21 ottobre 2022

La ragione nelle mani: il progetto di Stefano Boccalini diventa un libro

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Parole intraducibili e opere per pronunciarle: le tappe del progetto di Stefano Boccalini, raccontate e rielaborate in un volume edito da Archive Books

Laboratorio per la scelta delle parole intraducibili con i bambini e le bambine di Monno, tenuto da Stefano Boccalini insieme alle operatrici della Cooperativa Sociale il Cardo di Edolo, Monno 2020. Photo ©Emanuel Montini

Che relazioni intercorrono tra le “parole e le cose” (Foucault, 1966, docet), tra il loro aspetto invisibile e concettuale e quello materiale e prensile? Le parole – come pure sosteneva Wittgenstein – sono lo specchio del mondo, in cui siamo proiettati “insieme agli altri”; locuzione, quest’ultima che, a dire il vero, suona un po’ troppo generica rispetto a quella, per esempio, di “comunità di appartenenza”, la quale lascia intravedere un orizzonte fatto di condivisioni, di obiettivi tendenti a un bene comune, di valori da salvaguardare. A cominciare innanzitutto proprio dalle parole, dalla lingua.

Laboratorio per la lavorazione del legno intrecciato dove è stato realizzato OHANA dall’artigiano Alessandro Sandrini insieme a due giovani apprendisti selezionati con un bando promosso dalla Comunità Montana di Valle Camonica, Temù 2020. Photo ©Emanuel Montini

Naturalmente il linguaggio non appartiene astrattamente al singolo individuo, esso si presenta, per l’appunto, come un tessuto di relazioni in cui trama e ordito si stratificano nel tempo storico con mutamenti che ne attestano la vitalità: sempre che non si frappongano fattori inibitori, coercitivi, che ne limitano lo sviluppo, come accade anche oggi, in pieno capitalismo digitale, vettore di “inflazione linguistica” che, a sentir Christian Marazzi, dottore in Scienze Economiche e docente presso il SUPSI di Lugano, «È automatizzando, semplificando e normalizzando la lingua, che si trasforma artificialmente lo spazio linguistico in capitale, un capitale che produce profitto a mezzo di informazioni e dati personali. In questo processo di sussunzione del linguaggio capitale, ciò che viene messo a repentaglio è non solo la parola ma la salute stessa della comunità dei parlanti».

Laboratorio per l’intaglio del legno dove sono stati realizzati GURFA e UBUNTU dall’artigiano Amerino Minelli insieme a due giovani apprendisti selezionati con un bando promosso dalla Comunità Montana di Valle Camonica, Monno 2020. Photo ©Emanuel Montini

Difronte all’avanzata “corrosiva” del capitalismo globalizzante le lingue dei singoli Paesi rischiano di essere messe in un angolo, insieme ai saperi, alle tradizioni culturali, che ad essi intrinsecamente si legano. E quindi sorge il problema di come restituire la pienezza delle parole alle cose, iniziare a riattivare energie sopite, rinsaldando il senso di comunità di appartenenza, lontani però da improponibili progetti nostalgici ma, al contrario, attivando un dialogo con la nostra fluida contemporaneità. Una scommessa non da poco, tesa ad un recupero identitario – in un’epoca di scollamenti- essenziale per dar senso pieno all’ “essere nel mondo”.

Laboratorio per la tessitura dei pezzotti (tappeti) dove sono stati realizzati BALIKWAS, ORENDA e SISU dall’artigiana Gina Melotti insieme a due giovani apprendisti selezionati con un bando promosso dalla Comunità Montana di Valle Camonica, Monno 2020. Photo ©Emanuel Montini

Stefano Boccalini, artista e fondatore di Isola Art Center a Milano, ha raccolto questa sfida già da alcuni anni. Con l’attiva partecipazione della GAMeC di Bergamo ha presentato l’opera “La ragione nelle mani” risultata vincitrice all’ottava edizione del bando Italian Council, promosso dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura. Un’opera che testimonia di un lungo processo di interrelazioni che l’artista ha portato avanti nel contesto storico e ambientale della Valle Camonica, a partire dal 2013 grazie alla proposta e cofinanziamento della stessa Comunità Montana e alla sensibilità di Giorgio Azzoni, direttore di aperto­_art on the border. E quindi siamo di fronte ad una encomiabile iniziativa che ha dato il via a Ca’ Mon, Centro di Comunità per l’arte e l’artigianato della montagna, di cui Boccalini è alla guida come direttore artistico. Un processo di formazione e conoscenze all’interno di una comunità che solo una miopia culturale potrebbe pensarlo circoscritto ad una cornice localistica, ma che, al contrario, si apre anche agli interventi di artisti nazionali e internazionali invitati ad intervenire e a copartecipare alla creazione di un dialogo creativo permanente.

Una lunga esperienza nel “sociale” che l’artista, opportunamente, ha raccolto in un volume edito da Archive Books, che porta lo stesso titolo dell’opera e che si avvale del contributo critico di Sergio Cotti Piccinelli e Giorgio Azzoni, Adelina Von Furstenberg, Alexandre Fiette, Alessandra Pioselli, il già citato Christian Marazzi, Sonia Polliere e Ivan Bargna.

Laboratorio per il ricamo a “punto e intaglio” dove è stato realizzato ANSHIM-DADIRRI-FRILUFTSLIV dall’artigiana Gina Melotti insieme a due giovani apprendisti selezionati con un bando promosso dalla Comunità Montana di Valle Camonica, Monno 2020. Photo ©Emanuel Montini

Boccalini avvia il processo creativo proponendo ai bambini delle scuole e agli artigiani di Monno alcune parole provenienti da altre culture; parole “intraducibili”, come tutti i relatori specificano, se non con accostamenti metaforici, allusioni e similitudini che però fanno riflettere sulla comune esperienza umana che esse sottendono, pur nelle loro specifiche unicità, indipendentemente dalle latitudini; parole, per fare qualche esempio, come Anshim (coreana) che denota la pace interiore; come Balikwas proveniente dalla cultura Tagalog e che allude al saltare all’improvviso in un’altra situazione e sentirsi sorpresi; oppure Gurfa, parola araba che indica la quantità d’acqua che si può tenere nel palmo di una mano; Ohana (Hawaiano) che significa famiglia, che nessuna persona che ne è parte viene abbandonata o lasciata sola. Parole che nelle mani degli artigiani prendono forma nel legno intagliato, in stoffe intrecciate come i “pezzotti”, nei ricami e nella lavorazione dei metalli, nell’intreccio del nocciolo, che a termine del processo hanno portato alla realizzazione di sette manufatti che costituiscono una unica opera presentata alla Maison Tavel di Ginevra nel 2021 e che entrerà a far parte della collezione della GAMeC- Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo.

Dunque – scrive Boccalini – «è naturale che la parola diventi forma…e che le questioni d’ordine compositivo ed estetico non siano disgiunte dalle valenze etiche del fare».

È necessario – aggiunge Alessandra Pioselli – ricentralizzare i margini, ripensare i “bordi” nel senso di nuove centralità, portandosi al di là delle dicotomie centro-periferia basate sul modello di industrializzazione modernista, che ha evacuato «Le terre decentrate e alte, che costituiscono più di due terzi del territorio nazionale, una parte consistente del Paese che si è svuotata o indebolita a causa dell’emigrazione e della inurbazione soprattutto dagli anni Cinquanta in poi».

«Per questo – chiarisce Ivan Bargna – Stefano Boccalini, pragmaticamente, cerca il rilancio delle tecniche artigianali: per far sì che possano tornare ad essere mestieri. Così nel progetto che promuove, a ogni maestro si affiancano degli apprendisti: gli artigiani trasmettono il loro saper-fare ai giovani, mentre l’artista prefigura e suggerisce nuove possibilità creative che consentano di reggere le sfide della contemporaneità senza doversi arrendere alle logiche del mercato».

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