27 maggio 2010

SOCIALITÀ DELL’EVO NUOVO

 
Fantasmi appiccicati al computer, completamente distaccati dall’esperienza diretta. I nuovi universi paralleli compensano, illusoriamente, la scomparsa di quelli antichi, artigianali e creativi. Una proliferazione virtuale che ha colpito anche il sistema artistico, percepito come un microuniverso sempre più vacuo e irrilevante...

di

È incredibile come il termine ‘amici’ abbia ampliato oggi
il suo raggio d’azione, e abbandonato per strada al tempo stesso gran parte
della sua carica semantica. Da Maria De Filippi ai social network, formalmente
e in ipotesi sono tutti amici. Siamo tutti amici. Salvo poi scoprirci relegati
davanti a uno schermo. Dei perfetti sconosciuti. È un’ennesima manifestazione
della schizofrenia sociale e culturale che pervade la realtà iperreale, in cui
niente di ciò che viene affermato è mai veramente tale, e l’eccesso di
mediazione conduce (inevitabilmente, forse) a perdere clamorosamente di vista i
fondamentali.
Vale a dire, ciò che succede è abbastanza semplice, a
volte anche banale, ma viene istantaneamente sommerso e avvolto da un mucchio
enorme di filtri e giustificazioni ex post. Le scemenze regnano incontrastate. Il rimpallo
tra linguaggi e media – dalla parola scritta alle immagini al cinema al
digitale alla tv, e ritorno – che è sempre più caratteristico dei prodotti
culturali, studiato dalla crême degli esperti internazionali, funziona perfettamente anche
con gli argomenti, le discussioni e gli oggetti più inutili. Anzi, ancora
meglio.
La conseguenza più vistosa è anche la più ignorata: con
tutto il tempo impiegato quotidianamente in relazionalità simulacrali e aggiornamenti
di immaginifici profili, dove diavolo lo trovano tutti questi aggiornatissimi
pr in scala domestica il tempo per occuparsi un po’ di cose serie? Maria De FilippiDa nessuna
parte. Ergo,
ecco in parte spiegato: perché non si studia più sul serio (ma al massimo si
scopiazzano i comunicati e, se proprio si è in vena, si consulta Wikipedia);
perché quasi nessuno sembra più capire niente neanche delle cose di cui
teoricamente si occupa da una vita; perché è così facile oggi ottenere
un’opinione pubblica malleabile, volubile e allegramente disinformata; perché
sembra proprio che, persino a coloro che lavorano nelle industrie culturali,
della cultura non gliene freghi un accidente, se non per qualche ridicolo
aspetto pseudo-glamour, che permetta di fare bella figura alla prossima
occasione, tanto per cambiare, relazionale.
Che poi, questa condizione di fantasmini appiccicati al
computer, completamente isolati dal contesto e distaccati a forza
dall’esperienza diretta, non è affatto un aspetto passeggero o collaterale. È
proprio, invece, lo spirito di questo tempo. Per esempio, appare sempre più
evidente nei genitori di ultima e ultimissima generazione una fobia ossessiva
nei confronti della solitudine dei pargoli, solitudine che essi tendono
immancabilmente a interpretare come “isolamento”. Se non ci credete, provate a
chiedere e a informarvi un po’. Tutti i bambini (quelli benestanti,
appartenenti alla medio-alta borghesia, s’intende, ché gli altri con famiglie
annesse hanno pensieri ben diversi di questi tempi…) vengono costantemente
occupati, quando non sono a scuola, in attività sportive o finto-ludiche che
implicano sempre
l’interazione con i coetanei e, soprattutto, la sorveglianza di un adulto.
Tutto pur di tenerli lontani dai pomeriggi di noia mortale o di lettura
invasata, così normali e salutari fino a non molto tempo fa e oggi invece
considerati praticamente l’anticamera della psicosi.
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Anche qui, le domande sorgono pressoché spontanee: quando
mai questi bambini avranno più del tempo libero (vero, non etero-diretto e gestito da
occhiuti specialisti)? E quando riusciranno a sviluppare un rapporto maturo con
se stessi (una conoscenza-di-sé) prima che con gli altri, se non stanno mai
soli? La risposta, anche in questo caso, è: mai. Per non parlare poi di quella
entusiasmante e oscura esperienza che è la crescita umana e intellettuale,
dell’inebriante e dolorosa transizione dalla più o meno lunga adolescenza
all’età matura. Di fatto azzerate, in favore della creazione seriale di
eserciti di bambinoni, ammaliati dal 3D
e ferratissimi in aggeggini ipertecnologici e videogiochi.
La proliferazione tutta virtuale degli “amici” ha colpito
ovviamente anche nel sistema artistico, amplificando la propensione alla finta
socialità insita da sempre in questo microuniverso. Ma il riflesso più
interessante riguarda forse un altro aspetto. Tutti da tempo si rendono
perfettamente conto dell’irrilevanza dei fenomeni culturali e artistici a cui
partecipano; tutti sono più o meno coscienti dell’infinita replicazione delle
soluzioni, dei giochini frivoli e delle strizzatine d’occhio passate
agevolmente per opere, e talvolta addirittura capolavori. Semplicemente, fanno
finta di niente, come peraltro accade contemporaneamente in altri territori,
con conseguenze purtroppo molto più nefaste sull’intera comunità. 
Il futuro dei ragazzi del muretto?
Allora, sta
accadendo qualcosa di strano ma notevole: i social network e le loro
estensioni-protesi nel mondo reale sembrano creare infatti dei “surrogati” di
quegli eventi e di quegli oggetti che non esistono né si producono più, ma di cui
si sente tanto la nostalgia. I nuovi universi paralleli compensano,
illusoriamente, la scomparsa di quelli antichi, artigianali e creativi. Questi
strumenti della passività supportano la finzione – o meglio, il tentativo di
riproduzione in vitro – della grandezza e dell’importanza. Che, in maniera molto più
prosaica ma anche molto più logica, quaranta o cinquant’anni fa erano frutto
della fatica, della ricchezza intellettuale e della serietà. E non
raccontiamoci la storia che basta il talento, per favore.

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christian caliandro

*articolo
pubblicato su Exibart.onpaper n. 65. Te l’eri perso?
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3 Commenti

  1. nulla da eccepire: è la verità che tutti abbiamo sotto gli occhi ogni giorno ma che quasi tutti fanno finta di non vedere.
    Però ci sono alcune persone che di FB fanno buon uso. Moderato e sintetico, poco ma di vero interesse e utilità. Quindi è sempre un fatto di dosaggio e di giusto utilizzo. Allora diventa qualcosa di formidabile e di autenticamente democratico, in quanto il famoso scrittore o l’artista o il critico o l’attore, regista o politico, sono accessibili e sullo stesso piano degli altri, quegli altri che siano davvero interessati a un dialogo con loro.

  2. La questione sollevata è fondamentale.
    Il quadro è esatto per lo più.
    Da insegnante mi ritrovo ad affrontare la situazione ogni giorno e ogni giorno indago sui segnali di questa mutazione, purtroppo non in corso, ma in parte già avvenuta.
    Da un indagine svolta su una classe di quattordicenni più del 30% degli alunni ha dichiarato di sostare di fronte al pc “per motivi relazionali” più di cinquanta ore settimanali!
    Le conseguenze non sono solo gravi, ma gravissime.
    Per evitare effetti nefasti i genitori più avveduti impegnano i ragazzi in attività pomeridiane che trasformano i giovinetti in pacchi da accompagnare e impegnare al massimo, fino a quando esausti la sera possano crollare sul piatto della cena senza aver la forza di avvicinari all’incriminato pc.
    Genitori avveduti, abbiamo detto, in parte presenti quindi, perchè il problema dei ragazzi imprigionati dalle relazioni virtuali è soprattutto di chi gli adulti non li incontra neppure. I ragazzi, in realtà avrebbero veramente bisogno della riflessione e del silenzio, ma non della solitudine.
    NON DA SOLI,perchè da soli cercano risposte nei posti sbagliati(ovviamente beatifichiamo i rarissimi rimasti che da soli leggono), ma è necessario il silenzio della riflessione accompagnati da adulti che sappiano guardarli negli occhi con severità e vero interesse per la loro identità, hanno bisogno DEI NO, e di una GUIDA che li porti verso un progetto che non sia quello voluto dai potenti che annientano le masse. Hanno bisogno della pace interiore, che viene dalla pace degli adulti, soddisfatti della vita costruita ogni giorno. Genitori risolti, genitori che sappiano qual è la prima responsabilità di un adulto: accompagnare nella crescita i giovani perchè scoprano se stessi, prima degli errori che hanno ovunque intorno.

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