17 novembre 2022

Le storie del cinema, in locandina: a Milano apre Soggettiva Gallery

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Apre a Milano Soggettiva Gallery, il primo spazio in Italia dedicato alle locandine cinematografiche alternative: ce ne parlano gli ideatori Alberto Bozzoli e Raoul Simoni

TAXI DRIVER Sam Ho

Immagini inusuali, fuori dagli schemi, per entrare, attraverso punti di vista inaspettati, in alcune delle storie più incredibili che siano state mai scritte e viste, precisamente su grande schermo. Sono le locandine “alternative” cinematografiche, vere e proprie opere d’arte che reinterpretano in maniera originale i titoli fondamentali della storia del cinema, attraverso trasformazioni grafiche o rielaborazioni espressive. E, da oggi, c’è un nuovo spazio – anzi, il primo – interamente dedicato: a Milano, in via Pasquale Sottocorno 5/a, Soggettiva Gallery è il nuovo project space ideato da Alberto Bozzoli e Raoul Simoni, già artefici del celebre Cinemino, bar/bistrot con cinema, e, prima ancora, di RossoSegnale, un piccolo boutique hotel con galleria d’arte.

Esperimento inedito in Italia, Soggettiva Gallery ambisce a diventare un «Punto di riferimento alla scoperta di quelle esperienze artistiche che traggono ispirazione dal cinema, gettando nuova luce sulle contaminazioni linguistiche che caratterizzano la creatività contemporanea». Primo appuntamento, con opening il 17 novembre, dalle 18, “MOSTRI (sacri) vs MOSTRI (e basta)”, mostra-manifesto (in ogni senso), che presenta dieci opere inedite, appositamente realizzate, di sei artisti internazionali – Daniel Dabrek, Francesco Casolari, Francesco Chiappara Prenzy, Silvia Cocomazzi, Adam Juresko e Tiziano Pantano Tizio 0.32 – in dialogo con opere storiche della collezione della galleria.

E visto che si parla pur sempre di storie, al di qua e al di là della macchina da presa, su schermo o in misura locandina, non poteva mancare un omaggio a Martin Scorsese, splendido e fresco ottantenne, con tre opere dedicate ad altrettanti suoi capolavori: “Taxi Driver” di Sam Ho, “Toro Scatenato” di Joshua Budich, “Quei bravi ragazzi” di Jake Rathkamp. Abbiamo raggiunto Alberto Bozzoli e Raoul Simoni per farci dire di più.

Arte e cinema, come si è evoluto questo rapporto nell’ultimo ventennio?

«Banale affermare che il rapporto tra la settima arte e la pittura, scultura etc. è sempre stato ed è oggi ancora strettissimo e denso. Artisti più o meno famosi si sono cimentati nella scrittura e regia di opere cinematografiche e allo stesso tempo il cinema si è spesso occupato di storia delle arti e soprattutto degli artisti, con la produzione di biopic che continuano a riscuotere grande interesse. Pensiamo che il cinema contemporaneo si ponga ora delle nuove domande sul senso di fare arte e anche sulla forza dirompente dell’opera soprattutto nella sua azione performativa.

Citiamo due film recenti, che hanno rappresentato questo impatto “sociologico” dell’arte. “The Square”, del pluripremiato regista svedese Ruben Ostlund, in cui il mondo dell’arte contemporanea è preso come un vetrino per osservare al microscopio la natura dei rapporti sociali nella società occidentale, tramite l’azione dirompente di una performance inaspettata e violenta.

“L’uomo che vendette la sua pelle”, della regista Tunisina, Kaouther Ben Hania. La riflessione che l’utilizzo del corpo ha in ambito artistico (al di là del valore) lo avvicina molto al nostro vissuto quotidiano: dalla galleria ai social il passo è molto vicino. Apparire, creare la propria immagine, venderla?».

«Opere storiche ma anche lavori di giovani artisti italiani e internazionali. Chi sono, oggi, gli autori degli Alternative Movie Posters? Qual è il loro background?

Qualche decennio fa l’industria cinematografica per la realizzazione del poster di un film attingeva a piene mani dal mondo della fotografia, dell’illustrazione, della grafica e in generale da ogni disciplina delle arti visive.  Uno dei tantissimi esempi è il manifesto di “Querelle de Brest” di Fassbinder realizzato da Andy Warhol.

Dagli anni 2000 il mondo del cinema ha cercato un modo per emergere nella ipertrofia comunicativa, ma allo stesso tempo artisti e creativi hanno iniziato a far muovere le loro matite, pennini e pennelli, anche beneficiando dell’avvento facilitatore dei programmi di grafica. Commissioniate dall’industria cinematografica gli Alternative Movie Poster cominciano ad attraversare il globo per approdare nelle gallerie consacrandoli in una nuova forma d’arte.

Tra i protagonisti Nicolas Delort, Dan Munford, Yuko Shimizu, Adam Maida, gli italiani Van Horton, Malleus alcuni dei nomi più affermati, con background molto variegato, che va dall’architettura, alla scrittura di graphic novel, dalla illustrazione per l’infanzia, dalla grafica pubblicitaria, all’incisione e disegno».

Per la prima volta, in Italia, nasce uno spazio interamente dedicato alle locandine “alternative”. Come è nata l’idea? Vi siete ispirati a qualche modello particolare?

«Sono sempre più numerose le gallerie (soprattutto a New York, San Francisco e Los Angeles e Londra) che offrono, come Soggettiva Gallery, anche l’esperienza di vedere dal vivo le opere. La qualità e il processo di stampa e il risultato finale di opere a loro modo uniche in edizione limitata creano una esperienza visiva dal grande impatto. L’evoluzione per Soggettiva Gallery è quello di offrire anche opere d’arte in un unico esemplare originale, di qualsiasi tecnica si tratti, sempre ispirate al cinema. Esempi di arte applicata (oggetti di design e arredamento) andranno ad aggiungersi e caratterizzare lo spazio di Soggettiva».

Tre pezzi imperdibili esposti in “MOSTRI (sacri) VS MOSTRI (e basta)”, la prima esposizione temporanea di SOGGETTIVA GALLERY.

«Le opere che ci colpiscono di più sono quelle in grado di raccontare una storia; quella del legame che intercorre tra l’artista e il film, che non si limitano a “citarlo” o a rappresentarlo graficamente ma lo espande, amplificandone contenuto e messaggio. Tra questi segnaliamo “LA MOSCA” di David Cronenberg realizzato dall’americano Adam Juresko. Le ali della mosca che diventano mani e la loro trasparenza che si fa impronta digitale umana ci sembra una sintesi perfetta e attuale dei processi scientifici di ibridazione.

Altro bell’esempio è “TAXI DRIVER” di Martin Scorsese (da ieri splendido 80enne e dal 19 novembre saranno 60 per Jodie Foster appena 14enne in questo film). Qui l’artista Sam Ho lavora su altri livelli di racconto…i colori, le ombre, le linee, i tagli di luce condensano e sprigionano in una immagine le atmosfere del film selezionate dalla personalità dell’artista.

Infine come non innamorarsi del lavoro della giapponese Yuko Shimizu de “IL DISPREZZO” di Jean-Luc Godard. Scompaiono i volti dei protagonisti per mettere in risalto le loro schiene a rappresentare un reciproco intimo disinteresse che fluttua impalpabile sulle onde increspate di una Capri abbagliante».

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