27 luglio 2008

ALL’ANIMA DELL’EUROPA

 
Ideologia e mitologia. Cinquecento anni dopo il Concilio, Anselm Franke e Hila Peleg tornano a parlare di religione a Trento. Riaprendo le porte di un edificio dal controverso valore storico...

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Il titolo della vostra mostra è The soul, l’anima, e Trento è la città del Concilio della Chiesa Romana che nel Cinquecento ha reagito contro la Riforma Protestante. Siete partiti da questo per il vostro progetto?
Il retroscena storico risulta solo il terreno fertile per sviluppare il progetto esattamente com’è oggi. Queste idee raccontano il contesto locale, ma erano qui in precedenza, e vanno oltre Trento. Stavamo cercando una prospettiva storica sull’Europa, una che non fosse solo un cliché ripetuto come un mantra. Il cuore di Manifesta è da sempre sull’“Europa”.

E dunque voi che avete fatto?
Noi abbiamo appunto deciso di guardare all’“Europa” non come una geografia esteriore, ma approfondendo il modo in cui sviluppa e mostra il proprio intimo, che è l’anima, o la psiche (che certo non sono esattamente la stessa cosa). La mostra a Trento cerca di scoprire la storia complessa e le motivazioni attuali di questi spazi interiori e i differenti modi in cui sono stati attivati nella modernità. Apriamo questo orizzonte tematico nel momento in cui -come dicono alcuni pensatori italiani- il capitalismo sta diventando “cognitivo” e “biopolitico”. Questo significa che la realtà immateriale delle idee (pensiamo ai copyright), dell’immaginario (pensiamo alla centralità del marketing), del desiderio e delle relazioni sociali in se stesse sono state inquadrate da un capitalismo culturale. Questo è il background su cui una narrativa speculativa di una “frontiera interiore” dell’espansione capitalista si può dilungare, in un modo simile a una frontiera esteriore di colonialismo e globalizzazione.
Anselm Franke e Hila Peleg
Insomma, cerchiamo di essere più concreti, la mostra parla anche di religione?

No. E sì. Teniamo conto che c’è molta gente in giro che rifiuta di parlare di “anima” senza fare riferimento a un credo e senza un chiarimento. La gente insiste sul fatto che si può parlare di anima solo quando prima si chiarisce cos’è l’anima, se è immortale, se può essere redenta… Perché l’anima della chiesa cattolica e l’anima di altre chiese potrebbe non essere la stessa. L’anima è un soggetto estremamente carico di significato, ma sempre in un punto in cui l’ideologia si fonde con la mitologia. Noi siamo interessati nella storia delle idee riguardo l’anima. Abbiamo preso l’evento storico del Concilio di Trento come punto di partenza per pensare ai modi in cui l’anima è divenuta oggetto d’interesse, e ai processi che hanno reso oggettivo un fatto soggettivo.

Come avete proceduto?
Eravamo affascinati dalle potenziali implicazioni del Concilio nello scrivere e attivare un “inner self” europeo, un’identità interiore che noi chiamiamo anima. Questa fascinazione ha molto a che fare con l’attuale modo di ri-pensare il destino dell’immaginazione nella modernità, e la mobilità della vita, le emozioni, gli affetti “interiori”. La nostra storia dell’anima (che è speculativa) inizia con un’espansione del concetto di confessione. L’assise tridentina dichiara che i nostri pensieri e desideri interiori sono soggetti alla confessione: non solo le nostre azioni, ma anche i desideri non realizzati e l’immaginazione. Questo è il nostro punto di partenza. Questo significa che non parliamo direttamente di religione. Ma parliamo delle idee religiose in relazione a potere, controllo e interiorità. Il filosofo francese Michel Foucault ha dimostrato che l’individualità come la conosciamo oggi è il risultato di un discorso religioso, in particolare di una confessione.
L'ex Palazzo delle Poste a Trento - photo Giovanni Cavulli
In che modo le opere sviluppano il vostro discorso? E in che modo gli artisti hanno reagito quando avete parlato loro del Concilio di Trento, che è pur sempre un fatto del Cinquecento?

Molti degli artisti hanno lavorato sui concetti di storia e di potere. C’è un’attenzione storica per il ruolo dell’arte e dell’estetica nel formare una coscienza, soprattutto una coscienza politica. Sembra ci sia una necessità di sviluppare strategie che sono appropriate per nuove forme operative di potere, per portare nella negoziazione i termini e le condizioni secondo cui operiamo come soggetti, e per essere capaci di rifiutarli o “esternarli”. E questi temi impegnano molti artisti che si vedono a Trento. Abbiamo un ampio numero di artisti che basano il proprio lavoro sulla ricerca che hanno condotto o gli interessi che hanno sviluppato qui, al Palazzo delle Poste o sul territorio circostante. L’olandese Barbara Visser, attenta osservatrice delle costruzioni psicologiche, guarda all’architettura di Angiolo Mazzoni e al ruolo che la gente vi gioca. Lo scrittore Josef Strau fa riferimento al Concilio e al genere del monologo interiore in un testo esteso che viene presentato sulla facciata del palazzo delle Poste. L’artista Keren Cytter lavora con i tridentini come attori in un nuovo lavoro filmico che simula la rappresentazione dell’Italia nel cinema degli anni Sessanta e Settanta. Lo scrittore Tom Holert guarda a come l’architettura modernista di Adalberto Libera -un’altra icona del movimento razionalista- provasse a riferirsi alla psicologia. Il gruppo Korpys/Loeffler ha realizzato un film sulla famosa villa Feltrinelli e le vite e i destini di Mussolini, Feltrinelli e Pasolini. La canadese Althea Thauberger ha lavorato ad un ampio progetto con la comunità ladina che vive nelle vallate vicine, interessandosi alla rappresentazione della loro storia. Roee Rosen - Frosted Self Portrait - 2004 - courtesy Rosenfeld Gallery, PhiladelphiaAbbiamo inoltre collaborato con il Dipartimento di Sociologia della locale università, specialmente col professor Attila Bruni, che con i suoi studenti sta conducendo uno studio sulla gente che lavora per Manifesta, inclusi noi stessi; il suo metodo di lavoro è chiamato “shadowing” ed è anche un modo di mostrare all’esterno l’interno. Il suo resoconto è focalizzato sulle cose che fanno parte del nostro agire quotidiano e del nostro ambiente di lavoro. Il progetto di Bruni, Shadowing Manifesta 7, analizza i meccanismi posti dietro al mondo dell’arte contemporanea e il suo contesto sociale oggi.

Preparando il progetto, avete pensato al pubblico ampio (non solo di specialisti) che di solito frequenta le biennali?
The soul è un tema molto popolare, no? Il cambio del clima lo sarebbe forse di più? Queste sono strane alternative. Nel fare la mostra non abbiamo pensato né al mondo dell’arte, né al pubblico ampio. Il nostro scopo era di costruire una mostra consistente in se stessa. Le contingenze espresse al suo interno sono veramente contingenti, veramente reali, veramente contemporanee. Siamo convinti che interessano tutti. Ma di certo non è facile parlare in termini generali riguardo qualcosa che è soggettivo, individuale. Non è facile astrarsi, anche se questa è una condizione iniziale per comprendere l’immaginazione artistica e anche il modo in cui il potere opera oggi.

Qual è il luogo della “vostra” Manifesta?
Dopo anni di inaccessibilità, apriamo le porte di un edificio carico di controverso valore storico. Abbiamo passato molto tempo con l’ufficio postale -rinnovato per l’occasione insieme agli architetti Kuehn-Malvezzi e con lo storico dell’architettura Fabio Campologno- e con la sua storia. Il palazzo delle Poste di Trento è stato disegnato nel ‘29 da Angiolo Mazzoni, che era l’architetto capo del ministero delle Comunicazioni e delle Ferrovie dello Stato durante il regime fascista e che ha costruito centinaia di grandi e piccoli edifici postali e ferroviari in tutt’Italia. La struttura comprende due edifici più antichi, un ufficio postale austro-ungarico del XIX secolo e una villa rinascimentale. Mazzoni, consapevole del valore del patrimonio locale, ha preservato e accentuato alcuni motivi estetici che caratterizzavano lo stile austro-ungarico e rinascimentale, inserendoli nel complesso moderno. Così il risultato è assai eclettico, quasi un design postmoderno. Ma l’edificio fa chiaramente parte della scuola razionalista, uno dei movimenti più significativi in architettura prodotti dal periodo politicamente più aggressivo dell’epoca moderna.

Il Trentino Alto Adige e l’arte contemporanea. Un giudizio.
La regione sta costruendo una nuova, più giovane immagine, prolifica in cultura. Questo è grande, finché non diventa populista. L’arte contemporanea può essere uno strumento, può anche essere strumentalizzata, ma rimane sempre rischiosa perché funziona solo se -metaforicamente- il mondo e la nostra comprensione del mondo diventano un azzardo, sono messi a rischio e in discussione.

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La recensione della mostra curata da Anselm Franke e Hila Peleg a Trento

a cura di mariella rossi

*articolo pubblicato su Exibart.speciale Manifesta. Te l’eri perso? Abbonati!


dal 19 luglio al 2 novembre 2008
Manifesta 7 – The soul (or, Much Trouble in the Transportation of Souls)
a cura di Anselm Franke e Hila Peleg
Palazzo delle Poste
Via Santissima Trinità, 27 – 38100 Trento
Orari: da lunedì a domenica ore 10-19; venerdì ore 10-21
Ingresso: € 15
Info: tel: +39 0461493670; info@manifesta7.it; www.manifesta7.it

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