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RI-SCOSSA POP
Politica e opinioni
2010: i vent’anni del Pop Surrealismo. Una corrente che pare straordinariamente nuova e fresca (e lo è, per carità!) in realtà parte dal 1990. In un reportage asciutto, la curatrice Julie Kogler ci offre uno spaccato a ritroso per ricostruire una storia a tratti eroica. Per iniziare a imparare una forma d’arte che sta decisamente finendo di essere sottovalutata da critici, musei e mercato...
di Julie Kogler
Scrivere del Pop Surrealismo è un compito difficile. La
trattazione intellettuale dell’argomento porta lontano dalle grandi emozioni
che suscita in chi lo incontra. Il Pop Surrealismo “era una gradita
alternativa alla noia crescente scaturita dalle idee riciclate e dal
concettualismo ritrovabile in tanta arte contemporanea di allora”, afferma Kirsten Anderson,
pioniera del settore, che dal 1998 dirige la galleria Roq La Rue a Seattle.
A livello di portato storico, il Pop Surrealismo si
presenta come connubio tra la Pop Art, affermatasi negli anni ’60, e le forme
dell’avanguardia surrealista teorizzata da André Breton al principio del Novecento. Le
radici risalgono in effetti all’inizio degli anni ’60, quando il frequentato
studio dell’artista Ed Roth a Los Angeles divenne un punto di ritrovo per quegli
artisti emarginati che si dedicavano a una pittura figurativa rigorosamente
antiaccademica. Il manifesto di questa controcultura giovanile era il fumetto
underground Zap Comix, che presentò nella prima edizione i cartoon satirici di Robert
Crumb e nelle
edizioni successive S. Clay Wilson, “Spain” Rodriguez, Victor Moscoso, Rick Griffin e Robert Williams. Quest’ultimo emerse presto nella
cerchia ribelle come portavoce erudito e pioniere di questo movimento di
rottura. Con l’uso spregiudicato di figure tratte dal fumetto underground,
abbinate ai contrasti dei colori psichedelici, Williams diede i natali a un
marchio di fabbrica della pittura degli anni ’80 e ’90. La sua famigerata
copertina scelta per l’album Appetite for Destruction dai Guns’n’Roses (fra l’altro,
uno dei dischi più venduti della storia del rock) conquistò grande notorietà.
L’ANNO DELLA SVOLTA – Le vicende politiche che scuotono il mondo al termine
degli anni ‘80 (fine della Guerra Fredda e dintorni) cambiano l’assetto
internazionale e indirizzano l’arte pop surrealista alla svolta epocale. Il
momento dell’affermazione del Pop Surrealismo avviene proprio intorno al 1990 e
sempre grazie al veicolo della pop music: la copertina che Michael Jackson
commissiona al giovane illustratore californiano Mark Ryden per il suo album Dangerous diventa il paradigma esemplare di
quest’arte innovativa, consacrando moderne icone e nuovi miti pop come divinità
della contemporaneità. In quegli anni le predominanti correnti artistiche
registrano colpi d’arresto (anche economici, a partire dalla Guerra del Golfo)
poiché non destinate a tenere il passo con i cambiamenti dell’avvento dell’era
digitalizzata. L’approccio intellettualizzato delle arti vigenti non aiuta ad
affrontare il crollo delle ideologie e la perdita dei valori sociali; le
“certezze” precedenti iniziano a sgretolarsi, generando il bisogno diffuso di
costituire gruppi. Allora le arti “cerebrali” iniziano a lasciare spazio a
espressioni che coinvolgono tutti in un godimento sensoriale collettivo.
POP SURREALISM O LOWBROW? – Robert Williams conia il termine
‘lowbrow’
(‘basso profilo’) sul finire degli anni ‘70, consapevole della sua posizione
emarginata rispetto al sistema dell’arte ufficiale. “Appartengo a un ampio
gruppo di artisti che, a causa del predominio durato mezzo secolo dell’arte
astratta e concettuale, sono stati isolati dal mainstream”, dichiara nel volume Pop
Surrealism. Ad
ogni modo, si definiscono comunemente lowbrow le forme d’intrattenimento e
divulgazione di facile comprensione, che non trattano argomenti d’arte o
culturali in maniera intellettuale. Il termine era usato, infatti, proprio in
contrapposizione a ‘highbrow’, che significa ‘cultura alta’. La pressoché totale
assenza di critica legata alla scena artistica underground in quel periodo ha
concesso molta libertà ai suoi esponenti nello sviluppare una poetica lontana
dai dogmi accademici. Le opere dimostrano un’apparenza talvolta fumettosa,
laddove non si scorge immediatamente un’elaborazione intellettuale. Elementi
della storia dell’arte, estrapolati dal loro contesto originale, appaiono
alleggeriti dal loro peso attraverso giustapposizioni inedite e talvolta
irriverenti.
Alcuni dei primi artisti da inserire nella schiera degli
esponenti del Lowbrow californiano – accanto a Robert Williams e Mark Ryden –
sono Todd Schorr,
Gary Baseman, Tim
Biskup, Camille
Rose Garcia, Anthony
Ausgang e i Clayton
Brothers; a
questi fanno eco nel resto degli Stati Uniti Ron English, Tara McPherson, Eric White, Lisa Petrucci e Marion Peck. Questi artisti, come spiega Williams,
“attingono all’illustrazione, alla fantascienza, alle produzioni d’effetti
speciali, all’arte del libro da fumetto, ai poster cinematografici, alla
grafica per gli skateboard. E poi graffiti, tatuaggi, pin-up…”. Il critico americano Carlo
McCormick propone di utilizzare il termine lowbrow come sostantivo per quei
pittori figurativi che abbiano maturato un loro linguaggio artistico
ispirandosi alle culture giovanili e popolari a partire dagli anni ’80 in
California.
Insomma, i pop surrealisti prendono spunto dalla società
in cui vivono, riciclando i residui scartati della cultura popolare per
generare qualcosa di significativo. Come sostiene anche Merry Karnowsky nel suo
saggio pubblicato sul catalogo della mostra Apocalypse Wow!: “L’opera pop surrealista
talvolta appare molto semplice e illustrativa, ma la maggior parte degli
artisti di questo movimento sono pittori di grande talento che usano un
linguaggio visivo più godibile e diretto per esprimere tematiche più complesse”.
ICONE MOBILI PER LA RETE – Icone facilmente riconoscibili e
di gran presa sono onnipresenti nelle opere dei protagonisti di questo
movimento. E ciò perché la loro essenzialità permette una dinamica e rapida
diffusione. Tanto che molti artisti del lowbrow sono riconosciuti per il loro
“brand”. Il leitmotiv del Pop Surrealismo è l’enfasi di un character o personaggio come protagonista
ricorrente, che è inserito in situazioni irreali e fantastiche. Gary Baseman si
riconosce nel suo personaggio Toby, che l’artista fa uscire dalle tele per
reincarnarsi in oggetti in edizione limitata e prodotti commerciali come borse,
t-shirt, cappelli, portachiavi, coniando il termine “pervasive artist” per autodefinire il modo di
veicolare le sue figure semplici e di diffondere il suo messaggio attraverso
molteplici media, gadget compresi. Anche la figura dell’Helper, una specie di
divinità aliena monoculare al centro del bizzarro pantheon di Tim Biskup, è
stata trasformata in una serie di designer toy accanto ad altri prodotti alla
portata di tutti.
JUXTAPOZ D’IMMAGINI – Ma chi ha contribuito a ampliare la visibilità attorno a
questo gruppo di giovani artisti durante gli anni ‘90? È ancora Robert Williams,
naturalmente: nel 1994 fonda la “cronica d’arte” Juxtapoz. Il più importante magazine (insieme
al più recente Hi-Fructose) di questo genere, che promuove Street Art e arte pop
surrealista, offrendo una piattaforma e una rete di scambio a tutti gli artisti
del movimento. Molti illustratori hanno avuto il riconoscimento ufficiale come
veri pittori attraverso questa rivista, il cui titolo allude alla tipica
procedura dei suoi artisti di giustapporre elementi popolari apparentemente
estranei tra loro in uno scenario surrealista di grande emotività e impatto.
Una sorta di processo hegeliano in cui il “juxtapoz” di tesi e antitesi porta alla
sintesi, che è l’opera d’arte compiuta.
Todd Schorr, uno dei geni indiscussi del movimento, nel
racconto autobiografico del suo catalogo American Surreal spiega l’origine della
“giustapposizione”: “Guardavo numerosi programmi horror, di fantascienza,
cartoon, film di guerra e di cowboy, spettacoli di burattini; la mia collezione
di fumetti e modellini in plastica occupava il mio cervello immaturo. I miei
genitori erano abbonati al ‘National Geographic’: è così che ho sviluppato una
passione per gli uomini preistorici e le culture primitive”. L’ossessione di Schorr per il
dettaglio, in effetti, genera dipinti di grande tensione narrativa, che
riconducono alle composizioni di Bosch laddove emergono le manifestazioni del suo fascino
per il bizzarro e il freak come satira del sociale.
ALLA CONQUISTA DEL MONDO – È nella West Coast, patria di
Hollywood e Walt Disney, che i primi spregiudicati galleristi promuovono il
movimento: La Luz de Jesus, Copro Nason Gallery e Billy Shire, e a seguire
Merry Karnowsky e Roq La Rue. Poi a New York City, dove Jonathan Levine e
Joshua Liner aprono le omonime gallerie, e Yasha Young inaugura la Strychnin
Gallery, che ha oggi sedi anche a Londra e Berlino. Internet e le comunità
virtuali permettono la libera circolazione d’icone e idee, e nel giro d’un click
contagiano subito anche le schiere di pittori oltreoceano. In Asia la Biennale Animamix
– The New Aesthetics of the 21st Century è lo sposalizio delle ultime forme espressive dell’animazione
(anime) e dei
comics (manga).
Artisti del calibro di Takashi Murakami aprono la strada ai giovani seguaci, che
all’improvviso sono apprezzatissimi da collezionisti e galleristi del sistema
dell’arte ufficiale. Yoshitomo Nara, Junko Mizuno, Kei Sawada e Aiko Nakagawa emergono come nuovi protagonisti di un’arte che se la
spassa sul confine tra il white cube e il commerciale. I giovani artisti, eredi della cultura
e della storia europea, affrontano argomenti riguardo le trasformazioni epocali
e lo smarrimento all’interno della società globalizzata, sviluppando così una
narrativa di matrice più onirica e apocalittica, che si contamina con le
espressioni del Neo Pop e della Urban Art. A Berlino spicca l’ungherese Andras
Bartos, a
Barcellona il pittore cileno Victor Castillo. In diverse città europee
s’inaugurano gallerie dedite al Pop Surrealismo: Dorothy Circus Gallery,
MondoPop e Mondo Bizzarro (già a Bologna) a Roma; Magda Danysz a Parigi;
Iguapop a Barcellona; Heliumcowboy e Feinkunst Kruger ad Amburgo.
LA RINCORSA AI MUSEI – A vent’anni dal Manifesto del Pop Surrealismo di Mark
Ryden, importanti musei in tutto il mondo dedicano finalmente vaste mostre a
questo fenomeno, invitando i maggiori esponenti. Al Macro Future di Roma la
collettiva Apocalypse Wow! [curata dall’autrice di questo articolo, N.d.R.] espone le opere degli italiani Nicola
Verlato, Elio
Varuna, Desiderio e Franco Losvizzero accanto ai nomi storici
americani. Il talento di Varuna e di Verlato è riconosciuto ulteriormente da
due istituzioni di grande rilievo: il primo al MoCA di Shanghai, invitato come
unico italiano alla Biennale 2009; il secondo, invece, al Padiglione Italiano
della 53. Biennale di Venezia. Il 2010 sembra prefigurare la chiusura del
cerchio per un successo anche museale del movimento: il progenitore del
Lowbrow, Robert Williams, è elevato nell’olimpo della fine art esponendo alla Biennale al
Whitney Museum di New York.
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Nouar
e Laura Wachter da Dorothy Circus
Natural
Beauty da Mondo Bizzarro
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Il
paese delle meraviglie a Roma
julie kogler
*articolo pubblicato su Exibart.onpaper n. 64. Te l’eri perso? Abbonati!
[exibart]
Buongiorno Fine Arts!
Che felicità , finalmente!
Seguo Franco Losvizzero da anni ed ora sta preparando un mostra a New York, se ne può sapere di più?
Sta avendo un ascesa niente male ma chi è che lo rappresenta in Italia? E soprattutto chi lo rappresenta a NY?
Cmq bravo….Mi piace!
…ho spesso sentito parlare di lui alla Neo Pop Factory, prova a chiedere a loro, ciao!
elio varunaaaaaaaaaaaa???
ma per piacere, si vede che sono tutte cose modaiole, già viste e anche copiate un pò maluccio.
e comunque ben altri artisti poteva citare chi ha scritto il pezzo, almeno per gli italiani intendo…ma chi vivrà vedrà!
certo che l’ha citato è il suo fidanzato!
e ti pare che l’invidioso non compariva puntuale!
queste cose “modaiole”, come le chiami tu, ormai sono Storia dell’Arte…
fattene una ragione e vivi tranquillo.
…tutte le fortune a lui!
salve a tutti,
sono d’accordo che le correnti come la low brow e company sono ormai storia dell’arte, ma anche io penso che ci siano artisti migliori di questo varuma.
aggiungo inoltre che se i due sono fidanzati è uno scandalo!
non solo sono fidanzati, ma a quanto pare addirittura convivono …altro che scandalo!
e certo, ormai se non sei fico, miliardario e frequenti i giri giusti sei tagliato fuori
forse sono addirittura sposati… incredibile!!!
ma è possibile che dopo un saggio così ben scritto, che finalmente illumina una realtà artistica forte e vivace da troppo tempo e da troppi critici nascosta, la maggior parte di voi non è capace di far altro che becero pettegolezzo da bar? ma conoscete questo mondo? conoscente questi artisti? ma avete letto bene questo scritto? allora, a ben riflettere, o siete dei caproni ignoranti oppure – come diciamo a Roma – state a rosicà!!! a ‘nvidiosiiiiiiii
Con la scusa di queste “nuove” correnti (qui da noi sono nuove ma esistono ormai da anni negli usa) in Italia stanno spuntano come funghi artistoni che non sono ne carne ne pesce.
Ben altri artisti italiani potevano essere menzionare nel pezzo…sono perplesso.
ahahahah il carrozzone passa e si buttano tutti su….l’assalto più bello è quello di Desiderio che è palesemente attivo nella lowbrow da anni….è tutto molto divertente.
buon lavoro a tutti
dorothy, ma sbaglio o tu vendi roba del genere?
se così fosse non credo tu possa vantare obiettività, forse qualche conflitto di interesse…
Desiderio è il classico artista sfigato senza identità che cerca di capire che aria tira e quando si mette a copiare è già troppo tardi. Che tristezza!
Gli Italiano citati non sarebbero stati da citare. Forse verlato e’ l’unico che Si salva anche se non penso faccia parte di queste correnti.
cara Dorothy,
ti do ragione riguardo al testo che è ben scritto e che finalmente parla di un genere artistico che da anni è “scartato” dalla maggior parte dei critici e curatori italiani; però diciamoci la verità, pensi davvero che artisti come desiderio e varuna possano avere futuro? io me lo auguro per loro, però sinceramente anche a me sembrano cose già viste (sia in italia che oltre confine). solo perchè un artista fa un genere “poppettaro” non vuol dire che sia un artista geniale, anzi: penso infatti che in questo nuovo genere artistico possa andare avanti solo chi ha una sua personalità e riconoscibilità, e quindi io salverei solo nicola verlato negli artisti inseriti nell’articolo. il resto penso sia una frittatona!
Verlato fa parte nel peggiore dei modi di queste correnti, anzi, vorrebbe farne parte in tutti i modi, ma i suoi dipinti da represso sono tutte robe già trite e ritrite.
che peccato, speravo si poteva aprire uno spiraglio di confronto critico interessante e intelligente, ma a quanto pare gli interventi che seguono questo post sono tra i più squallidi del forum… ma perché invece di sputare sentenze piene di invidia e gelosia non cercate di contribuire a quello che è meglio e giusto? Guardate che si capisce benissimo che siete degli SFIGATI CHE SOFFRITE DI NON ESSERE STATI CITATI IN QUESTO PEZZO! in questo popolo di allenatori di squadre di pallone e commentatori politici ci mancavate voi critici d’arte da strapazzo; ma abbiate un minimo d’umiltà e riflettete sui vostri limiti clamorosi: fate pena come quegli assassini che ammazzano per vedere scritto il loro nome su un trafiletto in cronaca nera… puah!
Desiderio è una banderuola, cambia come il vento . domani potrebbe diventare una ballerina alla scala. che tristezza
Ho visto finalmente sto cavolo di Losvizzero è affermo che è vero che è una scoperta!.. ora chi l’ha scoperto non conta un cavolo…se Kogler o il Premi Cairo (io c’ero a Milano e doveva vincere lui!) ma perchè ve la prendete con chi propone nuove generazioni invece di criticare chi alla Biennale ci porta Artisti scomparsi 30 anni fa?