25 giugno 2022

Duecento anni di Antonio Canova, e uno spazio di celebrazione

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Il viaggio di due artisti ha inaugurato le celebrazioni del bicentenario del Canova: Franz Prati e Mara van Weiss nella fornace utilizzata dal grande scultore a Roma, oggi spazio dell'Associazione Canova22

Franz Prati, in viaggio

Franz Prati, come è noto ha vinto una ventina di anni fa il concorso per la Casa più bella del mondo. La sua architettura è sempre stata misteriosa e affascinante e alla galleria alla fornace del Canova a Roma si sono potuti vedere suoi nuovi disegni.
Prati è uomo d’acqua e in questa mostra progetta un viaggio in cui le architetture si trasformano in natanti, i natanti in isole, le isole in edifici sempre bagnati dall’acqua mediterranea: vuoi vivace come a Creta, vuoi ferma come nella laguna di Venezia. Questa mostra è stata una festa per gli occhi, e una grande prova di maestria. Ogni disegno è un viaggio tanto nella tecnica (collage di carte sovrapposte, gessi matite..) che nella narrazione. Accompagnano i disegni di Prati le sculture di Mara van Wees. È un duetto tra materie e forme diverse, ma un sentire marino e sottomarino sembra unire le opere in un convincente insieme.

Mara van Wess, Guerriera delle acque scure

La mostra “PRATIVANWEES, viaggi e riflessi”, ha costituito l’apertura ufficiale delle celebrazioni legate al bicentenario di Antonio Canova (Possagno, 1º novembre 1757 – Venezia, 13 ottobre 1822). Il sommo maestro è anche il nome tutelare della galleria Canova22 che proprio alla fornace utilizzata dal Maestro a Roma, naturalmente in via Canova, ha organizzato uno spazio espositivo unico a Roma per spazialità ed echi.
La mostra è un“passo a due” tra i disegni di Franz Prati (tecniche miste su cartone, carta da spolvero o carta da schizzi) e le ceramiche di Mara van Wees (argilla refrattaria, smalti).

Allestimento di Viaggi e Riflessi, Franz Prati

Le loro opere sono legate a doppio filo da un comune denominatore: l’acqua col suo fluire portatore di vita, le radici e la memoria, il mito omerico del viaggio per mare, le isole non trovate, la Città Eterna e la Venezia canoviane, infine il sogno utopico di luoghi di Bellezza perduta e riconquistata. La distesa azzurra, dunque, come quinta teatrale, ambiente naturale, paesaggio ricorrente dei lavori in mostra: Prati e van Wees, dialogano nello spazio espositivo “infuocato” della fornace e osservando le opere in mostra rimangono impresse le materie utilizzate: i pastelli dei lavori di Prati e le terrecotte di van Wees sembrano a fondersi fra le pareti della fornace.
Due traiettorie, due percorsi creativi diversi: destini artistici emersi dalla crescita in città di laguna e canali (Venezia e Amsterdam), e dunque nell’acqua marina – come si diceva – la necessità reciproca di acquisire matrici, storie e visioni. Materiale cui poi ancorarsi per generare racconti che oltrepassino la realtà riportandoci a contatto col mito nella contemporaneità.

Mara van Wees, Dea della Acque

In un tempo di profonda metamorfosi e crisi – scrive il curatore Luca Molinari la ricerca di una poetica che si faccia racconto condiviso e collettivo è quanto mai urgente la responsabilità di riconnetterci con il profondo del mondo, le sue inquietudini e le risorse che ci potrebbero salvare.
Barenia, Lucenzia, Acqualia -continua il curatore -sono i nomi delle isole sognate da Franz Prati in un viaggio mediterraneo che dialoga teneramente con il mito e l’immaginario delle città bianche che hanno agitato i sonni dell’architettura moderna nella prima metà del secolo appena passato. Sono città le cui forme s’impastano con le terra e il cielo diventando forme di nuove geografie viste all’orizzonte, come se fossimo eternamente in viaggio e ci fosse consentita solo una vista da lontano.

Franz Prati, Acqualia

Sono paesaggi in cui il sogno della bellezza perduta e la sua nostalgia si mescolano alle parole costruendo portolani contemporanei per non smarrire la strada Ogni volta che si scava sotto le architetture antiche della città lagunare – conclude il curatore – si trova l’argilla primordiale dal colore intenso e dalla pasta densa. I lavori delle Zattere, I Santi Quattro Coronati in Sant’Aponal, la Dea delle Acque o la Casa Rossa, malgrado le differenze di cromia e lavorazione ci riportano al cuore della città d’acqua e di un mito che si rinnova nella materia contemporanea. Franz Prati ha immaginato un intero isolato del centro storico (quello dell’ospedale San Giacomo, situato proprio di fronte la “Factory” romana di via Antonio Canova) come fosse un’arca leggendaria incagliata da tempo immemore nel tessuto urbano.
Ha quindi realizzato una serie di disegni nei quali la nave lascia la città, rompendo gli ormeggi davanti al porto fluviale di Campo Marzio verso il grande mare. L’approdo conclusivo avviene a Lucenzia, isola della luce e dei riflessi, una nuova Venezia sempre sognata. Le stesse tensioni animano i lavori di van Wees: le sue Zattere, I Santi Quattro Coronati, la sua Dea delle Acque o la Casa Rossa ci restituiscono al cuore della città e a un mito rinnovato costantemente nell’arte contemporanea.

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