23 aprile 2012

La post-tradizione in un paese piccolo piccolo

 
Alla Biennale di Roncaglia gli artisti si confrontano con materie non facili: il passato e la tradizione artigianale. Ma così una manifestazione che rischia di apparire datata si rinnova e guarda al presente. Esempio virtuoso di una piccola Amministrazione che non ha paura di cambiare. E della scommessa intelligente dei curatori [di Alice Zannoni]

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Una “chicca” nel mezzo pianura della pianura Padana, così si presenta agli occhi dei visitatori la 32ª edizione della Biennale Roncaglia a San Felice sul Panaro, in provincia di Modena, che quest’anno si rinnova nei contenuti, pur restando fedele al “format” che dal 1964 anima la manifestazione intitolata al poliedrico artista sanfeliciano Aldo Roncaglia.

La determinazione dei curatori, Ilaria Bignotti, Elisabetta Modena, Marco Scotti, Valentina Rossi, e il coraggio di Elisabetta Modena, direttore artistico dell’evento, hanno permesso per la prima volta di dare a questa biennale di vecchia data un taglio contemporaneo, scegliendo artisti che utilizzano mezzi espressivi che vanno oltre la pittura e la scultura. Il tutto senza negarne le origini e l’identità storica, obiettivo non semplice, ma raggiunto senza rompere gli equilibri.

L’escamotage è svelato dal titolo stesso della Biennale: “Passato prossimo nell’epoca della post-tradizione”, così i curatori hanno invitato gli artisti a entrare in rapporto con la tradizione, il suo significato, la sua essenza, il suo manifestarsi, sollecitando un dialogo tra passato e presente, dove l’oggi (e il domani) guardano a ieri in attesa della consegna (l’etimologia di tradizione è proprio consegnare, trasmettere!) di qualcosa che merita di essere preservato, inteso come un “fare artistico tecnico” o come valore antropologico.

E proprio queste due declinazioni di “tradizione” sono la chiave di lettura della mostra che si snoda all’interno della Rocca Estense e della Torre Borgo, alternando la riflessione tra riletture artigiane di artisti che lavorano la materia secondo tecniche antiche, attraversate da uno sguardo innovativo e indagini antropologiche che cercano nel tessuto storico un’identità collettiva.

Molto articolata è la proposta artistica che alla fine questa Biennale mette in piedi. Il confronto con la manualità di un “saper fare” di altissima qualità vede protagoniste le opere di Andrea Salvatori, contraddistinte da un sottofondo ironico che le rende contemporanee e Laura Renna, con il suo Ovale che, alla Oldenburg, riproduce il classico centrino in versione macroscopica. Chiara Camoni invece pone la sua attenzione al materiale, presentando un’installazione site-specific che si riappropria della territorialità lavorando sottilissime lastre di alabastro allo stato naturale. Presenta un’opera site specific anche Margherita Moscardini con Untitled, planisfero astratto disegnato a mano. Claudia Scarsella, con i suoi arazzi stampati, cita le Arts&Crafts e la rivalutazione artigiana del primo periodo industriale. Una medesima intenzione poetica innerva i lavori di Dario Cattelani, Eldy Veizaj e Alterazioni Video che, rispettivamente con fotografia, video e procedimento digitale, si relazionano al tema della tradizione in modo del tutto personale.

Giocano invece sul polo della tradizione come confronto sociologico Cesare Pietreoiusti e Cinzia Delnevo, presentando la loro riflessione dialogica nei ruoli di maestro e allieva, Debora Hirsch e Iaia Filiberti che scavano negli archivi cinematografici per cercare icone dimenticate degli anni Venti-Cinquanta e restituendo loro la consacrazione che non hanno avuto nella storia attraverso il potere dell’arte.

Interessante anche Tu non mi conosci installazione di David Casini che trasforma l’icona classica del trofeo di caccia, la testa di un cinghiale tassidermizzato, in un oggetto/concetto da riscoprire a cominciare dall’interno stesso della bestia divenuto il corrispettivo del cristallo di quarzo. Barbara Deponti si confronta con il tessuto locale con Welcome, opera prodotta con le voci degli abitanti di San Felice che motivano una visita al paese venendo a creare un collage istantaneo di emozioni sonore, e con Layers, light box che dialoga con i graffiti murali delle prigioni della Rocca. Infine, visibile alla Torre Borgo, l’operazione Noi. Un progetto sull’archivio fotografico Giuseppe Goldoni 1950-’59 di Anna Lisa Bondioli che mette in mostra una selezione di sessanta scatti fotografici dell’archivio sanfeliciano Goldoni, oggi proprietà di “San Felice 1893 Banca Popolare” (che ha tra l’altro sponsorizzato l’intera Biennale), presentando frame di quotidianità di un Italia scomparsa nei fatti ma non nella memoria.

Il profilo di alta qualità della Biennale Roncaglia, visibile fino al 20 maggio 2012, è di buon auspicio per i partecipanti del concorso “Under 25” che, nel contesto del bel Teatro Comunale, espongono i propri lavori: i vincitori Airin Toscani e Silvia Inselvini avranno in premio una mostra nel 2013 presso “Adiacenze”, spazio no-profit di Bologna; mentre i menzionati Francesco Romanelli e Elisa Maccioni esporranno con una personale alla Rocca Estense l’anno prossimo.

Il desiderio di un rinnovamento profondo da parte dei curatori, l’intelligenza di un’amministrazione che ha saputo rischiare con il nuovo e l’attenzione degli artisti al tema proposto hanno impresso alla 32ª edizione della Biennale Roncaglia una freschezza linguistica che pongono la manifestazione “al passo con i tempi”. Una perla nella pianura meritevole di visita e che dimostra quanto i piccoli centri possono fare per la cultura.

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