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Nuove pratiche per l’accessibilità culturale: il caso della Fondazione Pascali
Progetti e iniziative
«Ogni individuo ha diritto di prendere parte liberamente alla vita culturale della comunità, di godere delle arti e di partecipare al progresso scientifico e ai suoi benefici», così l’Articolo 27 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani sancisce l’universalità del diritto di accessibilità al patrimonio culturale come possibilità di crescita e arricchimento individuale e collettivo. Consapevole di questo diritto fondamentale e in vista dell’entrata in vigore, il prossimo 28 giugno, dell’European Accessibility Act – EAA, direttiva dell’Unione Europea pensata per garantire che prodotti e servizi digitali siano accessibili, la Fondazione Pino Pascali di Polignano a Mare, già priva di barriere architettoniche, ha adeguato i suoi percorsi di fruizione rendendoli più accessibili e inclusivi.

Lo scorso 28 maggio, negli spazi della Fondazione, è stato presentato un vasto piano di iniziative per rispondere allo scopo, comprendente una nuova piattaforma web, un servizio di orientamento di ultima generazione (Blindtag), strumenti facilitatori e un programma di visite tattili e in lingua dei segni per tutti e tutte condotte da mediatrici cieche e sorde formate, letture animate e laboratori multisensoriali pomeridiani per adulti e bambini. A curare l’intero piano di inclusione è stata Valeria Bottalico, storica dell’arte esperta di accessibilità museale, pugliese di ritorno, con un’ampia esperienza nel settore compiuta in istituzioni prestigiose come la Collezione Guggenheim di Venezia e l’Accademia Carrara di Bergamo. A lei abbiamo chiesto di raccontare le novità presentate in Fondazione.

Cosa si intende per accessibilità culturale e museale e qual è lo stato dell’arte nei musei italiani?
«L’accessibilità rappresenta il diritto di ogni cittadino di fruire del patrimonio culturale e l’assunzione di una visione da parte, prima di tutto, delle istituzioni. Il principio della mediazione dei contenuti a diversi livelli e per diversi tipi di pubblico è un dovere, non un atto solidaristico. Ogni visitatore è portatore di bisogni e aspettative diverse, per rispondere alle quali è necessario progettare azioni e strumenti di accesso agli spazi e alle informazioni adeguate, abbattendo barriere fisiche, sensoriali, culturali, linguistiche. L’accessibilità culturale ha assunto grande interesse negli ultimi anni e la ricaduta sui cittadini risulta significativa, grazie anche ai fondi PNRR. Certo, bisognerà verificare, nel tempo, la reale attivazione di un processo a lungo termine e valutarne la sostenibilità anche in assenza dei fondi».
Cosa si intende per percorso accessibile e quali le azioni messe in campo alla Fondazione?
«Un percorso accessibile deve rappresentare un’esperienza gratificante per tutti e tutte. Permettere al visitatore di acquisire nuove competenze, consentire l’esplorazione diretta delle opere, lì dove possibile in originale, avere personale correttamente formato e dedicato, prevedere un percorso organizzato e specifico, differenziato per adulti e bambini. Disporre di materiali di supporto, illustrazioni semplificate, riproduzioni tattili, testi facilitati e in simboli CAA, font ad alta leggibilità e con immagine coordinata che segua i criteri di leggibilità e Universal Wayfinding. Rendere accessibili e inclusive le attività laboratoriali per tutti, non solo bambini. Molte di queste azioni, sono state messe in atto in fase di progettazione prima e realizzazione poi presso la Fondazione Pino Pascali. Inoltre, la proposta progettuale portata avanti ha visto il coinvolgimento diretto dei pubblici, nell’ottica del Design for all, e la formazione di future mediatrici culturali cieche e sorde, seguendo le orme e lo slogan “Niente (o Nulla) su di Noi, senza di Noi”».
Cosa prevede per il futuro, dopo l’attivazione degli strumenti e delle strategie messe in campo?
«L’accessibilità o, per meglio dire, la fruibilità, riguarda tutto il museo e va rivista costantemente alla luce delle esperienze dei visitatori. Non è mai definitiva. La presenza di nuovi e altri pubblici di cui conoscere caratteristiche distintive, bisogni e aspettative; l’uso costante e diffuso di strategie e strumenti tecnologici, che impongono di “rivedere” sempre nuove modalità di comunicazione; l’accessibilità, intesa nelle sue diverse declinazioni; la responsabilità sociale degli istituti culturali di promuovere l’inclusione e la partecipazione di tutti i cittadini culturali, richiedono la predisposizione di azioni efficaci, adottando la prospettiva della formazione ricorrente e permanente per una cittadinanza attiva e democratica di tutte le persone, soprattutto in questo momento storico come il nostro, così delicato».














