02 giugno 2012

Quer pasticciaccio brutto di via Nazionale

 
Due milioni di euro per una mostra che non ci sono. Così il presidente della Quadriennale di Roma, Jas Gawronski, dice che non si farà. Suscitando perplessità, ma anche prese di posizioni forti, come la lettera dei tre curatori che si propongono per realizzarla con un budget risicato. Eppure la Quadriennale è un ente statale, che necessita di fondi specifici. E cospicui. La polemica monta e dentro c’è il futuro delle mostre al tempo della crisi [di Matteo Bergamini]

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La notizia è arrivata come una doccia fredda, ma forse poi nemmeno così inaspettata. Non ci sono fondi e quindi la Quadriennale di Roma quest’anno non si fa: queste, in soldoni, sono state la parole del Presidente Jas Gawronski. 
Mancano i due milioni necessari alla realizzazione e quelli disponibili, pare circa 350mila euro, non possono essere usati per la mostra, ma vanno tenuti per le spese vive della struttura romana, a Villa Carpegna. Tutto andrebbe recuperato fuori, da finanziamenti privati, da Fondazioni bancarie, da “mecenati” e chi più ne ha più ne metta. 
«Il progetto prevedeva un centinaio di artisti, di cui metà scelti tramite concorso, metà invitati da una commissione dove, tra gli altri, figurano Michelangelo Pistoletto e Mimmo Paladino, che avrebbe selezionato una serie di artisti visivi emersi a partire dal 2000, senza barriere anagrafiche di sorta» ha dichiarato il Presidente. Fino a qui tutto bene. Anzi, tutto bene fino a un paio di mesi fa, quando le cose precipitano, con i fondi di Arcus – sorta di Spa del Ministero dei Beni Culturali- congelati e la convenzione con il Ministero della Gioventù andato in fumo. 
Un’ennesima ferita al corpo dell’arte contemporanea italiana, perché di questo si tratta. E uno smacco in più per Roma che, sotto il profilo delle gallerie private mai è apparsa così fervida e affamata di arte contemporanea, ma che a livello istituzionale si rivela una sorta di buco nero dove si sa quando si inizia un progetto, ma mai se si riuscirà a tenerlo in vita o a portarlo a termine. Molte testate nazionali si sono scagliate contro la giunta Alemanno, colpevole anche di non aver spostato le date del Festival del Cinema della capitale che, quest’anno, sarà pericolosamente in concomitanza con il Torino Film Festival. Una scelta che toglierà pubblico e addetti ai lavori sia dall’una che dall’altra manifestazione.

Ed è stato lo stesso Alemanno a voler tenere “sotto controllo” la manifestazione romana che di certo non sarà paragonabile alla Biennale di Venezia, ma che ha tenuto banco, soprattutto per quanto riguarda il “made in Italy” negli anni a cavallo tra il 1927, quando nacque in piena epoca fascista a rappresentanza di un piano di riordino e “razionalizzazione” delle attività artistiche della Penisola, e gli anni Cinquanta. Già, perché nel decennio dei Sessanta la Quadriennale realizzò solo un’esposizione e nei Settanta si fecero 5 mostre suddivise dal 1972 al 1977. E oggi, ironia della sorte – gli anni Settanta sembrano tornare alla ribalta, non tanto come “poetiche”, soprttutto come problemi, reali, di economia e politica.
Ora l’affaire Quadriennale solleva un’altra questione, irrimandabile dati i tempi: ha senso continuare a mantenere queste immense macchine, spesso divora-denaro, per le mostre italiane? Continuare a delegare alle sovvenzioni di uno Stato che un giorno sì e l’altro no appare sull’orlo della bancarotta e che ha ampiamente dimostrato di non curarsi del futuro, né tanto meno del presente, dell’arte? Allo stato attuale non vi sono nemmeno fondi privati, e così bisognerebbe fare con quel poco che si ha, tirare su qualcosa davvero low cost senza chiedere nulla a nessuno. Esempi di curatele e management di questo tipo, emersi già da quando la crisi ha cominciato a mordere e ormai diventati pratiche abituali, ce ne sono molti: gli ultimi concorsi pubblici – vedi quello per Villa Croce – assegnano al curatore un budget irrisorio, il museo Marino Marini di Firenze, che è Fondazione privata partecipata dal Comune, viaggia su un budget di neanche 100mila euro all’anno per le mostre: «Abbiamo imparato a non fare più mostre ma a chiedere agli artisti di realizzare un intervento site specific nel museo. Si azzerano costi di trasporto e relative assicurazioni», spiega Alberto Salvadori, direttore del Marini. E anche i musei più grandi, con il MAXXI in testa, hanno rivisto i costi della politica espositiva. Stato di cose confermato dal Presidente Gawronski: «in quindici anni il contributo da parte del Ministero Beni Culturali si è ridotto del 65 per cento. Da un milione di euro nel 1995 a 360mila nel 2011. E non sappiamo quanto sarà il contributo nel 2012».

Che fare, allora? Ci pensano tre critici e curatori che firmano una lettera provocatoria, forte, che abbiamo pubblicato per intero nella news “La Quadriennale la facciamo noi!”. Raffaele Gavarro, Claudio Libero Pisano e Cecilia Casorati propongono di collaborare per mettere in piedi una manifestazione a budget ridotto. Due milioni di euro sono un’enormità. Introvabili e che potrebbero essere spesi non per una singola manifestazioni, ma per svariati progetti. «Con Cecilia Casorati e Claudio Pisano abbiamo pensato che fosse il caso di fare qualcosa di più, di rendere più forte quella denuncia, scrivendo una lettera aperta che fosse una provocazione, ma che al contempo facesse riflettere sulla gravità di quanto annunciato dal Presidente Gawronski e rimettesse in discussione i criteri e le logiche grazie alle quali quella decisione era stata presa» afferma Gavarro.
Ed è lo stesso critico a scavare anche nel passato dell’Istituzione romana e nei procedimenti non troppo cristallini dei criteri di selezione degli artisti, quei cento nomi che per metà dovevano essere selezionati da altri “colleghi di chiara fama” e per metà attraverso un concorso pubblico non meglio specificato. Nonché sulla nomina alla Presidenza di Gawronski, incaricato dall’ex ministro dei Beni Culturali Sandro Bondi, che però, nonostante la buona fede e un curriculum di tutto rispetto risulta, secondo il critico «del tutto a digiuno non solo di competenze specifiche sull’arte contemporanea, ma anche di quelle gestionali e manageriali». Giusto un paio di motivazioni, quelle sopra elencate, che portarono Fabrizio Lemme a dimettersi dal consiglio di amministrazione della Quadriennale già a marzo del 2011. Ma i giornalisti di chiara fama, da Giovanni Minoli alla presidenza del Castello di Rivoli in giù, piacciono molto alla politica.    
Il motivo scatenante della lettera riguarda soprattutto quei 2 milioni di euro richiesti per la messa in scena della kermesse, che Gavarro ritiene una vera umiliazione, «uno schiaffo in faccia a tutti quelli che s’impegnano quotidianamente e in molti casi facendo sacrifici piuttosto severi per portare avanti lo stato dell’arte italiana». 

Il discorso, dunque, in questo caso è tranchant: se il Presidente Jas Gawronski non ce la fa a mettere in piedi questa sedicesima Quadriennale, che si dimetta, e si nominerà qualcuno che sappia farla al suo posto con meno, molto molto meno, denaro. «Vorrei precisare -continua Raffaele Gavarro- che il “noi” della lettera è un plurale che riguarda molti curatori italiani, verso la cui professionalità si dovrebbe portare più rispetto». 
Ma c’è una voce che prende le difese di Gawronski, o sarebbe più giusto dire della Quadriennale come istituzione, che tale deve rimanere. Ludovico Pratesi, consigliere della Fondazione romana dal 1996 al 2010 rimarca che «la Quadriennale è un ente statale, nata proprio per promuovere l’arte nazionale, così come facevano la Biennale di Venezia e la Triennale di Milano, e che necessita di cospicui fondi per poter essere messa a punto». Sono i fondi destinati a Palazzo delle Esposizioni, un tempo sede della Quadriennale che dopo un restauro, e scaduta la convenzione con il Comune di Roma, è stata spostata a Villa Carpegna. E che ora dunque si trova a dover in qualche modo “affittare” l’antica sede, con una conseguente emorragia di denaro. Quale potrebbe essere una soluzione? Secondo Pratesi il villino alle porte della capitale è assolutamente impensabile come location, a causa degli spazi ridotti. «La Quadriennale in qualche modo deve rappresentare l’evoluzione dell’arte italiana negli ultimi tempi, è anche per questo che è sempre stato nominato un variegato team di curatori per ogni edizione, per mantenere una pluralità di linguaggi. E i curatori sono sempre stati nominati dal CdA». Insomma, secondo Pratesi i due milioni di euro servono per mettere insieme un’esposizione degna del nome che porta, si può essere in disaccordo con la decisione del Consiglio di Amministrazione di far selezionare gli artisti ad altri artisti (perché troppo coinvolti). Si può anche pensare che a causa dello stampo politico della manifestazione la rassegna possa essere in qualche modo “manovrata” (vedi la Biennale di Sgarbi), ma fatto sta che per suo “statuto” la Quadriennale contiene anche queste postille.

Unica scappatoia possibile, secondo il critico, sarebbe realizzare un percorso di piccole mostre autonome, all’interno di Palazzo delle Esposizioni, e una serie di iniziative parallele a Villa Carpegna, per trasformare la programmazione annuale della struttura culturale romana, con una grande mostra ogni 4 anni. Posticipare l’appuntamento del 2012 di ventiquattro mesi? Potrebbe essere una soluzione, anche se Gavarro sottolinea: «La Quadriennale si può fare e si deve fare. E noi attendiamo di essere convocati per presentare il progetto». Come lui la pensano molti artisti e, al di là dei veleni che generosamente si spargono quando qualcuno prende posizione, anche molti curatori. Che sia arrivato il momento, concreto, di rivedere come fare le mostre al tempo della crisi, che molto probabilmente non durerà poco, e non rinunciando a farle?

3 Commenti

  1. gavarro… pratesi… coloro che l’hanno scorso, insieme (con i macroamici e tutta la loro folta schiera di lacchè e ricattati) hanno boicottato e affossato, al macro, l’unico tentativo da trent’anni a questa parte di ripensare, con una modalità plurale e partecipata, un museo pubblico come istituzione indipendente, trasparente, meritocratica e sostenibile (appoggiando la nomina politico/finanziaria di pietromarchi), oggi mettono in scena questa farsa, ben consci di aver entrambi contribuito alla svendita della cultura contemporanea alle dinamiche di potere e al peggior mercato. il silenzio sarebbe opportuno, soprattutto da parte loro… l’arte contemporanea per recuperare dignità non ha bisogno di nessuno di questi due “paladini” e delle loro schiere, ma di ritrovare quel dialogo da troppo tempo eluso con la realtà, e di farlo con umiltà, persuasione, onestà, capacità di ascolto. la cultura è necessaria come poco altro a questa crisi di progetto ancor prima che di pecunia… ma non questa pseudocultura parassita, ancillare e prona, ipocrita, scioccamente elitaria, fatta di puro e inutile intrattenimento, salottiero, effimero. non ne abbiamo veramente più bisogno. 

  2. Concordo con il commento: Gavarro e Pratesi fanno parte di un sistema parassitario e fondato sul pettegolezzo che bisogna dimenticare. Ma come possono candidarsi per la Quadriennale? Poveri noi!

  3. con un momento di crisi sono dell’opinione che sia giusto non dare questi fondi. solo con le idee buone è possibile creare delle prospettive migliori e ricchezza.Solo così tali eventi verrebbero gestiti da coloro che veramente hanno qualità imprenditoriali.

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