26 aprile 2012

Parola di curatore

 
Alessandro Facente e Julia Draganovic raccontano il loro approccio curatoriale all’opera di Gianmaria Tosatti, “Tetralogia della polvere”, che si è appena inaugurata a Novara. Brevi note per entrare nel metodo di lavoro di due curatori diversi per esperienze, formazione, età e rapporto con l’artista

di


Alessandro Facente: La mia curatela è una lettura interna che consiste nel seguire l’artista durante la costruzione del lavoro in una sorta di verifica critica quotidiana del processo produttivo. Mi ritengo un curatore “embedded”, un diarista, una sponda critica che registra i passaggi concettuali e formali del lavoro da quando vengono ideati a quando sono completamente installati, compresi quelli che in corso d’opera verranno esclusi, unendo ognuno di essi alle ragioni generali su cui si sviluppa tutto l’apparato dell’intervento.

Attivando un confronto continuo, ragionato e approfondito con l’artista, il mio contributo sarà utile tanto a me per entrare nel suo lavoro fino al personale processo di azione che contraddistingue ogni artista, e tanto all’artista che troverà nei ragionamenti fatti insieme lo stimolo per sviluppare, ma soprattutto testare, criticamente i suoi interventi nello spazio.

L’esito del mio lavoro è un testo da cui si evince l’impianto critico e concettuale dell’opera scandito passo passo nelle fasi di produzione, così da mettere al centro le intenzioni di un’opera che si esprime già dalle primissime fasi progettuali allora mute.

Julia Draganovic: Ho accettato con gran piacere l’invito di completare un progetto curatoriale in cui la posizione della persona che affianca, incoraggia e rispecchia il lavoro dell’artista da vicino era già occupato da Alessandro Facente, compagno di strada di Gian Maria Tosatti da tanti anni. Appartenere ad un’altra generazione, provenienza geografica, linguistica e infine culturale sia rispetto all’artista che anche al mio co-curatore, mi facilità il compito di inserire l’operato di Gian Maria Tosatti in un contesto diverso, per vederlo da un altro punto di vista, metterlo al confronto con altri a volte anche lontani da quelli in cui è nato il lavoro e con i quali l’artista Romano, secondo me, condivide nella sua ricerca immagini, archetipici e costanti antropologiche che possano servire come punto d’orientamento in un universo  troppo spesso inquietante, confusionale e dalle forti consonanze. Non nascondo che nel processo di lavoro mi piace prendere la posizione dell’avvocato del diavolo (anche chiamato punto di vista della strega o – più comunemente – della rompiscatole). Credo che sia un confronto fecondo, sia per i miei interlocutori che per me stessa e sono convinta che tutto ciò sfoci in una contestualizzazione del lavoro di Tosatti che tutti e tre pian piano abbiamo scoperto con grande curiosità.

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