13 ottobre 2012

Un piccolo miracolo di Mochetti

 
Tempo fa a Roma è accaduto qualcosa di prezioso. Quattro spazi contigui, locali abitativi e sedi lavorative di quattro professionisti diversi, accomunati dall'impegno e dalla passione per l'arte, sono stati attraversati da un raggio di luce laser che 'forava' le pareti divisorie. Vi proponiamo il racconto di come e dove si è materializzato il progetto di Maurizio Mochetti, promosso dallo Studio Stefania Miscetti

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Orizzonte degli eventi, titolo dell’opera di Mochetti, è un termine utilizzato in fisica per indicare una regione dello spazio oltre la quale non è possibile osservare il fenomeno. Nella fisica e nella meccanica quantistica l’artista romano ha da sempre trovato strumenti ideali per investigare lo spazio nella sua dimensione d’infinito. Questo ha generato un linguaggio artistico che si è distinto da ogni tendenza, ancor prima della sua personale a Roma alla Galleria La Salita, quando nel 1968 esponeva otto progetti e due opere realizzate, in un momento in cui non c’era tanto spazio né comprensione per la progettualità.

Torniamo ad Orizzonte degli eventi. Il laser materializza un raggio di luce rosso che compie un “disegno spaziale”. Per vedere la composizione nella sua interezza è necessario seguire il raggio in tutti e quattro gli ambienti architettonici che percorre, arrivando fuori per scrutarlo fino all’orizzonte visibile del muro della prigione che ne ferma la corsa. Chi erano gli abitanti di questi spazi, loft ricavati da una fabbrica di sapone nei primi del Novecento, che la sera lasciavano che il pubblico entrasse nelle loro intimità all’inseguimento del raggio di luce? Stefania Miscetti, titolare dell’omonima associazione e promotrice del progetto, abita nel luogo da dove il raggio inizia il suo viaggio. Mochetti vive nell’abitazione-studio che scandisce la seconda tappa del percorso, per continuare poi negli ambienti degli architetti e collezionisti Claudio Lazzarini e Carl Pickering, prima di arrivare in uno spazio disabitato, neutro, da dove poi fuoriuscire all’esterno.

L’energia e l’impegno dei residenti nel rendersi disponibili a forare le loro pareti e nel coordinarsi per rendere il progetto visibile hanno dato vita ad un ulteriore spazio, quello che le loro energie hanno creato a sostegno dell’arte, questa volta ‘di casa’ nell’opera e nell’abitazione di Mochetti. Questa è la lettura di un racconto parallelo, quello di un gesto di apertura e da parte di professionisti che, in un tempo più o meno lungo di coabitazione in una stessa via, hanno condiviso molto in nome della passione dell’arte e che, nell’entrare nell’opera di Mochetti, hanno messo a nudo le loro individualità per diventare, assieme ai visitatori che sono venuti, quella forza vitale necessaria all’artista per annullare lo spazio fisico delimitato da confini convenzionali.

È stato anche un capitolo importante nella storia dell’Associazione Culturale di Stefania Miscetti, da sempre impegnata a creare e a raccogliere energie creative che agissero nello spazio interno della galleria, ma anche nel contesto urbano. Così alcune facciate monumentali di Firenze sono state rivestite, per diversi giorni del 1995, della proiezione di Lighting Piece, nuova versione  di Yoko Ono della sua omonima performance degli anni Sessanta. A Roma, la serie di eventi Projected Artists (1996) ha materializzato opere di artisti sull’esterno di palazzi storici romani, come quella di Paolo Canevari al Museo Barracco.

Con Orizzonte degli eventi, Mochetti ha operato all’interno degli ambienti che, spogliati delle convenzioni liminali ed ‘evaporati’, assieme ai suoi residenti, in unico non-luogo, sono riversati all’esterno per ricongiungersi allo spazio cosmico. Il punto di arresto della luce, dove il raggio finiva la sua corsa, non sancisce quindi la fine del suo percorso. Al contrario instrada verso il suo proseguimento nell’immaginazione, oltre l’orizzonte degli eventi. Il muro della cinta muraria del carcere romano di Re Bibbia si è trasforma così in “soglia che invita al passaggio”1.

I fori dei muri, l’attraversamento da una dimensione conosciuta ad una sconosciuta, con cui evoca il concetto spaziale dei tagli di Lucio Fontana, e la luce sono tutti elementi che, ancor prima dell’impiego del laser, compaiono nelle sculture di Mochetti degli anni Sessanta, a cominciare da Raggio di Luce (1964), quando l’artista interviene sulla circolazione dei fotoni producendo una linea dritta per dare forma alla luce in movimento. Il laser diventa poi, negli anni Ottanta, la tecnologia del momento; soprattutto diventa accessibile. Mochetti, come è sua abitudine quando di fronte a novità scientifiche, se ne appropria, lo studia e lo applica per avvicinarsi quanto più possibile all”idea’. Dove definisce il perimetro di una galleria (Perimetro Laser, 1981), dove percorre una linea retta per poi curvare ed esaurirsi in verticale (Retta si nasce, curva si diventa, 1983), dove attraversa un muro in un foro del suo stesso diametro (Laser che attraversa un muro, 1983), il laser diventa complice dell’artista, lo è tuttora e lo sarà fino a quando una tecnologia più sofisticata non subentrerà a guidare la sua intuizione sulla strada della conoscenza. In Arco Laser (1983) la luce che percorre il perimetro di un arco suggerisce il suo proseguimento in cerchio, oltre il pavimento. In Orizzonte degli eventi questo avviene attraverso un muro che si fa, in maniera ancor più radicale, metafora di un ostacolo invalicabile.

Tecnologia e visione si relazionano quindi tra loro in un processo “osmotico”2, lo stesso che modula lo scambio tra materia e forma. La luce si manifesta in tutta la sua fisicità e diventa materia. Elementi tangibili, oggetti – come tubi o elastici – metalli, come oro e mercurio, diventano suppellettili a traccia dello spazio invisibile. Anche i modellini di macchine o di aerei da guerra, sono prediletti in molti dei suoi lavori per rompere la forma e ricavarne astrazioni geometriche. Nel suo celebre lavoro Gold (1987) una automobile in oro zecchino, con peso, valore e dimensioni proporzionali a quelle reali, serve a definire il vertice di una piramide virtuale dove la base è il soffitto dello spazio che occupa.

Mochetti affonda così nella materia per fuoriuscirne verso la verità cosmica, verità sempre mutabile, come mutabile è il concetto di spazio. Micro-cosmo e macrocosmo rivelano l’uno all’altro. L’emergere della dualità di cose ed eventi, dello spazio e della forma, è persistente. Duale è la natura della luce stessa, a volte onda, a volte particella. Pieni e vuoti, materia e spazio, orchestrano un gioco ricorsivo di corrispondenze e di alternanze diventando ora primo piano, ora sfondo, similmente a quanto accade nelle figure di Escher, dove immagini e dettagli si intrecciano per creare un paradosso che apre uno scorcio sulle suggestioni dell’infinito. Le immagini di Mochetti si materializzano però in “tutto ciò che è in grado di trasmettere fatti emotivi o poetici”. Poetico è il suo orizzonte degli eventi che ha inglobato professionisti dell’arte all’interno dell’opera per restituirla assieme a loro al suo pubblico, nel suo ruolo determinante, nella definizione di distanza spaziale e temporale; ancor più quando in gioco c’è l’orizzonte che retrocede all’infinito con l’avanzare di chi lo osserva.

1


M. Augé, Non-Luoghi, Elèuthera 2009, p. 14 (ediz. orig. Non-Lieux, Editions du Seuil, 1992)

2 G. Celant, Maurizio Mochetti, Skira, Milano 2003

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