Mauro di documentarsi su di me pur deducendo arbitrariamente alcune considerazioni da lui ben esposte nel suo post dell’epoca.

    Non ho alcun genere di remora nel rendere pubblica la responsabilità diretta delle mie affermazioni- che posso, almeno dal mio punto di vista, elaborare e dettagliare.

    Io so cosa pensavo allora della mostra BAM e lo penso a tutt’oggi- se avrete modo di trovarne una documentazione, ognuno potrà egualmente, averne la propria opinione.

    La faccenda del bue, dell’asino e del ciuco… perdonatemi… non è opportunamente menzionata.

    Ricorrendo a questo fraintendimento_ Stiamo avvicinando due espressioni molto differenti- l’insulto e la delusione.

    mettendoci sempre di mezzo il LIVORE— che rileggo nel post del sig. di Mauro.

    questo:Livore è un sentimento che io ignoro…

    Non ho mai capito la ragione per cui il sig, di Mauro, abbia dedotto che intendessi contattarlo-

    Io non sono un curatore— nè ritengo di portare l’autorità o detenere la formazione per esserlo- sono semplicemente un’artista che ha organizzato alcune mostre con altri artisti gestendo la logistica delle iniziative, o in altri casi, curato mostre sempre dalla prospettiva del mio essere artista- mai curatore o critico –

    NON ne avrei gli strumenti- e oltretutto, MARS medesimo, per suo statuto, esclude ogni apporto curatoriale alle ns attività- esiste una gestione delle risorse e una prassi di condotta che sono fisse per TUTTI gli artisti, ma questi possono liberamente fare quanto credano delle loro partecipazioni- (le limitazioni riguardano la durata degli eventi e la considerazione per il vicinato.)

    è accaduto, talvolta che il mio ruolo in queste occasioni sia stato veicolato impropriamente, ma mi pare che siamo tutti ben vaccinati rispetto ai refusi ed ai CS poco precisi.

    In occasione del BAM mi sono rattristata- certo, l’ho detto sinceramente e in modo piuttosto ovvio, nel vedere, quella che a mio avviso era una mostra davvero poco opportuna per motivazioni e logiche interne- un’occasione sprecata di finanziamento locale sostanzialmente offerto dissennatamente.

    ora Villa Giulia è definitivamente uno spazio destinato all’arte in modo continuativo. il CRAA— Invece ignoro il destino della biennale di cui sopra di cui sarei molto interessata ad avere notizie… volete linkarne?

  31. Boisi ti consiglio una cura a base di antidepressivi mi pare tu ne abbia bisogno. Piccola precisione sulla BAM, dopo la prima sperimentale edizione del 2004, quelle del 2006 e 2008 sempre a Villa Giulia,dove col tempo si stabilì un forte rapporto con gli artisti del territorio, le edizioni on tour del 2007 e 2009 a Carmagnola ed al Castello di Racconigi, la quarta edizione si è da poco conclusa nel ristrutturato Palazzo Lomellini a Carmagnola. Su Exibart trovate link e recensioni. Bye bye Boisi….

  32. Approfitto del colorito commentario in calce per evidenziare, nuovamente, la fondamentale importanza del “contesto” quale veicolo di attribuzione di identità artistica a un “testo” qualsiasi (oggetti, parole, immagini ecc. che vengano posti come segni (dotati di significato)). Checché ne dica qualche ostinato, è il contesto che suggerisce al fruitore la modalità di utilizzo di un testo che in esso si collochi; compresa la modalità di utilizzo artistica – che, come detto altrove, l’artisticità è un modo d’uso del reale (con buona pace di chi vorrebbe porre l’orizzonte ontologico sul piano della creazione anziché su quella della fruizione). Qua abbiamo un esempio lampante di ciò. Essendo il sito Exibart un contesto in cui si parla sì di arte, ma non un contesto artistico nel senso in cui può esserlo un museo piuttosto che una galleria d’arte; ossia un contesto in cui i testi che vi si trovano vengono considerati “opere d’arte”. Essendo, dicevo, Exibart un contesto non artistico (ma solo contesto contesto in cui si parla d’arte) ciò che in esso si trova (guardacaso!) non viene considerato opera d’arte, tanto che a esso non ci si relazione affatto secondo modalità di fruizione artistiche. Il modo in cui, nello spazio dei commenti (=contesto), ci si relaziona alle offese ricevute, infatti, è identico al modo in cui, a tali offese, ci si relazionerebbe in un qualsiasi altro contesto-non-artistico; modalità di relazione ben diversa da quella che si impiegherebbe in un contesto artistico. Cosa che è avvenuta, se non sbaglio, proprio recentemente ad ArtBasel (=contesto artistico), durante la performance di un “attore” che offendeva, LEGITTIMAMENTE (ossia senza possibilità di denuncia) i visitatori. “Legittimamente” perché, collocandosi in un contesto artistico, tali offese assumevano identità di “opera d’arte” divenendo, in tal modo fruibili, secondo legalità artistica, assumendo significati diversi da quelli quotidiani (quelli che assumono in un qualsiasi contesto non artistico).

    Detto ciò, e (spero) avendo mostrato che Exibart non è un contesto artistico (secondo l’accezione suddetta!), sarebbe forse il caso, gent.le Redazione, di cambiare le modalità di commento alle notizie – imponendo una registrazione a chi intendesse commentare, stilando regole di netiquette ecc. – onde evitare le derive caciaresche a cui, sempre più spesso, tocca assistere. Perché è davvero un peccato che un sito internet che ha tutte le carte in regola per risultare anche un serio e stimolante luogo di discussione sull’arte finisca, invece, per assumere più l’aspetto di un’osteria in orario di ubriacatura.

  33. “Non ragioniam di lor, ma guarda e passa”

    Sentite scuse dovrebbero esser fatte a Lorenza Boisi per i torti e le illazioni, personali e professionali, che ha dovuto subire nei post precedenti, e mi pare, totalmente privi di:
    osservazione della realtà, conoscenza dei fatti, riflessioni opportune e spunti costruttivi.

    Credo proprio sia opportuno scrivere un paio di cose circa la mia personale esperienza Mars,
    dal principio e per circa un anno sono stata una “visitatrice”, poi mi sono resa conto che spontaneamente mi appariva più interessante visitare e seguire le inaugurazioni nello spazio Mars che di tanti altri spazi a Milano; successivamente ho presentato un progetto ed ho trovato in primo luogo Lorenza Boisi disponibile a parlare con me della mia ricerca, visitare direttamente il mio studio, aprendo un dialogo costruttivo circa molti aspetti inerenti il mio lavoro.
    Poi è passato altro tempo, in cui ho conosciuto altri artisti proprio durante le inaugurazioni,
    e rivisto molti che conoscevo già da prima, e lentamente alcuni rapporti si sono saldati ed approfonditi. Confrontando la ricerca di due artisti, con provenienze geografiche disparate, come Alessandro Biggio (Sardegna) e Fabrizio Prevedello (Toscana) ho potuto constatare molte connessioni con il “materiale astratto naturale” che stavo indagando e la circostanza di questi incontri è stata emblematica per capire come si possa arrivare a soglie molto simili pur partendo da principi diversi, e senza conoscersi.
    Inoltre mi ha interessato la modalità di pensare “run space“, la possibilità di esporre un progetto nel corso del suo processo, un po’ come molti han fatto, considerando lo spazio come un “athanor “ aperto e consultabile da parte di tutti, cercando un dibattito, un confronto;
    che è avvenuto talvolta con toni positivi talvolta con toni aspri. Ma direi in salute.
    Poi mi sono resa conto che Mars mutava col tempo, come mutavo io, così come sono abili gli artisti a fare, secondo il profilo odierno di personalità abituate ad esser pronte, ricettive e reattive,
    secondo le molteplici situazioni e circostanze di cui son chiamati ad esser parte. Così siamo e così è.
    Al punto da veder estendere l’ “opera marsiana” in una serie d’occasioni, tra cui la residenza Cars, in un luogo surreale quale può essere un’area in una fabbrica di giocattoli,
    (notevoli Alis/Filliol), oppure lo stand di Artverona, e farcela in modo efficace e risoluto.
    Anzi direi rendere la circostanza insolita una risorsa che ci ricorda che la sostanza, l’energia e la forza vale più d’ogni forma. Più di mille ciance.
    Per concludere citerei una frase di Kounellis pronunciata al Festival dell’Arte Contemporanea, di Faenza due anni fa e che circa suonava così
    “gli artisti devono tornare ad essere i padroni in casa loro”.
    Apriti cielo, si dividono le acque, si vola verso nuovi universi….
    ciao a tutti!

    Laura Santamaria

  34. @svelarte
    il punto è che qui le offese non ci sono state ma si sono addirittura inventate, in questo mi sembra un contesto artistico, offese create ad arte dalla attention whore boisy.

  35. @svelarte
    scusa poi chi stabilisce che exibart non sia un contesto artistico? in fondo pacchiane esibizioni come la tua citata ad artbasel accadono da anni anche a trasmissioni come le iene su italia uno, le iene vanno in giro ad offendere tutti i cosiddetti vip con dietro una telecamera e spesso la gente si accontenta di essere in tv e onorata non reagisce. quindi come puoi notare anche quello è un contesto artistico anche se non si trova né in un museo né in una galleria, chi stabilisce che questo commentario non sia un contesto artistico? la boisy che si inventa offese inesistenti per far parlare di sé?

    in quanto alla performance dell’attore che offendeva LEGITTIMAMENTE e senza possibilità di denuncia ho molti dubbi, dove sta scritto che qualcuno non lo potesse denunciare? se io ad esempio facessi una performance in cui ti spacco una gamba cosa faresti? mi denunceresti o riconosceresti la mia artisticità se fossi in una galleria? una persona abituata ad offendere e insultare come sgarbi per esempio ha denunciato tutte le iene solo perchè gli si sono messe intorno a prenderlo in giro, nonostante fossero in un chiaro contesto artistico di diretta tv

  36. @laura santamaria
    -Credo proprio sia opportuno scrivere un paio di cose circa la mia personale esperienza Mars-

    non mi pare che questo post sia dedicato a Mars cars sars o come si scrive, sei visibilmente OT (off topic) con il tema del post non so se hai notato, sai ogni post ha un tema ben preciso e tu non lo stai seguendo, non è corretto mi spiace. almeno se vuoi proseguire fuori tema scusati con tutti per l’evidente misconception del testo.

  37. Secondo me il lavoro che la Boisi sta svolgendo con Mars e Cars è eccellente, al di là magari degli artisti invitati che a volte possono suonare come a senso unico ma , cmq un ottimo lavoro per la promozione dei giovani artisti! ps: io non lo vista, ma se bam vuol dire biennale arte moderna, questi proprio non hanno capito niente gia a priori.

  38. Lo diceva sempre Enzo Biagi: gli italiani sono invidiosi. Luca Rossi non sara’ mai nessuno perché si preferisce scegliere la mediocrità, perché scegliere la mediocrità rassicura gli invidiosi.

  39. @hm: ovviamente quando parlo di legittimità del linguaggio artistico non intendo dire che non sia possibile denunciare (ciascuno è libero di sporgere tutte le denuncie che vuole), intendo dire che la denuncia non verrebbe accolta. Se non fosse così, le satira non potrebbe esistere. A tal proposito, ironicamente ma con grande consapevolezza, “Mamma” – la rivista di satira politica e di costume – è così sottotitolata: “se ci leggi è giornalismo, se ci quereli è satira” 🙂 che cosa significa ciò? Significa che un medesimo concetto può essere fruito tanto in modo non artistico (in questo caso trattasi di informazione) tanto in modo artistico; e cosa cambia allorché viene trattato in modo artistico? Ciò che cambia è che l’approccio semantico ai segni diviene soggettivo (che è diverso da “arbitrario”, intendiamoci!): il fruitore è libero di significare l’opera come meglio crede, purché rispetti la realtà dell’opera stessa. Cioè a dire: se quell’opera contiene “materia” filosofica (piuttosto che psicologica, piuttosto che sociologica) io, fruitore, sono legittimato ad attribuirgliela, al di là delle intenzioni dell’autore dell’opera; ma se quell’opera non contiene materia filosofia io non posso comunque sostenere il contrario – questo è il mestiere del critico d’arte! individuare ed evidenziare tutti i possibili livelli di realtà dell’opera al di là delle intenzioni dell’autore. E’ per questo che se l’opera viene fruita come satira e non come giornalismo l’autore non è più responsabile del contenuto semantico e per questo non è denunciabile!
    Ma cosa permette che un medesimo testo venga fruito – ISTITUZIONALMENTE (cioè per una data cultura e non idiosincraticamente secondo i gusti del singolo individuo) – in modo artistico piuttosto che giornalistico? Il CONTESTO, appunto.
    Guarda, hm, che tutto ciò che sta con il testo ma testo non è è con-testo. L’ho già spiegato e tu lo hai già letto, poi è ovvio che non capirai mai niente se invece di riflettere sul punto della questione ti concentri sul fatto che la dicitura “romanzo” non compare mai se non sui libri della Mazzantini. Se un certo programma televisivo viene proposto come satira, ciò che in esso viene espresso non è – in linea di principio – denunciabile; può essere censurato, certo, ma questo è legalmente legittimo da parte dei dirigenti della rete televisiva. Ma, se McCharty crea una scultura con un Bush che sodomizza maiali e la espone in un contesto artistico, nessuno può denunciare McCharty; e di fatto ciò non avviene.

  40. Francamente, e dopo queste coniderazioni chiudo e non replico, mi sono già pentito di avere ceduto all’istinto ed essere intervenuto dopo avere letto che la signora Boisi si lamenta di “offese” quando il suo immutato livore nei confronti della prima edizione, nel 2004, di una manifestazione, tra l’altro realizzata con budget mai superiori ai 30000 euro, che ha conosciuto da allora altri cinque appuntamenti espositivi ed è considerevolmente cresciuta, testimonia di un atteggiamento assai discutibile. Quanto all’acronimo BAM, caro Danilo, non credo bisogna dotarsi di particolare fantasia per comprendere come sia stato adottato per la sua maggiore musicalità rispetto a BAC, poi è evidente che la manifestazione si occupa di arte contemporanea, con aperture a partire dal 2008 prima al design poi alla grafica ed al fumetto nell’ultima edizione. Invito comunque tutti a documentarsi prima di esprimere pareri quali essi siano, con internet è facilissimo, e ad avere maggiore rispetto del lavoro e della storia altrui.

  41. proprio non capisco il senso: artisti non affermati che “promuovono” altri artisti.
    cioe’, tu stai ancora a “caro amico”… ma do vuoi anda’?

    un artista che ancora non si e’ affermato, dovrebbe dare il massimo investendo le proprie energie nella sua arte, invece si mette a “promuovere” altri come lui, si fanno compagnia come autori e pubblico delle opere!

  42. Caro Svelarte, sai quanto mi appassioni la tua ricerca sulle modalità di uso dell’arte in determinato contesto quale veicolo (o meno) di “artisticità”. Anche qui, con logico giudizio, definisci il contesto di Exibart (specificamente la sezione “commenti”) come “non artistico” nel senso che non trattasi di un contesto professionalmente indirizzato alla critica (il che presupporrebbe non solo un linguaggio adeguato ma anche qualifiche professionali per prendere parte al dialogo), quanto piuttosto un luogo di non-arte. Un luogo dove, con il pretesto di discutere d’arte, si attuano codici che invece sono validi per altre modalità espressive del genere umano. Sin qui, d’accordo.
    Il che non significa qualificare negativamente il sito, significa solo definirne le funzioni, che sono differenti da quelle della critica d’arte tout court. Peraltro, ne sono convinta, il successo di Exibart (oltre all’innegabile funzione informativa) si deve proprio a questa specifica caratteristica.
    Ma devo introdurre un parametro che ha purtroppo il limite della soggettività (quindi di per sé opinabile, suscettibile di non essere definito scientificamente) per questo contesto exibartiano. Il parametro della “verità” o veridicità del linguaggio. Posto che si analizzi il linguaggio come Svelarte intende, ovvero come “testo” (qui: parole/segni che comportano un significato).
    Siamo davvero sicuri che gli accesi dialoganti di cui sotto stiano davvero incrociando le spade secondo verità di intenti e pensiero?
    Siamo sicuri che, nel caso di un incontro quale un dibattito pubblico o privato, un seminario, un summit in cantina, tutto ciò che non possieda la dirimente caratteristica dell’Accademia insomma, il linguaggio (testo), soprattutto se offensivo e rivolto a persona specifica, sarebbe questo che tutti qui leggiamo e di cui l’articolo discute?
    Le persone che argomentano qui le proprie accese rimostranze l’uno contro l’altro sarebbero altrettanto “sfrontate”, userebbero lo stesso “tono” (sia esso insultante o anche solo con la medesima vis polemica), se dovessero argomentare de visu?
    Io credo di no. I colori si smorzerebbero, la provocazione affabulatoria si spegnerebbe, il rincorrersi sul “lei non sa chi sono io” o “io so bene chi è lei” (in forma modernizzata) si affievolirebbe in quasi tutti i casi.
    Credo che internet abbia introdotto un nuovo livello di comunicazione che – apparentemente libero – scatena una (pre-)potenza verbale (significante) solo virtuale.
    Che via via scema all’aumentare dell’insulto e dell’incomprensione reciproca. Perché perde quasi immediatamente l’interesse del resto del pubblico.
    Credo che la maggior parte delle affermazioni contenute nei commenti (soprattutto se formulate con veemenza nei confronti della persona fisica) non siano “vere”, non resisterebbero alla prova del faccia-a-faccia.
    Insomma, questo è un “finto linguaggio”, il che non significa che non sia portatore di qualche verità in sé, ma che da sé si impone come fittizio e quindi poco credibile (da qui: il linguaggio adottato nei commentarii in rete è simulato e/o artificiale? Lascio la domanda aperta).
    Oltre a ciò, pare che il codice comunicativo sia talmente comune da far pensare che a interloquire sia un’unica persona che ribatte e controbatte, perdendo il filo del discorso e non raggiungendo un punto logico differente da quello di partenza dato dall’articolo commentato.
    Ciò dovrebbe essere illuminante anche intorno a coloro che rifiutano sistematicamente in vari settori della vita sociale il confronto diretto con l’ “avversario”. Letteralmente, non reggerebbero alla prova. Soprattutto coloro che sono abituati a platee virtuali (che possono essere anche quelle delle piazze) dove il confronto è – nei fatti – impossibile e la regia prevedibile: discorso, applauso o fischi, fine dell’evento.
    Come lo chiameresti tu: un “meta-testo”? Un testo che non conduce a un significato differente (positivo o negativo) al pensiero inizialmente proposto?
    E’ di sicuro un testo non educativo (non propositivo): non aiuta a trovare un coefficente comune di intesa sui termini e sulle modalità di “dialogo” (ciò che porta da una verità iniziale a una verità d’arrivo differente da quella iniziale), mentre sul contesto nessuno obietta, perché estraneo a queste considerazioni.

  43. L’arte contemporanea italiana non esiste. Esistono solo soldi pubblici da spartirsi nella più grande opacità di certificazioni teoriche pelose. Urge un azzeramento dei finanziamenti alla cultura.

  44. Ho letto con interesse il tuo intervento Cristiana, hai molte ragioni. Chi mi conosce sa, però, che il sottoscritto non è di quelli che si fa intimidire dalla presenza fisica della controparte. In sintesi questo forum ha un forte interesse relativo più che alla critica, alla sociologia dell’arte che pure ne è una componente. Intervenire con nome e cognome, secondo me obbligatorio per vicende che riguardano il vissuto personale, facoltativo per questioni di interesse generale, comporta dei rischi che bisogna sapersi assumere.

  45. @Cristiana:
    cito: “Caro Svelarte, sai quanto mi appassioni la tua ricerca sulle modalità di uso dell’arte in determinato contesto quale veicolo (o meno) di “artisticità”. Anche qui, con logico giudizio, definisci il contesto di Exibart (specificamente la sezione “commenti”) come “non artistico” nel senso che non trattasi di un contesto professionalmente indirizzato alla critica (il che presupporrebbe non solo un linguaggio adeguato ma anche qualifiche professionali per prendere parte al dialogo), quanto piuttosto un luogo di non-arte. Un luogo dove, con il pretesto di discutere d’arte, si attuano codici che invece sono validi per altre modalità espressive del genere umano.”

    Cara Cristiana non sono sicuro di aver capito… Per es., che significa “un contesto non professionalmente indirizzato alla critica”?
    Quando io parlo di Exibart come “contesto non artistico” intendo semplicemente dire che ai testi che in esso occorrono (notizie, commenti ecc.) non ci si relaziona in qualità di opere d’arte; questo perché Exibart non si propone come veicolo di attribuzione d’identità artistica, come sono invece gallerie d’arte, musei o, come dicevo, la rivista satirica “Mamma”. Qui si parla di arte (o almeno si dovrebbe/potrebbe) ma non si fa arte; in questo senso (secondo questa accezione) parlo di Exibart quale contesto non artistico.
    Tutto qua.

    Della restante parte del commento, invece, non riesco a individuare il nesso (sempre che tu intendessi porre un nesso) col mio discorso precedente, perdonami.
    Circa il fatto che internet dia libero sfogo a certe modalità espressive, come dici tu “sfrontate”, che de visu nessuno si sognerebbe di adottare ritengo sia indubbio; ma non credo che la tua analisi si limitasse a questa osservazione…
    Ad ogni modo avrei bisogno di capire meglio cosa tu intenda per “verità”, concetto che, mi pare, fa da sfondo alla tua riflessione ma di cui, purtroppo, non riesco a cogliere il significato. Per es.: cos’è una “verità di intenti”?, cosa significa “portatore di qualche verità in sé”?, cosa intendi per “un testo che non conduce a un significato differente (positivo o negativo) [in che senso un significato è positivo/negativo?] al pensiero inizialmente proposto”?

  46. Gentile Cristina Curti,la sua frase “il che presupporrebbe non solo un linguaggio adeguato ma anche qualifiche professionali per prendere parte al dialogo” è incredibile se si pensa a una società civile. siamo nel 2010.

  47. @cristiana curti

    -Credo che la maggior parte delle affermazioni contenute nei commenti (soprattutto se formulate con veemenza nei confronti della persona fisica) non siano “vere”, non resisterebbero alla prova del faccia-a-faccia.
    Insomma, questo è un “finto linguaggio”, il che non significa che non sia portatore di qualche verità in sé, ma che da sé si impone come fittizio e quindi poco credibile-

    lol veramente notevole questo commento, non pensavo che anche su exibart si arrivasse a logiche del tipo ‘vienimelo a dire in faccia se hai le palle’ evidentemente un certo tipo di persone ragiona così a tutti i livelli e con modalità più o meno simili in contesti differenti. chi ha raggiunto la propria posizione nella vita ‘reale’ è terrorizzato forse dal mettersi in discussione e poterla perdere e quindi preferisce disprezzare tutto ciò che non possa avere un riscontro fisico, mi sembra chiarissimo dal pensiero di cristiana curti.

    @svelarte
    -intendo dire che la denuncia non verrebbe accolta.-
    sì ma non hai risposto alla mia domanda, se facessi una performance che contempla lo spaccarti la rotula del ginocchio a tua insaputa durante una performance nella tua galleria preferita pensi che la tua denuncia non sarebbe accolta? è il contesto che fa arte ma anche no.

    -se invece di riflettere sul punto della questione ti concentri sul fatto che la dicitura “romanzo” non compare mai se non sui libri della Mazzantini.-

    questo dovrebbe farti riflettere sul fatto che probabilmente alcune definizioni sono un po’ fuoritempo nel 2010

    -Se un certo programma televisivo viene proposto come satira, ciò che in esso viene espresso non è – in linea di principio – denunciabile-

    ci sono molti esempi di denunce secondo me del tutto legittime, ritorna all’esempio della performance in cui ti spacco un ginocchio, molta satira spesso è di parte e a senso unico nonchè stupida volgare e offensiva

    -Ma, se McCharty crea una scultura con un Bush che sodomizza maiali e la espone in un contesto artistico, nessuno può denunciare McCharty-

    a chi lo si dovrebbe denunciare scusa? alla buoncostume? questa è banale satira di facciata, volgare quanto basta e abbastanza superficiale e simpaticotta da non compromettere nessuno, un po’ come guardarsi paperissima in tv o striscia ‘la voce dell’impudicizia’

  48. Caro Svelarte, lo sai che sono faticosamente ignorante e che l’ignoranza crea qualche asperità di dialogo. Perdonami.
    Parto subito con le spiegazioni da te richieste, sperando di essere più comprensibile.
    1) che significa “un contesto non professionalmente indirizzato alla critica”? Significa che Exibart (particolarmente nella sezione dei commenti) non è rivista di critica d’arte, ovvero una raccolta di scritti scientifici (o, se è più chiaro, accademici) sotto l’egida di un editore che, dichiaratamente, propone opinioni “professionali” (cioè formulate da chi il critico lo fa per professione, per motivo di studio, di ricerca, di lavoro nell’ambito dell’arte, ecc.) che riguardano perlopiù un ristretto cerchio di lettori, interessati a questo o quel certamen, a questo o quell’argomento specifico da affrontare attraverso un giudizio critico.
    Non intendevo offendere nessuno, naturalmente, perché offenderei pure me stessa (e con ciò rispondo anche a Piero: io stavo descrivendo un altro ambito letterario destinato per forza di cose agli addetti ai lavori, ambito che non è quello di exibart, né credo exibart sia interessato a essere, non stavo cercando di porre limiti a un qualsiasi libero confronto in pieno 2010, ci mancherebbe altro).
    2) da qui la tua incomprensione, Svelarte, dovuta sicuramente alla mia poca agilità linguistica. Se anche critica d’arte è “testo”, quale veicolo di artisticità, può trovare giusto “contesto” solo nell’ambito ristretto (questo sì) descritto poco sopra. Per meglio esprimermi, l’ipotetica “rivista xy di critica d’arte” è il “contesto” in cui trova luogo e pertinenza il “testo” (la critica d’arte). Come una galleria, per esempio, è il contesto in cui si dispiega e si definisce il significato del “testo”, ossia l’opera d’arte.
    Bisogna vedere se concordiamo con l’assunto che “critica d’arte” e “opera d’arte” abbiano omologa dignità ontologica (siano la “stessa pasta”, volgarmente: opera d’arte e parola d’arte assolvono la medesima funzione a diversi livelli percettivi di espressione di artisticità). Io credo di sì. Ma è solo una mia opinione.
    3) Nella seconda parte del mio discorso non c’è nesso con le tue premesse. Vedi bene. Ho specificato di entrare nello scivoloso campo della “verità del linguaggio”. E volevo solo supportare la tua giusta contestazione nei confronti dell’ingiuria in exibart, anzi della “deriva caciaristica” più in generale.
    Ma qui, mi rendo conto, mi areno, non potendo dimostrare oggettivamente le categorie di questa verità di linguaggio, ma solo presumere che la virtualità estrema del mezzo (la rete) e la spersonalizzazione dei veicoli (i contendenti senza nome o con nome fittizio, e so di attirare molti avversari) fanno perdere – a noi che abbiamo raggiunto la nostra posizione nella vita reale, come direbbe hm (fosse così, magari!) – la veridicità del dialogo. Di fatto, me ne rendo conto, contesto il dialogo su internet, non perché io sia “antiquata”, ma perché non si può mettere alla prova, non risponde – soprattutto nel caso degli insulti – a garanzie logiche che aiutano la comprensione anche dell’insulto stesso. Insomma, è come se dicessi: a che serve insultare su internet se poi non si è in grado di provare la propria reale opposizione (con la stessa veemenza) nella realtà? E, più banalmente: a che pro? A questo alludo quando parlo di “verità d’intenti”: l’insulto su internet corrisponde a una vera necessità di insultare? O non è solo una (banale) modalità linguistica dagli effetti perlopiù inutili ai fini del discorso?
    Il linguaggio dei commenti su internet non potendo essere “veridico” per la virtualità delle intenzioni rischia di perdere anche i concetti che esprimono invece una qualche apprezzabile “verità” (e qui ho sbagliato: intendevo dire livello di linguaggio condivisibile, opinione condivisibile e/o comprensibile anche per essere confutata).
    Per quanto riguarda il concetto di testo iniziale (l’articolo oggetto dei commenti) e testo finale (frutto dell’evoluzione dei commenti sino a trovare idee alternative, opinioni arricchenti, concetti che ampliano l’oggetto del testo iniziale), l’aggettivo “negativo” sta a significare un traguardo logico opposto a quello iniziale e “positivo” un traguardo logico in linea con quello iniziale. Ma entrambe le accezioni riferiscono a un’evoluzione, a un progresso del pensiero di partenza.
    Un’evoluzione che l’insulto nega, interrompendo di fatto, il percorso logico.
    E’ indubbio, Svelarte, che sono finita in un ambito differente dal tuo, e senz’altro ha ragione Edoardo Di Mauro quando parla di sociologia dell’arte per le istanze di exibart. Anche io, credo, mi sono impelagata in questa ancor più astratta branca di indagine.
    Ma è il mezzo che qui comanda e a questo – e ai suoi codici – non riesco neanche io a sfuggire.

    Per quanto riguarda hm, temo di non aver capito se il suo nei miei confronti è un commento concorde o discorde, sono un poco tarda, certe volte. Se fosse – come temo – discorde, devo sottolineare che non c’è persona quanto me distante dal terrore di mettersi in discussione (pur difendendo io le mie opinioni, naturalmente, sino a quanto sostenibile) o affetta dal disprezzo di tutto ciò che non possa avere un riscontro fisico. Io sono letteralmente appassionata al dialogo (non si capisce?). Ma forse, ripeto, non ho capito…

  49. asserire che “opera d’arte e parola d’arte assolvono la medesima funzione” non è esatto:
    opera d’arte “è”, parola d’arte “interpreta”.

  50. proprio dai commenti anonimi vengono fuori le più autentiche verità. nell’anonimato timidezza, vergogna, paura di compromettersi, scompaiono.
    e solo così si può trovare il modo di dire le cose che veramente si credono. quello che leggete tra questi commenti è di gran lunga più reale delle conversazioni vis à vis.

  51. @svelarte
    l’insulto su internet a volte è fisiologico oltre che divertente, proprio per la spersonalizzazione del mezzo diventa salutare insultarsi o in ogni caso comunicare in modo esplicito. solitamente i forum hanno dei moderatori, ma i forum migliori sono quelli che si automoderano senza bisogno di interventi esterni perchè un certo tipo di persone con gli stessi interessi si ritrovano al loro interno a parlare degli stessi argomenti, quindi la moderazione diventa implicita. fino a quando non incontri la persona nella realtà inoltre non puoi avere la controprova di come sarebbe faccia a faccia, quindi discorsi come il tuo sono perfettamente inutili e anche noiosi, del tipo ‘vienimelo a dire in faccia se hai le palle’. la comunicazione su internet è più reale che su altri supporti o nella stessa realtà perchè slegata e non filtrata da norme sociali e comportamentali che spesso frenano i veri concetti o li imprigionano in perifrasi vuote e stucchevoli per cui la forma vale più del contenuto. l’insulto nega l’evoluzione del percorso logico nella realtà (sgarbi in craving da cocaina con la bava alla bocca docet) ma non su internet.

  52. Cara Cristiana ora credo di aver capito 🙂
    Correggimi se sbaglio, tu rifletti sulla possibilità che, così come – secondo la teoria che espongo – alcuni contesti (quali gallerie, musei ecc.) vengono istituzionalmente delegati a fungere da veicolo di attribuzione di identità artistica ai testi che vi occorrono; allo stesso modo, affinché un testo assuma identità di “critica d’arte” è necessario occorra in uno specifico contesto (quale un’ipotetica rivista “xy”) che fungerebbe da veicolo di attribuzione di identità di “critica d’arte”. In questo senso, tu dici, Exibart è contesto “non artistico” in quanto non legittimato a definire ontologicamente “critica d’arte” i testi che in esso occorrono.

    Se è questo ciò che intendi, non concordo. Nel caso della critica d’arte – che, a mio parere, dovrebbe essere attività che svela (=descrive) tutti i possibili livelli di realtà (=contenuti) di un’opera d’arte – il testo che si pone come tale, è tale (è critica d’arte)in relazione ai contenuti, a ciò che “dice”, non in relazione a una particolare modalità d’uso. Pertanto un testo critico è tale – il suo statuto ontologico è sempre quello di “critica d’arte” – in qualunque contesto esso occorra; in fin dei conti cos’altro potrebbe essere se non occorresse in una ipotetica rivista di critica d’arte?
    Che poi, in una rivista specializzata, la critica possa risultare più credibile è un altro discorso…

    Poi tu scrivi: “Bisogna vedere se concordiamo con l’assunto che “critica d’arte” e “opera d’arte” abbiano omologa dignità ontologica (siano la “stessa pasta”, volgarmente: opera d’arte e parola d’arte assolvono la medesima funzione a diversi livelli percettivi di espressione di artisticità)”. E qui, di nuovo, non capisco che intendi 🙁
    Che significa “omologa dignità ontologica”? Stesso statuto ontologico, forse? In questo caso non mi pare proprio: se arte è ciò che io sostengo, ossia una particolare modalità d’uso di un qualsiasi testo, la critica d’arte non è arte; giacché la critica d’arte, a differenza dell’arte, non acquista il proprio statuto ontologico sulla scorta di una particolare modalità d’uso (e dunque nemmeno sulla scorta della stessa modalità d’uso che rende opera d’arte un testo qualsiasi). Del resto se fosse arte si chiamerebbe “arte” e non “critica d’arte” 🙂

  53. Caro Svelarte,
    partiamo dalla (tua) fine. Io non affermo che “arte” e “critica d’arte” abbiano medesima dignità ontologica, ma che “opera d’arte” e “critica d’arte” siano così, nell’essenza, omologhe.
    Entrambe, “opera” e “critica” (in quanto prodotti dell’attività speculativa umana, e per speculativa non intendo semplicemente razionale, quanto attività atta a esprimere le capacità in potenza creative/produttive dell’essere umano), hanno la medesima necessità/funzione di essere espressione dell’ “arte”. Che è altra cosa. Anzi “è” e basta.
    In altro momento avemmo modo di incrociare le spade su questo che per me è punto fondamentale (e magari ci torneremo sopra se vorrai): l’arte non è concetto che si può esprimere, l’arte è. L’opera d’arte e la critica d’arte concorrono con diverse modalità ma identico fine a “tentare” di definire le categorie possibili dell’arte.
    E attraverso l’utile ragionamento da te espresso sulla centralità delle modalità d’uso dell’arte (del contesto istituzionalmente delegato a definire le peculiarità del testo) si aggiunge un passo per avvicinarci a ciò che, per sua natura è indefinibile, se non per incidentali attributi dei “testi” oggetto di analisi.
    Spero di essere stata più chiara, procedo quasi a vista, e per la verità mi trovo a modificare la mia opinione intorno al “veicolo” exibartiano di critica d’arte, nel senso in cui tu lo esprimi.
    Il mio negare a Exibart (senza alcuna offesa per nessuno, s’intende) qualifica di “rivista di critica d’arte” non è snobismo intellettualistico, ma tu l’hai capito. Il concetto si fonda esclusivamente sul postulato che – per me – il linguaggio usato in exibart nella sezione dei commenti (e nei commentarii su internet in generale) non è “veritiero” per i motivi esposti poc’anzi. Motivi che, come vedi, da pochissimi, anzi da nessuno sono condivisi.
    Ma la mia “non verità” di questo particolare linguaggio non è concetto che investe la sfera morale, è pura constatazione della possibilità che il linguaggio qui usato (particolarmente quello insultante che, mi spiace per hm, non mi risolvo a considerare salutare o libero nel momento in cui lede la salubrità/dignità e il diritto a non essere insultato altrui) sia “virtuale”. Ma su questo mi sono dilungata troppo e, come ben dice hm, sarei noiosa a proseguire e mi spiacerebbe davvero annoiare hm.
    E’ in effetti possibile che, seguendo il tuo ragionamento, anche exibart nella specifica sezione dei commenti sia uno dei livelli “contestuali” in cui si esprime la critica d’arte.
    A patto che si riesca a “normare”, filtrandole, le utili attribuzioni d’identità artistica.
    Tutto ciò per trovare il famoso bandolo della matassa. La comunicazione perfetta per la miglior divulgazione della cultura. La migliore parola per esprimere al meglio la nostra cultura e ampliare i confini della conoscenza e la comunità dei conoscenti.
    Liberarsi dall’ònere di tentare, balbettando, di spiegarci “cosa è arte”, significa intraprendere nuove strade estetiche, che, a piacere e secondo la nostra capacità, sapremo rendere convincenti e condivisibili.
    Ma bisogna studiare… lo sai che ho questa fissazione.

  54. caro svelarte, condivido pienamente ciò che scrivi in relazione alla critica d’arte. cioè che è sempre critica d’arte indipendentemente da dove si incontra. io estendo questo concetto anche alle opere d’arte. un’opera d’arte non ha alcun bisogno di un contesto per essere definita tale. Se è opera d’arte lo è dovunque.
    oltretutto musei e gallerie sono pieni di manufatti che non sono opere d’arte e sono spacciati come tali.

  55. Cara Cristiana, mi pare di cominciare a comprendere il tuo punto di vista (perdonami, è che sono un po’ ritardato :); anche se non so se sia meglio o peggio ehehe: alcune cose che leggo in questo tuo ultimo commento mi lasciano un po’ interdetto, ma è tutto ancora in nuce, spero che avremo modo di approfondire sempre più.

    Nel frattempo ti pongo una domanda che, a questo punto, ritengo fondamentale per poter procedere: qual è, a tuo parere, la differenza tra arte e artigianato?

  56. Svela-Arte, mi permetto fare un abbozzo della differenza da te invocata alla Curti : trovo (metto da parte il pensiero)
    che Arte sia essenzialmente “figlia” di Follia ;
    Critica di Arte, invece, figliastra di conoscenza o se intendi ( di in-potenza).

    Buon Giorno.

  57. Egregio Svela-Arte ,
    scusa per l’affrettata ed incauta mia risposta , ma a leggerVi assiduamente mi ero totalitariamente Perso.

    Si, insomma, avevo dimenticato il secondo termine di paragone (l’artigianato).

    L’artigianato, contrariamente alla vulgata da addetti ai lavori che dissacra il medesimo la trovo invece a differenza della parente Arte, una faccenda di “PURI”.

    l’ARTE è troppo pesante ( la follia è diventata cosi comune).

    p.s. : l’artista per eccellenza , totale intendo, è stato Hitler ;
    L’artigiano piu’ puro, adorabile nonche’ dis-interessato : Elser, che tento’ sfortunatamente di porre fine alla follia di cui sopra.

  58. Caro Svelarte, è la domanda del secolo, naturalmente, dato che noi non sappiamo più cosa è l’artigianato e dobbiamo riferirne con le imperfette categorie del presente.

    Naturalmente questo argomento pertiene un diverso piano di lettura dell’insieme del discorso precedente (che doveva, per quanto modestissimamente per me, essere di stampo “metafisico”) ma certo non mi sottraggo alla domanda perché in realtà mi appassiona in modo particolare e l’argomento costituisce una delle mie lamentationes mactutinae.

    Dovrò risponderti come fossimo nel XVIII secolo (suppergiù…): no, non esiste distinzione fra arte e artigianato. Non a caso si parlava di arte orafa, arte laccatoria, arte ceramica, arte vetraria, arte ebanistica, arte incisoria e battitoria (per la lavorazione dell’argento o delle preparazioni per le coperture di cornici), arte tessile, ecc. ecc.
    E l’ “arte” era tale perché la qualità tecnica doveva prima essere imparata sino all’eccellenza e poi innovata dai grandi. Noi riconosciamo l’arte nella mano di Mastro Giorgio e della sua scuola, ma non siamo interessati particolarmente (se non come dato documentale) al “servizio di crespine” del ‘500 portato in dote da Monna Lucia per la figlia Arianna Bella che va sposa o cose del genere.
    Siamo noi del(la seconda metà del) XX e XXI secolo che abbiamo girato l’ostacolo e abbiamo tolto dignità artistica a settori che ora qualcuno di noi, non abbastanza purtroppo, rimpiange.
    Non solo ma noi occidentocentrici ci permettiamo di chiamare “artigianato” anche quello che non conosciamo: è degli anni Ottanta (circa) l’invasione di tutti i cosiddetti “artigianati etnici” che addobbano le case di coloro che non conoscono più i nostri (un po’ di sano nazionalismo va bene, va là). Senza sapere che: 1) quello che noi chiamiamo artigianato etnico è arte (forma d’arte, espressione d’arte) per chi lo esegue; 2) la diffusione senza conoscenza delle culture porta allo svilimento di qualsiasi forma d’arte sino a farla diventare paccottiglia senza alcun valore estetico, formale, contenutistico (il che, vedi bene, potrebbe essere riferito anche alla cosiddetta “arte maggiore”).

    Ma il discorso è amplissimo e investe la riproducibilità dell’arte, l’innovazione (l’identità dell’autore) attraverso la tradizione, il concetto di “scuola” e molte altre questioni di somma importanza.

    Avendo noi perso la coscienza dell’arte negli oggetti funzionali (mobili, cornici, vetri, ceramche, tessuti, ecc. ecc.), abbiamo semplicemente accantonato la cosa schermandoci con il fatto che ogni oggetto seriale non abbia dignità artistica (il che porterebbe, se la logica non è opinione, al fatto che le sublimi incisioni di Morandi non siano artistiche, ad esempio).

    Salvo poi idolatrare il “design”, forma contemporanea aberrante dell’infinitamente più illustre movimento “multiplo” europeo di artisti il cui vessillo era portare l’arte nella vita quotidiana di tutti (di tutti, non dei modaioli!) a prezzi accessibili (ricordiamo: il bello deve essere per tutti!) tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo. Oggi siamo disposti (non io!) a pagare 2000 euro un’alzatina in vetro matto solo perché il “disegno” è di Philippe Starck (l’avesse almeno fatta lui con le sue manine sante!), mentre un’identico oggetto-funzione infinitamente più unico e affascinante dell’arte muranese del XVII secolo (e non scherzo!) “viene via” a molto meno…
    Ma qui si entra nel campo minato del valore dell’arte e non è quello che chiedi.

    Spero di avere anche solo parzialmente risposto. Anche se su un piano differente. Ma certo la tua era domanda-trabocchetto…

  59. Cara Cristiana grazie ancora per la pazienza e l’interesse a interloquire con me. Ho appena terminato di scrivere qualcosa in relazione ai tuoi ultimi due commenti. Perferisco, tuttavia, inviarti una mail; che qua (a causa mia 🙂 siamo andati abbondantemente fuori tema (aspetto su cui, del resto, avrei soprasseduto se avessi incontrato interlocutori interessati/interessanti circa la questione di cui noi ci crucciamo, ma tant’è… 🙂

  60. @LorenzoMarras: caro Lorenzo se mi leggi assiduamente (e di questo ti ringrazio) conoscerai, di certo, ciò che io sostengo circa l’essenza dell’arte.
    Tu ora ti rivolgi a me, ma capisci che interloquire significa prendere in considerazione ciò che qualcuno afferma (se lo ha fatto prima) e da tali affermazioni prendere le mosse per confermarle o infirmarle. Se tu, in due parole per di più, mi “esponi” la tua idea di arte senza argomentazione alcuna né, tantomento, controargomentazione della mia tesi, io non posso far altro che prenderne atto; ma il dialogo, in tal modo, non s’avvierà mai.

    Se qualcuno sostiene A, io sono abituato – allorché non concordi – a sostenere nonA e poi, eventualmente, a sostenere (argomentando, possibilmente) B. Diversamente ognuno fa un proprio monologo; cosa del tutto lecita ma, allora, è inutile rivolgersi – a inizio commento – a coloro che sono intevenuti prima. Non trovi?

    Un saluto.

  61. ecco la differenza tra arte e artigianato:
    l’artigiano esegue un manufatto con l’intento di raggiungere uno scopo ben preciso. ad esempio un falegname realizza un’armadio sapendo che avrà la funzione di contenere cose.
    l’artista invece non conosce e non può conoscere le destinazioni d’uso, le funzioni e le conseguenze del suo lavoro… della sua opera.

  62. Svela-Arte carissimo, inpeccabile discorso come sempre il tuo; ho scelto di rivolgermi alla tua persona perche’ cio’ che tu scrivi mi ha fatto pensare E DIRE no piu’ di chiunque (senza offesa per i chiunque del forum); riguardo il punto sulla essenza dell’arte io sarei potuto ricorrere ad un sistema di pensiero per prendere in prestito una idea o come correntemente si dice , un concetto con tutte le conseguenze che la impersonalita’ dei concetti comporta : illusioni…consolazioni…e cosa ben peggiore certezze… Svela arte …. certezze intelletuali intendo . Ecco perche’ ho accostato Arte, seppure provocatoriamente, a Follia come condizione di assoluta dimenticanza di se stessi ( come assoluta distruzione di identita’ di s-oggetto dentro una gabbia metafisica)e dunque come rifiuto esistenziale ad una sicura etichetta per definirLa; in parole povere chi fa arte … chi è artista non lo sa (va oltre l’arte come ovviamente IDEA di arte a te cosi cara).
    Un artigiano sa chi è, invece, non è un folle è semmai il medico dell’oggetto: in un a-priori teso ad osservare proporzioni simmetrie cromie CONVENZIONI che conosce attraverso i modelli della tradizione o della regola…è un puro non è contaminato dalla follia… lui e la cosa sono distinti seppure legati da una relazione che rivela l’interesse verso l’oggetto e non verso il mondo;
    l’artigiano nel fare si specializza ed è fiero di cio’.
    (dai all’aggettivo puro un significato strumentale e non moralistico…ovvero in sostanza puro nel FARE ).

    Ho preso lo spunto dalla tua domanda alla Curti per la sua natura , lascia che te lo dica, provocatoria perche’ nella formulazione della stessa ho colto la possibilita’ (detesto le certezze) che tu fossi a conoscenza delle piu’ convincenti risposte (naturalmente soddisfacenti sul piano strettamente intelletuale).

    Penso che a questo punto la comunicazione sia posta e che le tue gradite confutazioni non mancheranno.

    Ti saluto caramente Svela-Arte

  63. avete rotto con la dicitura “addetti ai lavori”
    l’arte è rivolta a tutti e tutti possono commentare. e il commento di un critico affermato ha LA STESSA importanza di quello espresso da un’analfabeta. possibile che non ci arriviate?

  64. caro svelarte, anch’io sono interessato alla questione su cui dibattete. continuare via mail non è proprio carino, tenendo presente che, come me, ci saranno altre persone che leggono e che magari vorrebbero partecipare, leggendo e lasciando commenti. ci può sempre essere qualche persona interessante che potrebbe illuminarvi.

  65. @cara cristiana curti
    -la mia “non verità” di questo particolare linguaggio non è concetto che investe la sfera morale, è pura constatazione della possibilità che il linguaggio qui usato (particolarmente quello insultante che, mi spiace per hm, non mi risolvo a considerare salutare o libero nel momento in cui lede la salubrità/dignità e il diritto a non essere insultato altrui) sia “virtuale”. –

    il tuo ragionamento non è molto logico, nel senso che se il linguaggio è virtuale allora non può ledere alcuna salubrità/dignità altrui mentre se invece pensi il contrario devi ammettere che il linguaggio suddetto sia reale. in ogni caso ti consiglio di leggere -l’arte di insultare- di schopenhauer .

  66. Mi collego all’omologo commento del Signor Marras comparso oggi 13.11 nell’articolo legato a questo. Anch’io alcuni giorni fa inviai ulteriori risposte ad alcuni amici qui riuniti. Per due o forse addirittura tre volte.
    Ma nulla apparve. Evidentemente ci furono degli “incricchi” in redazione. Non posso pensare che l’ipotetico filtro intervenga discriminando piane interlocuzioni.
    Ciò per segnalare l’eventuale intoppo e per sottolineare l’involontaria mia uscita dal dialogo che aveva un sapore comunque interessante. Bello finché durò.

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